Dos cabrones – Transumanza (Grandine records)

Transumanza

Impressioni di potenza sonora diventano il materiale preponderante per creare un fiume impetuoso di rumore costante e interesse per un mondo sotterraneo che scruta l’ineluttabilità del tempo attraverso visioni che mai si discostano dai suoni di ogni giorno e che tentano di produrre aspirazioni partendo dalla realtà che respiriamo. Il solido e oserei dire granitico Transumanza, dei Dos cabrones, suona deciso e riscopre una sorta di evoluzione interna che colpisce per compattezza creata. Il noise mescolato allo stoner e al grunge riesce a decomporre aspettative attraverso canzoni simbolo come Vespa cabro, La scimmia di Dio, Cassio/Bruto/Giuda, El chupacabra, pezzi che sono esperienze capaci di andare oltre il concetto di ascolto ispirando l’ascoltatore ad entrare in un mondo fatto di musica live da assaporare su di un palco polveroso di periferia. Energia e sudore quindi per questo Transumanza a segnare un passaggio di qualità davvero ispirato.


Kha! – Goulish sex tape (Grandine Records)

Corpi in fiamme tra gli ammassi solitari di dissonanze a ricoprire le macerie ansiogene e disturbanti che attraversano l’etere e viaggiano alla velocità compulsiva di questo mondo. Produci, consuma, crepa quasi a ricordare il substrato culturale di melma da cui proveniamo dove tutto appare e niente è, a dimostrare ancora una volta che le maschere che indossiamo non sono altro che la rappresentazione della nostra parte peggiore. L’esordio al fulmicotone dei Kha! è un concentrato di potenza e distorsione, un mix omogeneo e alquanto noise su un cantato hardcore che colpisce al primo ascolto e rende la proposta altamente carica di una cifra stilistica del tutto personale e vissuta. Ghoulish sex tape suona abbondante e fragoroso, concentra l’attenzione sul senso più introspettivo di questa società malata consegnando all’ascoltatore una prova che se ne frega delle mode e rapisce per urgenza espressiva e qualità di comunicazione.

Collars – Hauntology (Grandine Records)

Collars – Hauntology

Potenza sonora cinematografica che intraprende un percorso fatto di spazi da colpire e ricercare all’interno di scatole che diventano movimento preponderante in un vortice sensazionale di stoppate visioni che guardano al futuro collassando nel mondo circostante. Sudore e introspezione, costruzioni architettoniche capaci di penetrare la carne e intenso bisogno primario di condensare un gusto per un’estetica alternative che incrocia psichedelia e rumore. L’album dei Collars suona omogeneo e ispirato. Gli anfratti da ricercare nelle loro origini generano movimenti che rievocano ricordi lasciati alle spalle, ma che in modo del tutto naturale riemergono per celebrare un gusto e un’estetica davvero unici. I Collars, con questo disco, riescono ad assemblare le parti mancanti di un tutto e grazie ad un suono portentoso e rocambolesco imprigionano ciò che stato per dare linfa essenziale ad un nuovo giorno che sta per arrivare. Hauntology è un album ispirato che trova, nella complessità dello scoprire i demoni che ci portiamo dentro, un punto di partenza per scrutare nuove realtà.


To die on ice – Una specie di ferita (Grandine Records/E’ un brutto posto dove vivere/Non ti seguo Records/Weird side)

Il porno quando non sei intorno attraverso un jazz sottoposto ad un taglio cinematografico trattiene interscambi sonori con elucubrazioni cangianti e multiformi dove l’assemblaggio di elementi variabili è dimora necessaria per sperimentazioni che attanagliano le parti più nascoste del nostro cuore. Una specie di ferita sembra quasi una colonna sonora per un film di prossima uscita. Una musica suadente, a tratti disturbante, costruisce sensazioni all’interno di scatole chiuse, compartimenti stagni che bruciano di luce propria. I To die on ice trasformano l’oscurità, il nero che avanza, in qualcosa di famigliare, in un qualcosa da addomesticare, di esplicito. Lynch, Trent Reznor, Badalamenti nel loro momento migliore per un risultato che profuma di novità e persistente necessità di cercare oltre l’abisso in cui viviamo.


 

Batsalsa experience – Astrea (Grandine Records)

Batsalsa Experience: "Astrea" recensione

Sangue e sudore all’interno di questa quotidianità intensificano i rapporti con la terra, con il dolore di appartenenza incentrando vissuti e scoperte all’interno di pezzi che se ne fregano del contesto per esasperare un grido di presenza fatto di carne e macerie lasciato al tempo che verrà. Il disco dei Batsalsa experience, band bolognese, con all’attivo un album targato 2019,  è un concentrato di soluzioni punk sbottonate che parlano di ribellione e provincia, parlano di grotte e angoli oscuri da perlustrare e di pensieri che oltrepassano la media delle produzioni odierne. Una qualità Lo-fi porta i nostri a riempire di fango un suono che rimanda inevitabilmente ai CCCP e a qualche perlustrazione in area Offlaga Disco Pax per un risultato spinto e prezioso, quasi un bisogno vero di comunicare fuori dal buio di questa realtà.


Super fat ginger cat – Maw (Grandine Records)

Super Fat Ginger Cat: "MAW" recensione

Psichedelia lisergica rumorosa e ridondante che attanaglia il quieto vivere all’interno di scatole ingabbiate per l’occasione e capaci di esplodere quando meno te lo aspetti in un connubio reale che si sposta dalla calma apparente alla tempesta più fragorosa e roboante. I Super fat ginger cat, trio che diventa crocevia per stili e generi in evoluzione, ci regala un dischetto fatto di sette canzoni che diventano e si fanno viaggio spirituale all’interno di un mondo in decomposizione, dove la tranquillità sembra essere una parola da lasciare fuori dalla porta di casa. Questo Maw intesse trame di superficie con qualcosa di più profondo e ispirato, con un qualcosa di altamente liberatorio e convincente. Quello che ne esce è un trip sonoro davvero interessante che non deluderà i seguaci di questo genere.


Big Sea – Big Sea (Grandine Records)

Musicalità ridondante per un sound anni novanta che affronta a testa alta il brit pop elaborato dei Blur per consegnarci un’energica visione sincopata di questo nostro movimentato vivere. Cassettina in disuso, ma sempre di grande effetto per i Big Sea che riescono ad inglobare una prova fatta di quattro canzoni che non si domandano troppo, non si fanno i pipponi sui massimi sistemi, ma piuttosto incanalano potenza di fuoco a tratti disturbante dove chitarre e un’ottima sezione ritmica si sfondano di contraccolpi diretti a comunicare ancora una volta un desiderio intrinseco di libertà. Quattro pezzi soltanto. Quattro direttissimi da Parking Side fino a Worm, passando per Home e Almost a sottolineare un’inclusività, a tratti disturbante, di puro godimento sonoro.