Lara Groove – Lara Groove Ep (Autoproduzione)

Lara Groove è coscienza di un mondo che non appartiene a nessuno, tra voli in estasi fuori controllo in vibrazioni funk e soul per una band fatta da cinque persone dove un uomo e una donna cantano e dove strumenti usuali come basso, chitarra e batteria sono supportati da synth ed elaborazioni digitali connesse alla realtà in un continuo elegante e mai conclamato e dichiarato, ma che umilmente si ritaglia un posto nel mondo della musica italiana.

Cinque brani per questo esordio cangiante, cinque brani che parlano di noi e del nostro tempo, dalle dichiarazioni culturali di Hello world fino a Liberi di, passando per Nuvole, Nonostante tutto e quella CAOS che cita direttamente il Palahniuk di Invisible Monsters.

Un disco calibrato e ben congegnato che resta in attesa di sviluppi futuri, un album che è pronto ad espandersi in un full length di aggregazione, passione e fragilità; caratteristiche essenziali per le produzioni future di questa band.

Kayseren – Il gioco della Regina (Autoproduzione)

La regina colpisce ancora, la regina vuole impadronirsi di un mondo e dall’alto della sua grandezza gioca a scacchi con la vita, gioca la partita di ognuno di noi, un’imposizione dall’alto che senza compromessi ci obbliga a costruire una realtà fittizia e puramente assoggettata ad un qualsivoglia ordine prestabilito.

Sovvertiamo questo ordine dicono i Kayseren, alternando la schiettezza dello stoner con l’ammorbidirsi della melodia in divenire che fa strada e ci conduce nella tana del bianconiglio, lo fa nel fitto del bosco, lo fa abbracciando la musica cara agli anni ’90 passando per Pearl Jam, Nirvana, Soundgarden senza scordare le ruvidità nostrane dei primi album di Verdena e Marlene Kuntz.

Tre canzoni che non passano inosservate, cantate rigorosamente in italiano, capaci di intessere concetti filosofici di ampio respiro domandandosi quale sia l’alternativa utile per un domani migliore.

Buona prova questa, che oltre a nutrire una forte componente fiabesca, si affaccia alla realtà disintegrandola e cercando sempre e costantemente nuove vie di fuga.

Turi Mangano Orchestra – Naturale Ep (Autoproduzione)

Rarefazione in continua attrazione crepuscolare con il gioco d’ombre che si crea quando cala il sipario sulla scena dimessa e compiuta su quel poco di umanità che ci resta, in grado di mantenere un’atmosfera velate di introspezione e capacità degne di un songwriting maturo, analizzato e inglobato in territori sempre più portatori di nuove speranze per la musica d’autore.

Si gioca con le parole, si gioca occupando il tempo, osservando le nuvole in cielo, il grande zoo della vita che prende le sembianze di animali estinti a loro volta in via di estinzione, i Turi Mangano Orchestra sono poesia viscerale che cammina, è il racconto di un momento lasciato convivere con il vento del cambiamento, che parla di noi in L’assenza, nei sogni di chi ormai non c’è più e poi l’omaggio a Lou Reed, un cut-up di venticinque canzoni in un effetto terra-luna da rimanere incantati.

Si passa poi al cambiamento di Il Geco e ancora al movimento di Carovane, il tema della strada e della natura che qui si affaccia con tutta la propria preponderanza, sottolineandolo ancora in Pesci e lasciando il finale alla malinconia di Irene, l’adolescenza che vola via a ricreare quel cerchio di nuvole che si scorge nella title track iniziale.

Un disco ricco di capacità espressiva, corollata dal bisogno di innalzare ad arte un concetto, una frase, uno stupore, proprio quello che leggiamo negli occhi di chi guarda, ancora una volta, una giornata di sole; come bambini in riva al mare in attesa della prossima onda.

La Suerte – L’Origine (Discipline)

Cantautorato d’ampio respiro che parla inevitabilmente di tutto il mondo che ci gira attorno, soffermandosi su fatti e impressioni, capaci di destare un lampo di genio illuminato, un chiedersi dove sta il confine delle nostre scelte, un domandarsi da dove arriviamo e capire la nostra origine e soprattutto capire il futuro in una società complessa e individualista come la nostra.

