-LIVE REPORT- Baustelle – Gran Teatro Geox – Padova 27/04/18

La qualità si respira sui palchi polverosi sporcati dal tempo che passa segnando un’evoluzione all’insegna dei modi desueti e del volere andare in direzione contraria pur calpestando il pop digerito nel corso degli anni e trasformato in musica d’autore per poi essere ricucito, sventrato ancora e incollato per non buttare via niente, per raccogliere le cose migliori modificandole a proprio piacimento in un pensiero in musica che non ha fine, almeno per il momento.

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La musica percepita dei Baustelle oltre che ricca di rimandi e di citazionismo è prima di tutto uno spaccato di vita capace di raccontare istantanee e momenti che si fanno piena comunicazione proprio durante i live, durante quella comunione con l’ascoltatore attento e complice di essere davanti ad un gruppo di classe e di stile, mai banale e convincente.

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Stasera qui a Padova siamo in tanti, il Gran Teatro Geox ospita per l’occasione la tappa finale, della prima parte del tour di L’amore e la violenza Vol.2 ennesima fatica della band toscana che chiude il percorso iniziato lo scorso anno con il primo frammento sostanzioso del Vol.1 e che segna una svolta rispetto al precedente Fantasma, album orchestrale, introspettivo e dalle tinte che si muovono dilatate da un bianco accecante ad un nero notte inoltrata.

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Ad aprire il concerto Andrea Poggio, con la sua elettronica minimale, un po’ Battiato e un po’ creatura nordica a ricordare Erlend Oye dei Kings of Convenience in una musica piena di rimandi a qualcosa di passato, ma nel contempo tangibile e prezioso ai nostri giorni. Bravo davvero. A seguire i Baustelle e quel nome a posteriori illuminato al neon che oramai è diventato un marchio di fabbrica per i nostri e che abbaglia di luce una band che ha fatto del palcoscenico un punto d’approdo e che li vede sempre più protagonisti di una scena che hanno contribuito a creare e a mantenere.  Il comparto sonoro e strumentale è qualcosa di favoloso, i suoni sono vintage, hanno l’odore del tempo, sono calibrati a dovere e il risultato non delude le aspettative, anzi mette in risalto voci e sovrapposizioni tra Francesco e Rachele in pezzi che comprendono per la maggior parte estrapolazioni delle ultime due fatiche. L’iniziale Violenza, Amanda Lear, L’amore è negativo, Il Vangelo di Giovanni, Perdere Giovanna sono solo alcune delle più riuscite canzoni di una serata che ha visto, in una seconda parte del concerto, l’apertura a pezzi più vecchi, ma impressionanti  e sentiti dal pubblico come Nessuno, I Provinciali, Monumentale o la sempre attuale La guerra è finita.

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I Baustelle hanno raggiunto una maturità artistica ineguagliabile, complice il fatto di essere liberi di creare composizioni che non devono per forza accontentare tutti, ma che piuttosto fanno del passato una radice imprescindibile da cui partire per trasformare architetture abitudinarie e vicine all’orecchio dell’ascoltatore in qualcosa di spiazzante e avvincente, mai banale, ma piuttosto necessario per comprendere appieno una poetica contemporanea e vitale destinata ad occupare un posto d’onore nel panorama della musica italiana.

Testo: Marco Zordan

Foto: Pietro Rizzato

-LIVE REPORT- Elvis Costello Detour – Gran Teatro Geox – 25 Maggio 2016 – Padova

Un genio inglese approda al Geox di Padova per un tour che lo vede toccare le più importanti città italiane Torino, Milano, Firenze, Bologna, Roma, Brescia; questa di Elvis è una serata speciale, fino a qualche giorno fa l’intera serie di concerti doveva essere annullata per un’infezione respiratoria, ma a grande sorpresa il nostro, è tornato, pronto per ripetersi più volte sul territorio nazionale, facendoci scoprire brani che attingono direttamente dalla sua pluridecennale carriera, in un sodalizio con il pubblico che è cosa rara di questi tempi: l’intimismo sporcato dal folk, rock, blues e jazz ormai ha fatto storia e questa serata ne è la conferma, una serata che si preannuncia essere un racconto in bianco e nero a riconsolare gli animi, tra la meraviglia e lo stupore.

