The Chanfrughen – Shah Mat (Molecole produzioni)

Disco pluridecorato con vezzo di un’elettronica barocca che si staglia oltre l’orizzonte, unendo in modo quasi univoco civiltà e popoli che da Oriente a Occidente comunicano a fasi alterne, un album in grado di concepire le sfumature delle terre lontane, qualunque esse siano e capace di connettere la nostra abitudine di cambiare in un qualcosa di naturale e sommamente appagante.

I The Chanfrughen sono tornati con questa manciata di pezzi colorati da sferzate blues e rock che incontrano il funky e creano una commistione sonora ben congegnata e sentita, dove l’improvvisazione e il riff facile ha la stessa valenza e caratura artistica di una compressa eleganza mai celata, ma esposta in modo del tutto sensato e rapita dal ragionamento, rapita dall’intelletto, rapita da qualsivoglia forma di comunicazione che attraverso la musica incanala energie nascoste per librarle lungo le tracce che si dipanano: dall’apertura di Voodoo Belmopan fino a Limonov; Russia e Cina non sono mai state così vicine.

Ecco allora che questo disco si colloca all’interno di una loro ricerca, di un loro essere che va oltre il falso mito di una musica eterna, ma si impossessa dell’attimo per rigettarlo al suolo come fosse l’ultima nota del mondo, come fosse una sostanza da dover incanalare per respingerla nell’immediato, ad effetto sorpresa, sostanziale ricerca di un proprio mondo quotidiano.

Marco Mati / Stefano Morelli – Split (Lapidarie Incisioni)

Gli album come una volta, un’amicizia che non è divisione, ma condivisione, due lati in un disco; una volta c’erano i vinili ora ci sono supporti moderni che risultano essere essenziali nella loro unicità.

Due ragazzi, due persone molto diverse, accomunate dalla voglia e dalla necessità di fare qualcosa di vero e puro, di innovativo nel panorama della musica indipendente italiana.

Il tutto ha il sapore del vintage appena sfornato, contornato da stupende delicatezze che si assaporano maggiormente nella buona stagione che sta per arrivare.

Il primo, Marco Mati, è portatore di un suono legato al Soul e all’R&B con contaminazioni Reggae infarinato da una buona dose di coraggio che rende i sei pezzi, la sua parte, molto variegata e intrisa di quel sapore internazionale che lo contraddistingue.

Stefano Morelli invece fa dell’introspezione una via di fuga dove far crescere i propri pensieri che sono in continuo divenire abbracciando Kings of Convenience, Tom Waits e le solitudini immaginifiche di Thom Yorke.

Un piccolo gioiello che suona come purezza nella sua essenzialità, come viaggiatore errante in cerca delle proprie origini, un mondo in 12 tracce che sono state regalate per essere scartate lentamente una a una, fino all’arrivo di un nuovo giorno.

Confusional Quartet (Hell Yeah/Goodfellas)

Che suono.

Che elettricità.

Che energia.

Dire che il Confusional Quartet è semplicemente un gruppo che stanco di aspettare i tempi del cambiamento, si è messo a creare nuovi suoni, è riduttivo.

L’ascoltatore in questo album di prog, new wave, indie rock, samba, jazz, bossanova elettrizzata e chi più ne ha più ne metta, è coinvolto in un vortice di suoni potenti e dirompenti.

Questi giovincelli non più giovani portano con sé ancora la necessità di fare musica ad alti livelli.

A tratti PFM a tratti Eterea PBB, tra i primi Devo e gli Area, si possono scoprire echi di rinascita in quella Bologna confusionaria dove tutto è nato.

Il Confusional Quartet è nato nel 1977 e tra il 1979 e il 1981 realizza alcuni album e tanti live, collaborando con l’Italian Records di Oderso Rubini. Poi il silenzio fino al 2011.

Ora però sono tornati con una nuova band: la musica si è fatta più matura e vissuta, meno ironica e più incisiva, dove tutto è possibile, dove l’inesplorato non esiste e dove vince la cura dei suoni e dei ritmi che conducono a spazi di creatività infinita.

La formazione con Lucio Ardito al basso, Gianni Cuochi alla batteria, Enrico Serotti alla chitarra e Marco Bertoni alle tastiere è accompagnata al mixer da Giugno Ragno Favero (Teatro degli Orrori, One Dimensional Man).

Ricordo che non c’è il cantante nel Confusional Quartet.

Non una sola parola in queste canzoni.

A cosa servono poi le parole?

Buon Ascolto.