Il confine – Il cielo di Pryp’jat’ (ALKA Record Label)

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Potenza lirica controllata come fosse un’opera da esibire in una definizione primitiva di un suono rock ricercato e luccicante capace di imprimersi nei deserti della nostra mente in simultanea ricerca di un passato che non esiste, ma che si fa portatore di radici essenziali per comprendere appieno la poetica di questa band. I suoni sono granitici e si imprimono nella memoria ricordando per certi versi la potenza stellare e legata al palcoscenico del Teatro degli orrori anche se qui i testi sono quasi criptici e collegati ad un mondo in decadenza dove il respiro si fa corto e gli attimi di vita sono relegati al buio più profondo. In tutto l’album si respirano i dolori della centrale di Cernobyl e della sua esplosione; attorno a tutto questo sembra aleggiare un fantasma opalescente in decomposizione che annuncia la strada in salita da percorrere e quello che sembrava vano e irrecuperabile trova un senso perfetto dentro ad ogni dove e nelle laceranti canzoni di questo disco. La presenza inoltre, di validi strumentisti, ci accompagna negli anfratti più nascosti da Eccedere e cedere fino a Un giorno senza vita a chiudere un cerchio profondo di ciò che è stato nella nostra memoria. Il confine ci regala una prova alquanto strutturata e potente che si fa attimo di deflagrazione e ci consente di assaporare al meglio un suono forte e ruvido, mai banale nella sua ricerca costante.