Giancarlo Frigieri – La prima cosa che ti viene in mente (New Model Label)

La prima cosa che mi viene in mente è un paesaggio verde Irlanda che brulica di prati e di sassi posti a confine di un mondo in lontananza, un mondo in dissolvenza, ma che rimane appeso al filo della luce, al filo del colore che qualsiasi poeta di strada sa raccontare, conoscere e sostenere, un filo indissolubile con il nostro passato, con le nostre storie e con i quadri dell’anima che dipingiamo giorno dopo giorno. Per descrivere il nuovo album di Giancarlo Frigieri, l’ottavo per l’esattezza,  non servono molte parole, il cantautore si approccia con il suo stile dimesso, ma ribelle e fedele in parte ad una linea che lo ha visto sempre outsider convinto, convinto che tutta la sua condizione umana sia essenziale per esprimere al meglio, attraverso canzoni, stati d’animo di indubbio valore e che in qualche modo ci riguardano tutti da vicino. Canzoni come la rockeggiante apertura di Sei tu traggono in inganno un disco alquanto colorato che passa con facilità dalle sperimentazioni di Triveneta alla dolcezza di pezzi come Vela o il Gallo senza rinunciare, ma piuttosto concedendosi illimitatamente alla musica. La prima cosa che ti viene in mente è un disco attuale, un album che ti sfiora lentamente e che grazie alla voce in primo piano di Giancarlo Frigieri dona senso alla parte di nulla della nostra vita.

Giancarlo Frigieri – Troppo tardi (Contro Records/New Model Label)

Al settimo album la sperimentazione continua, Giancarlo Frigieri riesce con grande maestria e capacità a dare un senso e una forma ai suoni, quello che solo uno sperimentatore è in grado di fare, la cromaticità che acquisisce sostanza e la ricerca introspettiva si convince di un mondo fatto di sconfitti e di relegati, che seppur raggiungendo minimi attimi di felicità, si relega a mero burattino in uno spazio infinito.

Nella sua ricerca, il nostro cantautore, usa sapientemente filtri e ed effettistica, dando ai posteri un album ragionato e dove i testi emulano suoni di batteria, dove parole recitate in lingua finlandese creano basi ritmiche e dove gli assoli di chitarra sono sovrapposizioni di melodie classiche, nel vero senso del termine, da Bartòk a Stravinskij, passando per Debussy e Holst senza dimenticare Shostakovich, il tutto condito da un Guccini che suona moderno, Francesco che incontra Vasco Brondi, sembra una blasfemia, ma l’effetto e l’uso di contorsioni sonore porta ad un risultato del tutto originale e pieno di capacità e speranze per quello che deve ancora arrivare.

I testi parlano di noi e dell’accettazione della sconfitta come parte vitale dei nostri giorni, un seguire all’infinito aspirazioni che alla fin fine sono la morte del nostro pensiero e Giancarlo lo sa bene, cantautore atipico, rimescola le carte in tavola per dare un senso diverso ai canoni imposti di ogni giorno.