Fusch – Chemical Light (Jestrai Records)

Bombarde chimiche circoncise e allucinate che lasciano code di se e sprazzi di umore cosmico a rinfrancare una scena priva di costante tensione, ma capace di evaporare i sudori di un nuovo giorno tra fasci di luci perenni e capacità nascoste, celate, ma in continuo movimento; abbattere substrati altissimi per riportare a galla una psichedelia tutta italiana, tutta forma e sostanza, con una cantato che per scelta è piuma d’uccello che si alza in volo.

I Fusch sono tornati e lo fanno alla grande, costola della Jestrai in tutto e per tutto, in questo nuovo disco, dopo la ricerca sonora in 3 atti dei precedenti, i nostri si affacciano su di un baratro apocalittico dove le energie convogliano lasciando piccole particelle di noi stessi, piccoli e minuti ricordi di un tempo lontano, di quell’affacciarsi alla vita fatto di istantanee lisergiche quando la poesia non era rovinata dall’ultimo apparecchio elettronico in circolazione, ma il tempo e la costanza permettevano di intessere legami con gli altri e soprattutto con noi stessi.

Si perché questo è un disco interiore, di un’interiorità mai raccontata, che indaga sulla voracità della vita, che indaga sui nostri malesseri e ci conduce verso mondi lontanissimi e abbracciati come amanti sulle rive del mare, guardiamo la marea che si alza, sospinti dalle onde, dall’acqua, sostanza vitale del nostro essere umani primordiali; affacciati alla vita e pronti a tenerla per mano.

Fusch!- Mont Cc 9.0 Third act (Jestrai Records)

Benvenuti per l’ennesima volta in un luogo lontano, disperso, quasi oscuro per riempire le vostre orecchi di puro e sano rock suonato senza mezze misure con dosi di improvvisazioni che vanno ben oltre ogni aspettativa che sia vera e reale, che sia condizione essenziale per esprimersi in un mondo che forse tante volte le possibilità di dire ciò che si pensa non te le da.

I refrain si fanno vivi più che mai già dalle prime note di Iuston che ti incolla e ti capovolge portandoti in una dimensione poliziesca fine ’70 quando le auto in tv volavano per davvero.

C’è del tecnicismo in questo disco, ma c’è anche molta capacità di far uscire emozioni discordanti, ipnotiche, catartiche, in abissi di porcellane che si distruggono inesorabilmente al suolo.

La stanza dei funghi segna un’acida stazione di fermata che porta al puro lisergico suono condensato in poco più di sei minuti, poi tutto scompare, lasciando il divertimento nello stravolgimento di la Convenzione del buon Battiato, Mariateresa Regazzoni è in forma e si sente con un cantato più presente rispetto agli altri 2 atti.

Un vortice sonoro quindi che si innesta nel finale memorabile di l’Ines atto finale, ballata acustica per soli strumenti a ripagare l’attesa di questo, ultimo, essenziale gioiello sonoro.

Si chiude una trilogia, tre dischi da ascoltare possibilmente tutti d’un fiato capendone le evoluzioni e i momenti di riflessione: 9 brani che sommati agli altri 12 ci consegnano, in un anno, un quadro da ricordare.

Fusch! – Mont Cc 9.0 Second Act (Jestrai Records)

Questi Fusch! sono un grido di liberazione che pavimenta energia di ascolto in ascolto,  attimo dopo attimo.

Li avevamo lasciati con lo sperimentale primo atto di una trilogia che raccolti i frutti delle premesse viene a macerare in questo naturale proseguimento un disco più maturo e più pensato.

La sperimentazione resta comunque in primo piano dove i suoni sperduti di una cascina in montagna regalano intrecci spaziali e progressive energie da incanalare in un unico pezzo.

Ecco allora che nasce l’idea del concept, un’idea di un qualcosa che non ha mai fine, un’idea unica, sperimentale, quasi accecante: entrare in un tunnel dai colori cupi, che non ha arrivo.

7 pezzi, che si devono anch’essi ascoltare senza premere pausa nel lettore, un’energia catalitica nata sotto il segno della psichedelia cosmica che affonda radici negli anni ’70 per poi raggruppare ciò che di meglio si può ascoltare nel Krautrock e in parte nei più moderni Low.

