Mush – Mush (Etichette Varie)

Post punk emozionale che comprime la rabbia del tempo passato e la fa esplodere in modo del tutto naturale grazie ad un’immediatezza che ha fatto scuola e grazie anche ad un apporto tecnico che trova ispirazione nell’attimo di ricerca confezionato ad arte per una band che non smette di gridare il proprio disagio intensificando una musica che attinge proprio dagli anni ’80 il proprio stile inglobando la musica di CCCP, Diaframma, CSI fino alla vibrante prosecuzione di band come FASK a dire a tutto quello che ci circonda che non rimaniamo qua in eterno e il vuoto assoluto è vicino, il tutto condito dall’intervento di chitarre acide in esigenza di richiamo e velocità d’intenti e una base ritmica davvero cazzuta che non lascia respiro e a pieni polmoni sancisce la disfatta in arrivo attraverso queste dieci canzoni di puro impatto che rendono i Mush una delle realtà emocorepostpunk italiane più interessanti degli ultimi anni.

La Macabra Moka – Tubo catodico (Dischi Bervisti/DGRecords/Vollmer Industries/Scatti Vorticosi Records/Tadca Records/Brigante Records)

Uccidiamo la televisione a colpi di randellate elettriche a volumi assurdi che squarciano ciò che resta dei nostri timpani per farsi sentire oltre il quotidiano omologato, scendendo in campo e costruendo strutture atomiche che non ci permettono di respirare, ma proprio in quell’attimo prima di buttare fuori l’aria ci fanno pensare a quanto triste sia la vita e quanta possibilità abbiamo con le nostre mani di cambiarla. Un suono lacerante che abbraccia la potenza del post hardcore e si insinua nello stoner meno immediato, ma abbastanza forte da gridare una presenza arrabbiata, dove le canzoni d’amore sono messe al palo e dove lo stratificarsi continuo di odio e incazzature varie si sposa a dovere con canzoni che non lasciano scampo, ma lottano e si contorcono in ambiti situazionali dove uscire allo scoperto è il solo atto necessario per combattere attraverso e contro questo Tubo Catodico che la super band Macabra Moka mette in campo con piglio alquanto deciso e considerevole, un disco non per deboli di cuore. Perbenisti siete avvertiti.

My Monthly Date – Chaos Theory (4inaroom Records)

L'immagine può contenere: notte e sMS

Disco che mette nel piatto fin da subito tutta la sua bellezza, senza ricercare orpelli di genere, ma piuttosto intascando una lezione di vita che proprio attraverso le sfumature e i colori si interseca a noi e fa in modo che tutto quello che abbiamo attorno desiderato diventi realtà, anche solo per un momento, anche solo per un istante, dando un senso profondo ad una sensazione di calore positiva che abbraccia le diversità di genere per intraprendere un viaggio oltre la luce, attraverso le cose semplici e nel contempo complesse, dove l’elettronica di contesto sfugge lasciando spazio a suoni che si sovraincidono in un’amalgama non solo teorico, ma fatto di sostanza per la sostanza e dove pezzi come l’apertura Chaos Theory sono sinonimo di qualità nell’immediato correre quotidiano, luce e oscurità, la farfalla in copertina e il trambusto creato dal suo battere d’ali, tra il cuore altrove e una serie di sensazioni che nascono dalla pancia e non smettono di ribadire la propria presenza, come in un fiume elettronico colorato dai pixel del giorno che sta per rinascere.

John Holland Experience – John Holland Experience (Etichette Varie)

Rock non fine a se stesso che raccoglie gli umori e i colori degli anni ’70 per scaraventarli nel cuneese e risorgendo a nuova vita grazie alla partecipazione sonora di uno stoner che va oltre il significato stesso, per come lo consociamo e che si rende necessario per affrontare i cambi repentini temporali che sono alla base delle canzoni dei John Holland Experience.

