You, Nothing – Lonely/Lovely (Floppy dischi, Non ti seguo Records, Dotto)

Quartetto col botto che assaggia le intemperie di questi giorni dando sferzate indipendenti ad un suono da domare, divincolato e prepotentemente reale. Non semplice shoegaze emozionale, ma anima punk ad includere sonorità già ascoltate, ma sempre inclini ad una certa forma sentimentale che non disdegna il pop creando ponti, relazioni, affiatamento tra generi estrapolandone una cosa davvero interessante. Gli You, Nothing intrecciano i primi Placebo, ai nostrani Soviet Soviet grazie a muri chitarristici impreziositi da una sezione ritmica da far tremare il suolo. C’è potenza disarcionata e bellezza orecchiabile nelle otto tracce proposte. Da segnalare brani come l’apertura di Identity, Waves, Sonder, Closer a riflettere intenzioni mai banali nel creare un qualcosa di proprio, un qualcosa che sappia colpire. Lonely/Lovely è un’ottima prova circolare dove le inquietudini raccolte fanno da sfondo, sempre più vero, al bisogno di relazione e ricerca con tutto ciò che può essere interiorizzato.


Marrano – Perdere (Floppy Dischi)

album Perdere - Marrano

Farsi trasportare dalla marea, dalla tempesta che ingurgita suoni e li trattiene, li fagocita per poi farli esplodere a dismisura nell’etere, nell’aria che respiriamo, inglobiamo, osserviamo da vicino. I Marrano sanno il fatto loro. Sono un miscuglio eterogenee di potenza, liriche ben soppesate e contemporaneità raccontata. Non scadono nel banale. No, ricercano nel ventre della terra un punto di contatto con l’interno. C’è dell’hardcore mescolato al grunge, c’è del sano alternative nella dissoluzione del momento, nel punto d’attracco che porta all’infinito. Perdere è un disco che analizza suadente i passi vorticosi che si spostano in un italiano cantato che convince. Non si accoda al gregge, ma si smarca. La cura grafica del disco, in questo caso del vinile giunto in queste mani che vi raccontano, ha l’odore delle cose migliori, ha il profumo delle produzioni che tranquillamente potrebbero emergere dalla melma di tutti i giorni. Marrano è qualità, Perdere ne è la prova e se questo non vi basta fate un salto ad ascoltarlo. I tuoni nella tormenta sono assicurati.


Action Dead Mouse – Il contrario di annegare (To lose la track/ E’ un brutto posto dove vivere/Ideal Crash/Floppy Dischi)

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Velocità incontrollabile, tuffo nel mare più profondo per non annegare, riuscire a stabilire emotivamente un impatto capace di muovere le viscere e soverchiare ordine prestabiliti, oltre i blocchi concettuali, oltre l’attrattiva fatta per le masse. Gli Action Dead Mouse costruiscono impalcature post hardcore e disinteressati dell’opinione del gregge confezionano un discone che nel fragore in presa diretta si concentra nel buio del nostro io per poi uscire allo scoperto, uscire per coinvolgere l’ascoltatore attraverso grida e parole che inglobano e non ti lasciano più. Il contrario di annegare, come dicono loro stessi non è di certo stare a galla. E’ piuttosto un annaspare tra le onde, un filtro completamente intasato da cui estrapolare immediatezza e lucidità che nelle tracce proposte risulta essere emblema di rara intensità.


Make like a tree – Mothernight (DG Records/Floppy Dischi/Ente Anomicos/Ricco Label/this and that tapes)

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Suoni d’ambiente che amplificano foreste infinite e contrassegnano la bellezza con un suono commovente, a tratti sulfureo, ma in grado nel contempo di evaporare nell’etere contro ogni forma di bruttura moderna. Il disco del ramingo ucraino Sergey Onichenko è un album registrato in giro per il mondo per un cittadino del nulla in grado di scavare nelle profondità di questa nostra vita immaginandola senza confini e barriere di ogni sorta. Mothernight, terzo disco di Make like a tree infonde atmosfere oniriche ad ogni ascolto. Ricorda Bon Iver, ricorda i Sigur Ros, ricorda i The Cinematic Orchestra e il Damien Rice più intimo passando per le sofferenze introspettive di un James Blake della prima ora. Mothernight racchiude al proprio interno un segreto da custodire nel tempo, canzoni che escono dalle impostazioni comuni a regalarci attimi di riflessione e di meraviglia infinita. Mothernight è un piccolo miracolo di questi tempi.  


New adventures in lo-fi – Indigo (Dotto/DGRecords/Floppy Dischi/E’ un brutto posto dove vivere)

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Stratosfere diverse si incontrano in sodalizi che fanno dell’elettricità un punto di svolta per chitarre nasali e basso e batteria in primo piano a comprimere saturazioni lasciando spazio a puliti brillanti e scomposti. Il nuovo LP dei New adventures in lo-fi  è un disco davvero affascinante che riesce a mescolare facilmente le carte in tavola per dare forma a nove pezzi che hanno la caratteristica di essere diversi tra loro, ma legati indissolubilmente da un filo di rock di matrice d’oltreoceano quasi anacronistico, ma solido e del tutto impattante. Il power trio che si muove tra Verona e Torino riesce nell’intento di dare voce a canzoni incastrate come un puzzle a regalare forme nuove costruite che non si incasellano facilmente, ma piuttosto portano con sé un’anima ben distinta, un’anima davvero unica e personale. Indigo è la commistione che si muove da Fault fino a Neglected, è un disco cangiante che racchiude al proprio interno leggeri attimi psichedelici per una manciata di tracce che fanno della sorpresa, ascolto dopo ascolto, un punto di forza notevole. 