Refrain ossessivi e uso di synth mescolano cocktail in “Peso Piuma” e “Underground”, decadenza post-punk si legge in “Signore salga in auto”, “Stelle” fa quasi rima con Ferretti mentre la chiusura è affidata all’acustica “L’Ines”.

Piccole scintille di aria buona per i Fusch! in attesa del terzo atto perchè poi la curiosità sarà ancora tanta nel provare ad ascoltare l’intero lavoro, l’intera trilogia, senza interruzioni, entrando in un vortice di suoni che ammalia e riempie.

Fusch! – MONT CC 9.0 FIRST ACT (Jestrai)

Se con il precedente “Corinto” ci si chiedeva il pianeta di provenienza di questa band stellare ora con “Mont Cc 9.0 FIRST ACT” il dubbio è riposto in un angolo per lasciare spazio a sonorità di sicuro impatto e a vie segnate e continue.

I 4 bergamaschi rispolverano le  tute spaziali e ci consegnano 5 lunghe strade quasi del tutto strumentali per raggiungere galassie nascoste e inesplorate.

Il suono è una commistimont-cc-90-first-act-fuschone di generi soffocato da interventi atmosferici di deflagrazioni chitarristiche e sintetizzatori calibrati e sinceri che non scadono nell’ovvietà, ma che esaltano un cerchio in via di definizione  che si apre e si chiude nel migliore dei modi grazie anche al supporto di una solida base ritmica.

L’imprevedibile “Broken T-shirt” ci annienta con voci dall’oltretomba, mentre “Sbando alle Mancerie” è un gioco di parole da film di Tarantino dove la sonorità si sposa benissimo con la sequenza della pellicola.

“Sintesi” è eruzione vulcanica e orgasmica in progressione mentre “Cosmogenesi 9.0” è atterraggio senza fine; chiude l’ipnotica “Catherine Deneuve” a donare sprazzi di trombettistica follia.

E’ un progetto particolare il loro, composto da 3 atti, questo è il primo, che spero ci riserverà numerose sorprese come del resto lo è stato il disco d’esordio.

Un progetto diviso in tre che ci consegna le prime 5 strade per raggiungere lo spazio abissale, un rincorrere meno cupo il buio che avanza, un sodalizio tra sperimentazione e motori d’avviamento, per raggiungere, ancora, il pianeta “Fusch!”.

Fusch! – Corinto (Jestrai)

Chi sono i Fusch e da quale pianeta provengono?

Forse non abitano così tanto lontano, sono una band lombarda di diversa estrazione che trova un punto di incontro, per questo primo album, Corinto, in quel di Bergamo.

Alla voce troviamo Amaury Cambuzat già Ulan Bator e Faust, Pier Mecca già Fiub, Mario Moleri e Mariateresa Regazzoni, mamma dei fratelli Ferrari, qui in veste di tastierista tra synth e rhodes.

L’album è un concentrato di suoni profondi e oscuri, dove la voce di Amaury, anche se quasi mai presente, tocca lentamente gli animi di chi ascolta, aprendo voragini incolmabili.

Nel disco troviamo la migliore new-wave, con virate sonore e dissonore, mescolate alle novità indie dell’ultimo periodo.

Baustelle, Verdena, Marlene Kuntz, Afterhours avvolti da suoni siderali, spogliati di qualsiasi parola, quasi inutile, quasi a dire non serve, io ti posso sfiorare anche solo facendoti ascoltare sovraincisioni di sintetizzatori vibranti cenere di una città inglese di fine ottocento.

Tanta è la bravura dei musicisti che ti sanno accompagnare in un viaggio tra le nuvole dove tutto può trasformarsi di colpo per lasciare spazio a ciò che è veramente importante.

Con Tropical Fish assistiamo a una cavalcata solare, mentre in Sento i suoni di fondo sono manipolati, looppati, estrapolati e condotti a Liquida in maniera egregia passando per la speranza in Girasole e trovando i Led Zappelin che stringono la mano ai Cure in Medicina Rossa.

Disco che lascia aperta la strada a nuove forme di sperimentazioni e che getta solide basi per creazioni future potendo pensare che in fin dei conti Corinto non è poi così lontana.