Nascere, venire al mondo, si cita già Courbet nella copertina, emblema di nascita e rinascita che si scontra con la quotidianità che tante volte ci vede incarcerati in un qualcosa che ci sta stretto, noi esseri umani, dalle forti aspirazioni che scegliamo unicamente il nostro destino dalle azioni che svolgiamo.

E’ un cantautorato impegnato quello dei La Suerte, lo si comprende sin dalle prime battute de l’Origine, piccolo EP di 4 canzoni che anticipa l’uscita del disco che vedrà la luce nell’autunno di quest’anno.

Quattro pezzi in divenire che si domandano, mescolando il rock alle note più caraibiche in una commistione alquanto inusuale, segnando un territorio ben preciso da seguire, in nome di un’originalità che incrocia Nick Cave a David Byrne, passando per Graziani e Veloso, un equilibrio tra strumenti e voce che ammalia e colpisce.

Piccola chicca di anticipazione ben riuscita che ci fa star qui ad aspettare nuovi e interessanti sviluppi.

The Secret Tape- The Secret Tape Ep (Area Pirata Records/White Zoo Records)

The Secret Tape 7" Ep cover art

Sei canzoni brucianti di puro punk roll facendo il verso agli anni ’60 del surf, dove le chitarre venivano suonate dal sudore più che dalle dita, in un vortice di emozioni e disinteresse verso un mondo che stava per cambiare.

Sfrontati quindi, ma anche generosi, instancabili da un’attitudine garage rock low-fi che incrementa il sapore nostrano per un Panda Kid o per Miss Chain and the broken heels in un continuo sonoro disinteressato alle buone maniere, ma legato alla sostanza.

Velocità sonora e pezzi che parlano di tempi andati a riscoprire quella musica che si affacciava nella nostra Italia, quasi con timidezza, mentre nel nuovo continente faceva vittime su vittime, giorno dopo giorno.

Freschi e genuini quindi i nostri Secret Tape da Parma fanno poche cose, ma le fanno bene, in una grazia melensa e ammiccante quasi a voler dire, meritatamente, ci siamo anche Noi.

 

Zail – Worthless (Wasabi produzioni)

Sperimentali quanto basta per entrare in un limbo di suoni elettronici compressi all’interno di un cubo esistenziale dove passano neuroni e satelliti spaziali, divincolati da sonorità ultraterrene capaci di sperimentazioni fuori-norma e costantemente alla ricerca di una via da seguire.

Duo italo-tedesco con sede a Berlino, che non dimentica le origini italiane, si concede di fondere atmosfere trip hop al Kraut rock post industriale, ponendo l’accento su incursioni alla Massive Attack e fondendo sui generi una vibrante tempesta di colori.

Ricordando per certi versi i Radiohead di King of Limbs i nostri osano fino ad arrivare ad una concretezza tangibile.

Gruppo già maturo e collaudato capace di sorprendere per l’internazionalità della proposta e per la spiccata capacità di fondere testi criptici ed emozionali a melodie post noise e intense.

Questi sono gli Zail e Worthless è il loro primo Ep.

 

The JellyTales – The JellyTales Ep (Autoproduzione)

JallyTales inabissano l’ascoltatore lungo un concentrato di suoni che abbracciano il cantautorato al rock, per toccare l’indie più estremo con accenno di prog e novità nell’aria che si esemplificano in cori puntuali e decisi.

Sono di Milano, sono giovani e amano divertirsi, assomigliano parecchio agli Artic Monkeys, ma strizzano l’occhio anche a The Black Keys e a tutta la scena indie del momento passando per Franz Ferdinand e qualcosa dei primi Arcade Fire.

Chitarre al vetriolo, fraseggio deciso, pronuncia inglese più che buona, fanno di questo ep d’esordio un’ottima carta da sfornare per l’apertura di porte e strade sempre nuove.

