Selva – Eléo (Overdrive/Shove/Goodfellas)

Quattro tracce da contorcersi e volerne ancora, boccate di ossigeno prezioso per acqua ad annegare le speranze in suoni cupi, oscuri, taglienti che si rincorrono concedendo spazi fuori moda e inseguendo aspirazioni ed esigenze di comunicazione che vanno oltre ogni singola speranza o spirito di sopravvivenza.

Selva è disordine metal impresso nel post rock più estremo alla ricerca di una via nelle profonde viscere da seguire perpetuando una serie di congiunzioni che si stagliano nell’integrità precostituita per una band che non ama le mezze misure, rievocando fantasmi degli abissi, rumori in pressofusione per canzoni che si dipanano da Soire a Nostàlgia passando per Indaco e Alma, proprio quest’ultima suonata con Nicola Manzan agli archi, per un suono esplosivo che nella dimensione live riesce a rendere maggiormente il significato di una rabbia pronta a secernere ambizione fuori controllo.

Corrosivi quanto basta i Selva sono pronti a scardinare qualsivoglia forma di concetto pop per farvi entrare, di prepotenza, nel loro mondo fatto di tanta sostanza.

 

Luca Faggella – Discografia: Antologia di canzoni (1998-2015) (Goodfellas)

Luca Faggella ha segnato con un solco netto e preciso la sua carriera di musicista che dura da quasi venti anni, l’ha segnata attraverso un’introspezione sonora che va oltre l’archetipo di forma congiunta e pensata, ha deciso in modo eclettico e meditato di creare un disco, raccogliendo le migliori canzoni del suo cammino musicale, intervallandole da inediti che annoverano, tra gli altri, la presenza di Giorgio Baldi e Elisa Arcamone, Max Gazzé e Cristiano Micalizzi, Gianluca Misiti, Fernando Pantini, Eugene, Pit Capasso, Er Man e Suz.

Un disco completo sotto ogni forma e sostanza, un album che abbraccia diversi stili, dove il cantautorato si trasforma in poesia elettronica per lasciar spazio a pezzi di pura matrice rock consegnata ad attimi di meditazione, dove il tutto sembra tornare al proprio posto, dove ogni cosa è illuminata e la leggera soddisfazione che si ha a fine ascolto è un attimo di serenità prima che arrivi la notte e il gioco riparte, il gioco riparte da Tempo un pezzo che racchiude quasi il senso del disco e della ragione per cui è necessario darsi dei progetti, degli obiettivi, credere e dubitare, cercare spazi dentro al proprio cuore.

Luca questo lo ha dimostrato nella sua vita da artista, un cantautore che si divincola dalla noia quotidiana, che non costruisce solo canzoni, ma vere e proprie stanze di una casa che ci appartiene e che ci vuole uniti per parlare di quello che non sappiamo ancora, di quello che verrà.

BluDiMetilene – La Rivolta (GoodFellas)

Passare il confine, scoprire che quello che trovi è solo un baratro di oscurità, un baratro dove tutto sembra vicino e inesorabile si dimostra distante, lontano da noi, lontano dagli occhi e dal nostro cuore di pietra; ecco allora che dal nulla troviamo la speranza, quella speranza che sembrava perduta, la troviamo in una sola parola: Rivolta.

La Rivolta è il nuovo disco dei BluDiMetilene, che grazie a questo concept album ben studiato, portano in scena un’interessante visione della realtà che si innesca e si interseca prepotentemente con chi sta ascoltando, immaginando territori ostili da cui uscire, da cui fuggire e dove il voltarsi indietro sarebbe solo un’unica spinta vorticosa verso il basso.

Quello che il gruppo però ci racconta è ben altro perché il costrutto del disco non è un viaggio immaginario, ma una lotta continua alla società, oggi più che mai disorientata, alla ricerca di valori perduti e in bilico con la necessità di ricrearsi, di ritrovare se stessa e in qualche modo di ricostruire un mondo che la società ha portato alla catastrofe.

Suoni rock internazionali che mescolano grunge ad un qualcosa di più tangibili, fresco e vigoroso, che trasmette energia e che in qualche modo collassa al suolo come meteora creando al proprio passaggio un cratere di cambiamento.

Uomini dei noi non siamo più e tutta la poetica è incentrata sul bisogno di reagire quando l’aria manca, quando noi non siamo più noi stessi.

12 tracce di puro rock esistenziale che parlano del nostro io introspettivo che cerca un inizio dopo la fine, ancora una volta.

