Led Bib – Umbrella Weather (RareNoise Records)

Tradizionale si fa per dire il nuovo disco in spruzzate jazz della band britannica Led Bib, un disco celebrativo che si apre subito a suoni articolati e incandescenti, arroventati quanto basta per creare una giusta commistione con la potenza del suono, un suono sicuramente valorizzato da sax e contrappunti che strizzano l’occhio al rock e al blues in una degna manifestazione di genere che dopo sei album colpisce ancora per freschezza e vitalità mai banale, ma così ricercata da essere essa stessa rappresentazione in chiave moderna di un quadro d’altri tempi finalizzato all’innovazione e al concepimento di un suono che vuole essere la giusta misura tra un mondo lontano ai più e un mondo per così dire più popolare, tra incursioni e rumori, fantasmagorico e celato noise e acquarelli di rara intensità che ben rappresentano un disco, da Lobster Terror fino a Goodbye che include diverse anime fatte di sudore e speranze, buio e luce compressa a ridisegnare le stelle.

-LIBRO- Toni Mannaro Jazz band in Note di città – Manuela Salvi/A.C.Quarello (Orecchio Acerbo)

Titolo: Toni Mannaro Jazz Band in Note di Città

Autori: Manuela Salvi/Maurizio A.C.Quarello

Casa Editrice: Orecchio Acerbo

Caratteristiche: pagine 32, cm. 20 x 29

Prezzo: 11,50 €

ISBN: 9788889025345

 

Toni Mannaro è un lupo solitario alla ricerca della strada da percorrere attraverso sogni da realizzare, in una città che vive di notte e che grazie alla notte illumina locali consumati da ingannevoli lampadine al neon e dove i percorsi alternativi esistono solo se si ha la capacità di cercarli; un animale che incute timore, da tenere a debita distanza, ma questo solo all’apparenza, perché il nostro ha un grande cuore, deve solo dimostrarlo e Toni lo dimostrerà, perché lui sa suonare, sa suonare come nessun altro, il suo ibrido ottone preferito, quel sax che lo accompagna nella solitudine del momento a riempire le strade di note jazz tra un Coltrane e un Kirk a dominare la scena: malinconica melodia di un tempo imprecisato per aspirazioni intrise di nuovi orizzonti.

Note di città è un affresco che richiama le sensazioni immaginifiche di Hopper sia per scelta di colore che per atmosfere ricreate, dove un lupo migrante vuole realizzare i suoi due sogni: diventare il musicista più famoso della zona ed entrare nella band di Maria Pig; un racconto semplice questo, ma nel contempo costruito ad arte che ci permette di entrare in un mondo consapevole, dove, per riuscire nell’impresa, ci vuole coraggio, determinazione e caparbietà, qualità e doti che non mancano di certo al nostro protagonista che, vedendosi chiudere l’ennesima porta in faccia, in un momento quasi felliniano, incontrerà una talpa cieca, una talpa che non può vedere fisicamente il lupo, ma lo può sentire con il cuore, una talpa pianista in grado di valorizzare un’amicizia prima di tutto che sfocerà nella formazione di un duo ad illuminare il cielo di musica e colori.

Occhi per vedere oltre il buio quindi, prospettive diverse che si incontrano e si fondono in un’amalgama terreno che scuoterà i cuori dei piccoli lettori e non solo, per un ritratto intimista di un lupo alla ricerca di se stesso, un’altra scommessa vinta da Orecchio Acerbo grazie ai testi di Manuela Salvi, didascalici nel raccontare una narrazione che lascia molto all’immaginazione, aiutata dal sempre presente Maurizio Quarello che con dimestichezza da vero artista cambia registro stilistico, rispetto al passato, in maniera del tutto naturale e sbalorditiva, consegnandoci delle tavole che prendono ispirazione dall’America anni ’30; una notte di note dove la luna è solo contorno per i sogni di un lupo che sta diventando grande grazie al suono del suo strumento preferito, sopra ad un palco polveroso, con lo sguardo rivolto al futuro, ricordando ancora una volta l’importanza di inseguire i propri sogni, prima che sia troppo tardi.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_oa&vista=catalogo&id=482&Itemid=68

Oppure qui:

Fabrizio Rispoli – White & Blue (Alman Music)

White & Blue è il contrasto policromatico di un azzurro cielo che si interseca al bianco nuvoloso sospinto capace di prendere in considerazione le lezioni del tempo per donare sopraffina veridicità ad una proposta ben congegnata e dove le luci soffuse di un night impresso nei sobborghi di una città americana si fondono con le dimestichezze jazz in un continuo effluvio di pensieri talvolta cantati in italiano, talvolta cantati in inglese, sciogliendo il pubblico attento all’ascolto, in un’esigenza contemporanea di fondere diversi generi alla ricerca della perfezione emozionale capace di penetrare grazie anche alla presenza di musicisti d’alta caratura, per un progetto che vede la presenza di Lino Brotto, Nicola Dal Bo, Andrea Tombesi, Marco Carlesso, Marco Catinaccio, Gianluca Carollo e Michele Polga ad insaporire una formula essenziale, ma nel contempo intrecciata alla complessa quotidianità, dove le strutture portanti di questa musica si avvicinano alla coscienza esemplare per dare, ancora una volta, un nome diverso e misuratamente veritiero, alla parola emozione.