Capacità quindi di sintesi e iniziativa sono le caratteristiche principali di questa giovane band che suona assieme dai primi mesi del 2014 e già in grado di confezionare una buona autoproduzione.

Resta ora il tempo che li accompagnerà nella loro crescita personale sperando che resistano alle intemperie del mondo musicale e alle scelte che faranno nel futuro. Ben arrivati anche a Voi!.

 

Senhal – Bang (Autoproduzione)

Mescolando Zen Circus, Le vibrazioni e i Negramaro ne esce un buon prodotto di partenza per sconfiggere il tempo e tutto ciò che gira intorno al nostro pianeta, fatto non solo di materia celeste, ma anche di sentimenti e realtà tangibili da vivere giorno dopo giorno.

I giovani Senhal confezionano questo loro Ep in modo diretto e sincero, c’è della buona musica e ci sono un sacco di buone idee a partire dai testi che tante volte trascendono la realtà per arrivare a profondità che solo l’inconscio può capire.

C’è un occhio strizzato all’indie rock d’oltremanica e al futuro che attende sogni di vita pop.

Canzoni che esplorano territori inesplorati, una teoria del caos che risucchia il tutto all’interno di un buco nero, ennesimo esempio di una forza che non ha confini, ma che si accinge ad essere futuro partendo dal passato.

Il passato per i nostri è chiaro e altamente coinvolgente, i maestri ci sono e lo stile sicuro garantisce ottimi risultati, nell’attesa che si possa apprezzare un album intero ci perdiamo tra galassie e asteroidi ancora da scoprire.

INDIANA – Indiana (Autoproduzione)

Secondo Ep dopo La strada per gli INDIANA, band bergamasca che va oltre la concezione del pensiero e come in una visone onirica ci trasporta lungo i flutti di un mare che non risulta essere sempre calmo, ma un insieme di vortici tuonanti e di melodie che non possono essere incastrate o scelte per la loro eterogeneità e tantomeno non possono essere incasellate in generi più o meno alla moda.

Certo c’è del cantautorato e certo c’è la sperimentazione, si tratta quindi di una psichedelia musicale? No perché appena ti convinci che il tutto potrebbe incasellarsi in un dato certo, i nostri sanno virare la loro posizione, regalando sonorità che stupiscono e inquadrando un quadro un attimo prima sfocato.

Questo procedimento si perpetua per tutti i loro pezzi, sei, che abbracciano sperimentazioni sonore legate quasi ad una matrice fanciullesca un sogno da cui non ti vuoi di certo svegliare.

Un mondo parallelo, un sogno ad occhi aperti, Magritte, Nolan, c’è Memento, ci sono i parallelismi e le dimensioni oltre la dimensione; ci sono poi questi tre giovani bergamaschi che  sanno cesellare e stupire, preparandosi un posto nelle avanguardie italiane.

Non violentate Jennifer – Non violentate Jennifer (Autoproduzione)

Non violentate Jennifer è il titolo della vivace autoproduzione dell’omonimo gruppo .

4 sono le canzoni, tratteggiate da un rock alternativo molto curato e ben cantato, mai banale.

I testi parlano di una civiltà decadente dove mancano istituzioni a garantire dignità in un paese diviso.

“Terza persona” ha l’onore di aprire le pagine di questa musica, anticipando la suadente “Nel paese degli umani” dove le campane suonano sempre un po’ per tutti. Il pianoforte un po’ clavicembalo fa la sua immensa figura con un basso gradevolmente tosto e calibrato.

“Tutto finisce all’alba” ha cadenze new-wave e come in quasi tutto il disco esiste l’esigenza di fare qualcosa di nuovo utilizzando la voce cavernosa e cantautorale. (Offlaga, Massimo Volume)

“Naufragheremo” chiude l’ep in maniera elegante: è come sentire “Il teatro degli orrori” al rallentatore.

Bella prova questa, che certamente attende aperture a un album completo, nell’attesa che queste idee mature confluiscano in un soddisfacente appagamento.