 

La sindrome di Kessler – La sindrome di Kessler (Goodfellas)

La sindrome di Kessler

Un disco ricercato, ambizioso e perfettamente in tema con le sonorità chiaroscurali che intrecciano cantato narrato a distinzioni che non vogliono fermarsi alla prima associazione, ma che si rendono necessarie per compiere il miracolo sonoro.

Artigiani del suono si possono definire i campani La sindrome di Kessler che grazie al loro disco si impadroniscono di una capacità letteraria fuori dal comune per imprimere con arguta decisione un suono mutevole e cangiante, caratteristica tipica di una band che non si accontenta, ma che vuole trovare sempre e comunque nuove forme di comunicazione da avvicendare ad un suono ben calibrato.

Il disco omonimo è un movimento costante e fluente, capace di incrociare il miglior grunge a suoni legati ai primi Afterhours, Marlene Kuntz e ai primi Scisma di Benvegnù, un album pieno e sorprendentemente ricco di quella rabbia giovanile che incita alla rivolta sempre e comunque e aiuta a combattere e a resistere, dall’alto dell’apatia mistica che sovrasta senza nulla dare, incide profondamente su chi crede troppo e su chi perde la coscienza e qualsiasi aspirazione.

I nostri entrano prepotentemente con Fanfarlo a definire un mondo si solitudine per poi via via concedersi ad amori non corrisposti e a parabole che si fanno desideri concreti per un mondo migliore; si accarezzano poi Sinuose alterazioni tra la chitarra che si fa sentire e graffiante concede spiragli fino alla fine, fino al nuovo giorno.

La sindrome di Kessler  rimescola le carte in tavola per reinventarsi ancora una volta, tra il già sentito certo, ma tendendo a nuove possibilità da raggiungere.

Franco Micalizzi – Ondanuova 1(Goodfellas)

Franco Micalizzi, non ha bisogno di molte presentazioni, provate a trovare la sua voce dedicata in Wikipedia e scoprirete le innumerevoli colonne sonore che hanno accompagnato film italiani e stranieri nel corso del tempo, nonché la benedizione di Tarantino che lo considera uno dei suoi compositori preferiti inserendo tracce da lui composte in film come Grindhouse – A prova di morte e Django Unchained.

In questo nuovo disco si avvale di musicisti e amici importanti come Fabrizio Bosso, Jimmy Haslip, Jeff Lorber e Eric Marienthal per creare un sound che si trova a metà strada tra il jazz il funky e la bossanova ricreando un circuito esistenziale che si fa portare, come su un’onda lontana, lungo i flutti dell’oceano.

Comprendere questa musica è assai difficile, l’essenziale è distendersi e farsi trasportare, in incursioni improvvise di fiati in stato di grazia a ricomporre un’esigenza e una fame che non è mai fine a se stessa, ma continua ricerca della perfezione.

Tutto questo è Franco Micalizzi, che non smette di stupire nonostante i 74 anni d’età; quella capacità sbarazzina di concedersi ancora una volta, come se la musica fosse strumento mentale che da senso alla parola.

Il muro del canto – Ancora Ridi (Goodfellas)

Il muro del canto sorprende ancora, estrapola dalle radici di comunità romana un suono sempre più maturo e integrato in un mondo che parla di noi e dei nostri problemi, un folk indipendente che passa direttamente dentro ai nostri ricordi e ne riconcilia il candore di un’infanzia passata tra le alte mura di una città millenaria che racchiude un microcosmo culturale simile ai racconti dei nostri nonni.

Dentro a queste canzoni c’è la poesia di strada quella di tutti i giorni, che puoi udire dalla voce degli strilloni, in un mercato sonnacchioso, oppure in un centro vivo e accogliente; in questi pezzi c’è la voglia di cambiare, di far l’uno in funzione del tutto, mantenendo integrità, valori e morale che va ben oltre ciò che ci hanno insegnato nella dottrina al catechismo pomeridiano.

Questo album si fa da portavoce ai numerosi dilemmi della vita e di storia in storia, canzone dopo canzone ci porta a scoprire un universo di metafore e pensieri, solitudini nascoste e magari dimenticate.

Ancora ridi è il simbolo del nostro tempo, troppo lontano per sembrare nostro e troppo vicino per sentirlo indefinito, 12 tracce di protesta sociale, da cui si può intravedere uno spiraglio, laggiù tra i grigio – scuri, oltre la flebile luce.