Fabrizio Consoli – 10 (iCompany)

World music entusiasmante che canta il disagio esistenziale e il bisogno di partire in un mondo che non è fatto per gli ultimi, ma che ostinatamente sente il bisogno di questa musica per segnare il cammino da seguire, esigenza primordiale di lasciare la propria terra e sentirsi cullare da incursioni sonore che non sono propriamente nostre, anzi sono un contagio necessario per un bisogno ancora più grande nel trovare una nuova casa.

Un album sui dieci comandamenti rivisitato in chiave moderna, grazie alle parole di Fabrizio Consoli, egregio menestrello che attraverso la dura gavetta degli anni, ricordiamo l’attività di session man per, Alice, Mauro Pagani, PFM per citarne alcuni, nonché scrittore e produttore di diverse canzoni di gruppi come Dirotta su Cuba ed Eugenio Finardi, riesce il nostro nell’intento di proseguire, al quarto disco, quella strada della contaminazione che abbraccia il tango e il jazz, infarcendo il tutto con la musica latina e dell’est Europa per un risultato davvero notevole e soprattutto sentito.

Sono tredici brani di puro amore verso la musica, dieci brani che sono la summa di un intero periodo, basti pensare a Credo, La cultura, senza dimenticare Maria e L’innocenza di Giuda a dare un senso maggiore al quadro che ci troviamo davanti, nel cercare di trovare un punto di contatto, non con l’aldilà, ma piuttosto con tutto il tangibile che incontriamo ogni giorno.

Francesco Boni – SHOEFITI (GTL Produzioni)

Camminare e camminare lungo strade sospese su colline verdeggianti o tra gli anfratti di una scogliera a picco sul mare, lontana dal tempo, lontana da tutti, assaporando il momento e quella musica che accompagna le nostre peregrinazioni giornaliere in cerca di un buon sostentamento per la nostra anima.

Tutto questo è il nuovo disco di Francesco Boni, bassista, contrabbassista di Finale Emilia, che per l’occasione trasforma l’idea del viaggio in un percorso sonoro fatto di immagini e sensazioni, coadiuvato in studio da musicisti eccezionali che si intercalano tra jazz e rock, passando per la musica dell’est Europa e assaporando le rotte marittime del Mediterraneo per un suono che abbraccia i popoli e accoglie, un immaginario fatto di sogni, speranze e capacità espressiva elevata che ci porta a conoscere ciò che non conosciamo, attraverso la musica, attraverso la sostanziale ricerca di un qualcosa, Shoefiti per l’appunto, i graffiti di scarpe, una fotografia immobile del tempo che annuncia il passaggio  verso un mondo nuovo, diverso, il diventare adulti lanciando le scarpe oltre il filo che ci teneva legati ad una vita lontana: il cambiamento.

Di cambiamento quindi parliamo in questo disco, sono tredici tracce strumentali e due cantate, pezzi che non hanno bisogno di essere incasellati in compartimenti stagni, ma piuttosto hanno un’esigenza, quasi mistica, di riunire in un solo momento le esperienze accumulate in una vita intera.

Empatee du Weiss – Old tricks for Young dogs (Autoproduzione)

emptee

Sperimentazione sonora che non ha mai fine tendendo a ricostruire degnamente una colonna sonora d’avanguardia e ricercata nell’unire i fiati ska all’improvvisazione jazz, addolcendo l’atmosfera con melodie a tratti malinconiche, a tratti sostenute e divincolate dalla realtà per un sogno psichedelico ad occhi aperti che permette l’ascoltatore di entrare in mondi spruzzati di rarefazione e soprattutto di note stilistiche che sorprendono per l’acutezza nell’accostare i paradigmi e i costrutti musicali in levare inglobati dal reggae, dallo ska fino ad arrivare al funk, passando per lo swing e l’hip hop.

Un disco d’avanguardia sonora che colpisce per capacità compositiva e lettura musicale di strati intellegibili di vita che non guardano al passato, ma si proiettano in un futuro carico di speranze e di attese, un futuro migliore in cui scavare nella ricerca della propria casa, l’idea di svecchiamento costante e l’essenza della materia che ci porta a tendere verso qualcosa che sa di fresco e nuovo.

Un album che prima di tutto è una dedica a Omar Saad, che ha rifiutato la leva militare israeliana, un disco che nasconde una velata protesta e impegno soprattutto sociale, oggi più che mai, oggi più di allora.

Tra collaborazioni illustri, Luigi de Gaspari degli Africa Unite e The Bluebeaters, Matilda De Angelis dei Rumba de Bodas e Max Collini degli Offlaga e dell’ultimo progetto Spartiti, i nostri sanno raccontare, attraverso i suoni, un istante che  di sgretola e si ricompone, abbandonando il vecchio e dando un senso maggiore alla luce che avanza.

