Marabou – The end of the rainbow (Costello’s)

album The end of the rainbow - Marabou

Schiettezza elettronica che riapre tentativi di fuga verso una dance potenzialmente contagiosa che gestisce con un ingegno un disco fatto di emozioni chiaro scure, che si inabissano nel profondo fino a destreggiarsi in modo quasi miracoloso partendo dalla new wave degli anni ’80 per arrivare ai giorni nostri, in un viaggio che abbraccia culture e si protende verso il cielo, proprio verso quell’arcobaleno colorato da cui veder la fine, forse la fine di questo tempo, sta di fatto che il nostro Giovanni Alessandro Spina, in arte Marabou, congela l’apatia della macchina per confezionare una prova di respiro internazionale, grazie ad un uso sapiente degli strumenti in possesso e grazie anche ad una forte dose di creatività, capace, fino all’ultimo, di costringerci ad ascoltare proprio quella Sunset che stabilisce il confine tra ciò che è stato e ciò che verrà, per ripartire con Garden’s Dream, l’incipit di questa miscela ultraterrena; ancora i colori quindi, ad indicare la via, la strada da percorrere, verso la luce interiore che comprime e si apre a dismisura per inglobarci per sempre in elucubrazioni sonore bisognose di aperture vocali per così dire minimal, tra testi surreali al limite con l’astrattismo e  una caduta nel profondo bisogno di comunicare, attraverso un loop continuo, attraverso una forma di gratitudine verso ciò che ci circonda.

Spiriti affini:

TERZACORSIA – Sogno o realtà (MusicForce)

I Terzacorsia spaziano tra sogno e realtà alla ricerca di un suono di matrice internazionale, contaminato da un’elettronica ben calibrata e sostanziosa in testi semplici, ma efficaci nella loro interezza che ammiccano alla canzone di facile impatto costruendo un bisogno essenziale di rinascita e rivalutazione del contesto per un rock omogeneo che ricerca il pezzo radiofonico pur non disdegnando la matrice indie da cui il tutto proviene, confezionando quattro pezzi che raccontano di ombre e luci del nostro tempo, raccogliendo l’eredità del mondo circostante e filtrando le esigenze verso tentazioni ed elucubrazioni per immagini preponderanti ed effettivamente complici di un suono freddo, quasi siderale, pronto ad essere scaldato però da testi che si consumano e ci lasciano presagire squarci di luce ad accecare il sole, da Tempesta fino ad Amarsi un po’, passando per Sudore e Sogno o realtà, un EP concentrico che racconta e si fa raccontare, distendendo il passato per dichiararsi al futuro che avanza.

ARVIOUX – Ourview (Costello’s)

Una manciata di canzoni electro pop in loop continuo che fanno capire la caratura del personaggio con cui abbiamo a che fare, tra manipolazioni digitali e la continua ricerca e il continuo amore per la scoperta, indivisibile momento di costruzione di strutture accese che si protendono verso l’alto e intascano la prova del tempo, bellezza da scoprire in geometrie e algoritmi necessari per dare un senso al cuore pulsante che si affaccia alla musica degli anni ’80 per conglomerare con stile sovrapposto alla scena berlinese e intessere sviluppi di melodie creando una musica che il nostro Alberto Gatti, in arte Arvioux, sa fare dimostrandolo in questa prova dal sapore internazionale.

Dopo il successo del singolone Choices, il nostro si lancia nel creare un EP formato da otto tracce che segnano un ponte in costante mutamento tra passato e futuro, dall’intro passando per A believer a riscoprire una passione per il non troppo conclamato e per le canzoni che con ritmo martellante si stagliano alla ricerca di amori, situazioni, momenti che sono elementi vitali per lo stesso artista, in simbiosi con i giorni che abbiamo lasciato alle spalle.

Ammirevole quindi prova d’esordio che accosta gli ingredienti del passato e del presente per una formula sempre moderna e di sicuro impatto, di certo da non tralasciare e pronta ad essere immagazzinata per bene grazia a ripetuti e coinvolgenti ascolti.