Desvelos – Desvelos (Floppy Dischi)

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Impressioni da cameretta che escono allo scoperto lasciando posto ad incursioni che si dipanano tra acustiche intessute di energia onirica capaci di spaziare tra mondi e mondi in immagini sostanziali di un amore che diventa ricerca, un amore che si fa punto di partenza per parlare dal di dentro di vissuti e circostanze. Il breve EP di Desvelos, all’anagrafe Gabriel Medina, racchiude al proprio interno un bisogno di comunicare che si estende oltre la concezione lineare di questa nostra realtà, è un piccolo disco che sorprende per qualità e capacità di mescolare al pop la psichedelia in visioni che ritornano come caleidoscopio all’interno di un racconto mosso dal senso profondo del vivere. Cinque brani che sono un ottimo biglietto da visita, necessario citare il singolo Kway che vale l’ascolto dell’intero disco a formare inequivocabilmente una manciata di spiragli in musica che risultano essere ben sopra le aspettative. 


Lennard Rubra – Escapismo primaverile (Floppy Dischi)

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Pop lo-fi incanalato in versioni musicali in grado di attraversare la cameretta senza seguire le mode, ma piuttosto intessendo trame di Primavera inoltrata a corteggiare un senso di approvazione, un senso di agilità perenne tra il detto e non detto. Il nostro Johnny Marr, chiara la presenza della chitarra smithesiana in tutte le tracce proposte, disegna con sostanza un quadro d’insieme davvero sghembo e nel contempo essenziale che ricorda le strutture della band vicentina Casa e in parallelismo accentua un lirismo mai ostentato, ma piuttosto affacciato ad un’epoca che ora non c’è più. Post new wave, pop, rock, si fondono in queste cinque tracce dove Lennard Rubra dona vivacità ad un Escapismo primaverile che convince per originalità, convince per quel detto non detto che attraverso pezzi come l’apertura di Urano, Telemachia o La stagione è in grado di gettare le basi, mi auguro, per un full length futuro, pronto ad illuminare questa e altre strade. 


Pulsatilla – Anemone (Floppy Dischi)

Ecco sulla breve distanza comparire dal nulla, o quasi, il disco intero, il sospirato full length dei romagnoli Pulsatilla, un album che non tradisce le aspettative e fa dell’originalità un cavallo importante per sfondare le vicissitudini quotidiane attraverso un dream pop che strizza l’occhio alle composizioni dei The Smiths e si concede schitarrate elettriche in gran spolvero e soprattutto piene di quella genuina introspezione che fa della particolarità un punto di svolta, un punto importante da cui partire. La poetica presente in Anemone prende spunto dai sentimenti legati ad un abbandono indissolubile, dal bisogno di riappropriarsi di ciò che è andato perduto utilizzando un linguaggio ben strutturato e nel contempo un linguaggio che si perde nelle elucubrazioni sognanti di una musica che non ha indicazione temporale precisa, ma piuttosto un suono cangiante e irrimediabilmente proteso ad immagazzinare un senso di nostalgia con ciò che ci gira intorno. L’Anemone è bellissimo e delicato, proprio come noi, sospesi sul filo delle effimere esperienze a ricercare nel mondo materiale la chiave per il nostro stare meglio; i Pulsatilla riescono nell’impresa di mettere in versi tutto ciò che li rappresenta, lo fanno con il piglio di chi sorprende senza strafare, lo fanno con la capacità onirica di trovare il giusto compromesso tra sogno e realtà.

Solaris – L’orizzonte degli eventi (Floppy Dischi)

Deformate architetture si inabissano nella nostra mente costruendo anfratti di una potenza inaudita e disturbante capaci di penetrare e convogliare fino al centro del nostro cuore, dando l’impressione di assaporare il momento in un’esplosione completamente nera di amore e odio, tenebra che avanza e incontrollabile desiderio di sparire. I Solaris ci fanno cavalcare l’angoscia, ci trasportano lungo fili elettrici tesi dal giorno che si trasforma in notte, lo fanno attraverso un rock in distorsione che abbraccia gli elementi dello stoner e del noise degli anni ’90, lo fanno disturbando e comunicando, parlando e confrontando i vetri della nostra inettitudine in un esoterismo di fondo trasportato nella quotidianità che sempre più spesso non convince, sempre più spesso non ripara. Le canzoni come del resto i titoli sono emblematici, da Luna a Specchio passando per il delirio di Erode, i Solaris confezionano un Ep singolare velato da un amarcord d’annata che non brilla di certo per originalità e questo non è un problema perché i nostri tendono ad appartenere al momento di un passato lontano, là dove tutto è cominciato in attesa della prossima esplosione.