Boxes – Boxes (Resisto)

Le scatole raccontano, parlano di un mondo sotterraneo inquieto, ma ricco di vivacità sonora capaci di trasformare l’attesa in un sodalizio con la musica dai più disparati generi che unisci il funk, al soul, le atmosfere eteree dell’intro strumentale e vocale, fino a raggiungere un acid jazz dalle sembianze pop che strizza l’occhio alle produzioni passate e garantisce un viaggio di costrutti sonori difficili da incasellare, ma sostanziosi, carichi di quell’immaginario che si evince solo dalle prove strutturate, mirabolanti e in parte funamboliche, portatrici di un’esigenza contemporanea e forse assoluta, nel mondo musicale per come lo conosciamo, di fondere diverse sinergie per costruire un proprio viaggio che in primis si fa mentale per poi progredire in uno stanziale, in memoria delle atmosfere degli anni ’70 a cavallo con gli ’80, un incalzare sonoro che regala l’anima e non nasconde le proprie capacità di essere unico.

Cafe Desordre – Disordinazioni (Autoproduzione)

Progetto musicale che mescola sapientemente e in modo devo dire alquanto inusuale il cantautorato con le influenze jazz, passando per la psichedelia e il suono prog a noi più caro in un connubio che si fa racconto di polvere e sostanza che lascia l’ascoltatore interessato per la tecnica utilizzata, una formula vincente e priva di artifizi in bilico tra immediatezze e cura dei dettagli, dei particolari.

Per originalità della proposta ricordano i vicentini CASA, meno sperimentali certo, ma sicuramente in grado di creare emozioni sonore che vanno in netto contrasto con le produzioni attuali, alla ricerca di una propria via da seguire nello sterminato panorama della musica italiana odierna.

Si perché fare musica oggi, nel 2016, significa soprattutto avere i piedi per terra e i nostri veronesi psycho folk Cafe desordre insegnano tutto questo; la sperimentazione parte in primis dalla consapevolezza delle proprie capacità mantenute e implementate nel tempo, ma mosse sostanzialmente da quell’energia interiore che si chiama musica e che ne raccoglie il significato più profondo.

Un disco sulle disordinazioni del nostro io, sui viaggi cosmici, interstellari e sui momenti di follia che ci richiamano ad essere diversi in un’eterogeneità che ci appartiene fin dal principio.

Bebawinigi – Bebawinigi (StratoDischi Notlabel)

Bebawinigi è cantante, polistrumentista, attrice, ideatrice di colonne sonore per film e soprattutto è pura stratificazione di stati d’animo che si intersecano con l’apparire in un’opalescenza che tende al cristallino, segno dei tempi di cui facciamo parte, segno di un mondo che è in evoluzione e questo è il puro tentativo di intrappolare dentro ad un disco una sensazione di trasformazione che ci accomuna e ci rende simili con il nostro essere ideale.

Queste tracce sono sperimentazioni narrative di intersezioni sonore che si dipanano tra i chiaro scuri della new wave, passando per l’industrial e lo stoner, raggiungendo quote psichedeliche fino ad abbracciare i territori del punk jazz, del blue e del folk in una sorta di anfratto da scovare e comprendere, in una sorta di allegoria della vita che è dipinta con tratti non precisi, ma che lasciano spazio all’immaginazione e al pensiero libero, quasi futurista; una ruota che si chiama vita e noi scesi nel baratro per essere richiamati a diversi destini.

C’è molta ribellione in tutto questo, un uscire dagli schemi che porta l’ascoltatore a scoprire nuovi ed emozionanti quadri sonori, dove il buio vince e dove la cupezza dell’animo è sinonimo di resurrezione.

New Zion Trio – Sunshine Seas (RareNoiseRecords)

Appunti sparsi per terra, gettati al vento in solitaria, fiori ancora freschi dentro al vaso sopra al comò e raggi di sole impazziti coprono la finestra che guarda il mare, là oltre l’orizzonte che conosciamo; una qualche spiaggia brasiliana che si dipinge in un quadro dai colori sgargianti, un gioco di luci a dominare la scena e poi il silenzio di quel continuo reflusso di maree che porta sulla spiaggia amore verso il domani.

New Zion Trio si evolve in sonorità, il fenomeno di New York Jamie Saft non smette di stupire e assieme a Bred Jones al basso acustico ed elettrico e Craig Santiago alla batteria e alle percussioni sforna una prova di tutto rispetto verso generi apparentemente diversi, tra sperimentazione e nuove forme di linguaggio, tra reggae e dub fino alla chillout calibrata a dovere, reinventando il tutto, dando un senso maggiore all’indecifrabile ordinarietà e conquistando l’ascoltatore con un’eterogeneità di movimenti sincronizzati.

Il trio lievita per dimensioni con Vanessa Saft alla voce in Sunshine seas e con il percussionista e cantante brasiliano Cyro Baptista già collaboratore con Santana, David Byrne, Brian Eno tanto per citarni alcuni, un trio che diventa per l’occasione un quintetto, fatto di sogni futuri e un amore eterno per la musica vera, quella sudata, quella ragionata, quella che si respira in ogni dove e non smette di stupire.