Un nome da Woodstock per una produzione che regala cupezza e oscurità, in un basso tenebroso e coinvolgente che ben si sposa con le incursioni di una chitarra presente e di una batteria sincopata, in un disco che di per sé non porta a nessuna definizione se non ad una ricerca stilistica del tutto personale, tra le chitarre di Corgan in Gish e gli affronti sonori dei Raconteurs di White per un suono esplosivo e allo stesso meditativo, ruvido e combinato, tra la bellezza del tempo che scorre e del bruciore siderale di un nuovo giorno.

Album non facile da digerire, ma non per questo interessante; un disco che conta perché ha i numeri per farlo, tra energia e cantato in italiano che riuscirà a dare i frutti sperati in un futuro che deve ancora arrivare.

Novadeaf- Carnaval (DreaminGorillaRecords)

Strumentisti mutevoli e cangianti che si inoltrano in boschi di betulle inospitali per aprire l’oscurità alla passione, incanalando energia e scoprendosi capaci di sprigionare un pensiero riconducibile a diversi strati e teorie musicali, mai ben definiti, ma che abbracciano in modo elegante e anche direi con un tocco di finezza il pop, l’elettronica e l’indie folk d’oltreoceano, tornato alla ribalta con artisti del calibro di Bon Iver senza dimenticare Micah P Hinson e Bonnie Prince Billy fra gli altri.

Un disco che ruota attorno al polistrumentista e mente della band Federico Russo che per l’occasione si dimena tra basso, chitarra, voce, tastiere ed elettronica in un connubio con gli altri membri: Matteo Quiriconi alla chitarra e Matteo Amoroso alla batteria, andando oltre la concezione di power trio e riempiendo di sovrastrutture le sonorità che di volta in volta sono lo specchio dei nostri giorni, sono l’immagine di chi crede nell’evoluzione e nella maturazione data dal tempo e da tutte le forme sonore che verranno.

Con questo album i ritmi sono colorati, cangianti; si abbandonano le buone idee del primo Humoresque, anche se più cupe e misteriose, per lasciare spazio a strade in continuo divenire, dove le ombre del passato sono solo un ricordo che per ora, se non per alcuni passaggi malinconici, è giusto riporre nello scrigno della nostra memoria.

Otto canzoni in bilico tra Radiohead e Nick Drake con un occhio di riguardo alle uscite discografiche d’oltreoceano più recenti, un disco dal sapore moderno che crea una continuità di pensiero e si fa armonia cangiante per i giorni che verranno.

Case di Vetro – Sete (Marsiglia Records/DgRecords/Wasabi Produzioni)

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Le Case di Vetro sono alla ricerca di un loro modo di fare musica, uno stile che vuole andare oltre il già sentito, contaminando di capacità duratura diversi sottogeneri che abbracciano sia le produzioni migliori alternative degli anni ’90 sia quel gusto per l’elettronica non esagerata che accomuna dischi di nuova fattura.

Le Case di Vetro si mettono in gioco, sono cinque ragazzi di Genova, che percepiscono i mutevoli cambiamenti umorali per consegnare una prova che prende forme diverse ad ogni ascolto intascando  atmosfere che si dipanano tra post rock sognante, passando per lo shoegaze e la passione per l’alternative del fine secolo precedente in un continuo intreccio di artistiche presenze che si rendono partecipi di un qualcosa di grande.

Il grande che i nostri stanno costruendo fa parte del viaggio che interessa ognuno di noi, i cinque abitanti del nostro tempo alle prese con vicissitudini e sistemi da abbattere, consapevolezza sonora in cerca di un proprio stile che apre ai canali introspettivi dei Radiohead, passando per Flying Saucer Attack e il gusto per la poesia che si esprime nella sua alta concezione di parola in musica nei cinque pezzi che compongono questo EP.

Sete sembra tutto ciò di cui abbiamo bisogno, è l’eterno tornare di una fonte vitale alla città natale, è il costruirsi per essere migliori, è quel bagno lungo una vita che ci rende capaci di affrontare immagini di un tempo che verrà, trasportati dalle onde come gabbiani nella tempesta.