13267910_1088248634546664_3459204119240273830_nIl Teatro Geox di Padova è sempre sinonimo di qualità e presenza sulla scena per essere punto di riferimento nell’intera programmazione del nord Italia e non solo, richiamando l’attenzione di numerose presenze attive agli show, un teatro che si presta a ricreare un ambiente domestico, personale e intimo, poco più di 1500 persone per l’occasione, un ambiente che porta il cantautore inglese a plasmare una comunione con l’ascoltatore che in primis si offre e trascina, un cantautore poeta che trasmette attimi di introspezione narrativa, attraverso aneddoti da primo della classe: scherza sul pianoforte prestato dalla moglie, freccia da lontano Donald Trump, parla del padre musicista e del nonno soldato, aneddoti che fanno comprendere maggiormente la caratura dell’artista che abbiamo davanti e l’importanza della musica che ci lascia da qui al futuro.

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Le meraviglie sonore non tardano ad arrivare e lui solo, con le sue innumerevoli chitarre vintage, perlopiù acustiche, prese in prestito da un’altra epoca, conquista e prende il sopravvento, grazie anche alla presenza di una base effettistica che si trascina talvolta in distorsori tonanti che portano corposità a ciò che potrebbe sembrare insipido e noioso, un suono scarno, ma al contempo ricco di quelle sfumature capaci di penetrare e non farsi dimenticare, quelle sfumature essenziali per comprendere un repertorio che pesca tra pezzi conosciuti, meno conosciuti e cover in un contesto ricreato nel mirare l’essenza stessa della musica, quella musica che rapisce e si fa storia, non come punto d’arrivo però, ma piuttosto come esecuzione da ricordare, che raccoglie il momento irripetibile e scuote rumorosamente il cuore nel cogliere di sorpresa l’ultima nota ancora vibrante nell’aria.

Si parte con Green Shirt per arrivare alla melanconica Tripwere, passando per bellezze come Church underground e I Want you senza dimenticare la scrollata elettrica di Watching the detectives per una scaletta che ripercorre un tempo infinito e dilatato.

13241197_1088248661213328_8459246833536449540_n[1]Elvis cambia spesso di posizione, sa divincolarsi egregiamente con il piano e utilizza i megafoni al lato del palco per cantare e per battere il tempo, istanti liberatori e personali che lo vedono dimenarsi, nell’ennesimo cambio di posizione, proprio all’interno di quella scatola televisiva che lo ha visto protagonista nel corso degli anni: lui così lontano da certi schemi, ma allo stesso tempo così vicino da subirne il fascino.

La voce non è delle migliori dopo la lenta ripresa, la gola ne risente, beve spesso, parla molto, ma il talento è un diario aperto, una confessione dopo anni di soddisfazioni, un esempio tenace di costanza maturata; Costello non dà consigli, ma racconta, alternando ironia e introspezione, prendendosi meritati applausi da buon poeta solitario, questa sera un po’ meno pop, questa sera un po’ meno commerciale, questa sera più umano e naturale, di quella naturalità che ha il sapore del tempo perduto, del tempo che passa e che trasforma ogni cosa.

Live Report: Marco Zordan / Indiepercui

Foto: Natascia Torres / Zed!

SETLIST

Green Shirt
Mystery Dance
I Can’t Turn It Off
(The Angels Wanna Wear My) Red Shoes
Ascension Day
Stella Hurt
Church Underground
Clubland
Come the Meantimes
Shipbuilding
A face in the crowd
Walkin’ My Baby Back Home
Ghost Train
She
TV Is the Thing (This Year)
I Want You

ENCORE

Pump It Up
Alison

ENCORE 2

Side By Side
Everyday I Write the Book
Jimmie Standing in the Rain
Watching the Detectives
Tripwire

Kaiser Chiefs – Padova – Geox Live Club 18/10/14

Andare ad ascoltare i Kaiser Chiefs è come fare un pieno di energia a pochi km da casa, un rifornimento che porta con se le giuste aspettative e che non delude, forse, nemmeno questa volta.

Per la quarta data del mini tour italiano, la band di Leeds, sovrasta, nel vero senso della parola, il piccolo palco del Geox Live Club o Geoxino di Padova, a sorpresa di molti che pensavano di vedere i nostri, come del resto il sottoscritto, salire sullo stage principale.

Ricomposte le membrane cellulari dopo questa piccola delusione, si entra nel club alle ore 21.00 e puntualissimi partono a suonare i Ramona Flowers, band dal buon suono complessivo, ma che non colpiscono appieno vuoi per il poco potenziale sfruttato vuoi per il cantante non del tutto convincente nelle sue pose plastiche dal sapore fittizio.

La loro musica è un misto tra U2, soprattutto nel cantato e sonorità più alternative legate al mood brit – rock d’oltremanica in una commistione che regala, solo a tratti, forti emozioni.

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Ore 22.00 e qualche minuto sale sul palco Ricky Wilson accompagnato dalla ormai prode ciurma, pronta a far scatenare i circa 500 corsi ad applaudirli.

ima2Il frontman della band è un vero e proprio animale da palcoscenico, non smette di muoversi e come un fiume in piena si distrugge e si ricompone in pochi attimi, quasi fosse il concerto della vita, quasi fosse l’ultimo concerto a cui può partecipare.

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Gli altri elementi della band si muovono appena, defilati, impostati, quasi fermi, c’è intesa e si vede, ma i riflettori sono puntati solo su un’unica figura che si dimena continuamente tra pubblico e palcoscenico.

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Dopo i primi quattro pezzi è tempo di togliersi la camicia per Ricky e mostrare quel sudore che deve essere segno distintivo per qualsiasi rock-star che intrattiene e coinvolge, quasi fosse un bisogno necessario, innato, quello di far parte del pubblico, di farlo partecipe dello spettacolo, in un unico grande esempio di savoir-faire che solo pochi grandi gruppi di genere riescono ad ottenere.

Le canzoni poi parlano da sole, Education, education, education & War, a mio avviso sottovalutato, è portatore di un suono completo, energico e potente e dal vivo i pezzi si fanno umani, quasi terreni, bellissime le versioni di Modern Way o One more last song, praticamente un inno da stadio, come del resto il singolone Coming Home o la circense Misery Company tra i pezzi finali.

Degna di nota My life, rallentata rispetto alla versione originale e costruttrice di un appeal sincero e percepito anche tra il pubblico.

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 In mezzo a molti pezzi dell’ultimo album si snocciolano in modo naturale canzoni cardine della discografia del quintetto, un’energica Ruby, un’impertinente Everyday I love you less and less e come non notare una The Angry Mob direttamente cantata dal bancone del bar?

Tra tutto questo si trova il tempo anche per festeggiare il compleanno di Simon Rix il bassista e cofondatore della band, tra domande del pubblico e tanto di torta con candelina consegnata dal tastierista Peanut.

ima7Una band che si fa notare, ma con garbo, coinvolge senza strafare e che ha la fortuna di avere un leader carismatico e pronto a tutto per conquistare chi lo ascolta.

Un concerto potente e reale: questo mi sono portato a casa!

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Genuini e non leziosi, i Kaiser Chiefs dopo poco più di un’ora e un quarto di live non vogliono insegnare agli altri come si fa della buona musica, lo fanno e basta e questo vi sembra poco?

Voto: 8+

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