Plastic Lungs – Chameleon (Autoproduzione)

Dimensione elettronica in beat ponderati che regalano emozioni camaleontiche ricche di fascino per la scena d’oltreoceano intrecciando arditamente l’Europa di Lali Puna e Air per un suono esigente e ricco di spettacolari improvvisazioni, capaci di ricreare un ambient atmosferico penetrante e mai banale, con forti debiti nei confronti di un’internazionalità mai sospinta, ma allo stesso tempo esigente nei confronti di una scena, la nostra, priva tante volte di una sostanziosa memoria da annoverare tra i ricordi.

Questo primo EP dei vicentini Plastic Lungs finalmente consegna ad una provincia votata al punk rock, al metal e alle sue banali derivazioni, un attimo di respiro e di originalità, quell’originalità capace di conquistare ad un primo ascolto, con canzoni abbastanza eterogenee che permettono l’ascoltatore di entrare e farsi un’idea sentita di un genere che risulta essere alle nostre orecchie alquanto inusuale.

Quattro pezzi che si muovono rapidamente dall’iniziale Chameleon fino alla bellissima Song for a mother, apice del disco, che racchiude le sperimentazioni dei Radiohead dell’ultima fatica a Moon shaped pool; un disco d’esordio per palati raffinati, che spero si imponga presto come utile alternativa ad una musica territoriale poco originale, una speranza quindi per i nostri quattro, una speranza da curare giorno dopo giorno, tra le fatiche e i sogni da conquistare.

Doremiflo – Ambigua (Riserva Sonora/A&A Edizioni)

Un disco che racchiude una ventata di freschezza ammaliata da un’energia pura e cristallina che divampa e accende speranza energica di costruire una musica che in primis si staglia grazie ad un forte impatto sonoro ed elettronico in grado di amalgamare l’elettricità in divenire in sospiri capaci di penetrare e dare un senso ad un personalità già di per sé elevata e capace, capace di affrontare un EP che racchiude l’esigenza di fare una commistione di diversi generi, partendo da un pop cantautorale che sta dalla parte delle emozioni, quelle reali, quelle partono dallo stomaco e arrivano al cuore, fino ad arrivare ad un suono ben calibrato che si muove divincolandosi in questo EP di cinque tracce, un suono che per Doremiflo è essenza di vita o meglio è la vita stessa, l’aria che respiriamo e il cammino per arrivare a destinazione, tutto questo lo possiamo percepire attraverso il singolo iniziale: L’amore 3.0 passando per Amami e Difendimi fino a Massima Velocità, a chiudere il cerchio e a riaprirlo di nuovo, in una ricerca continua di un posto nel mondo in cui vivere, chiara essenza nell’essere diversi in una quotidianità talvolta soffocante.

Ainé – Generation One (Totally Imported)

Un suono che si fonde e cola con i nostri pensieri, un suono dal sapore internazionale e stratificato a più riprese che consente di immortalare l’efficacia di frasi in loop e sagacia artistica che permette di divincolarsi alle forme di cantautorato tradizionale per dare vita ad un approccio moderno ed emozionale al tutto, capace di raggiungere profondità che si interrogano e ci rendono continui ricercatori tra le stelle in cielo.

Ainé è il progetto solista di Arnaldo Santoro, talento nazionale che entra di diritto nel panorama della musica italiana con un disco elettronico che sa di città metropolitana, ma allo stesso tempo ha il sapore del sobborgo e della rinascita, innescando a catena e mescolandoli assieme, generi come il soul, l’hip hop e l’RNB, un suono caleidoscopico che ammalia fin dalle prime battute, vantandosi positivamente di numerose collaborazioni internazionali e non come Alissia Benveniste e Kyle Miles al basso per passare a Ghemon, Davide Shorty, Gemello e Sergio Cammariere in una bellissima Dopo la pioggia, primo singolo estratto dall’album, canzone capace di intrappolare istanti di vita in una manciata di attimi.

Un album ricco di poesia questo, in grado di parlare ai giovani del nuovo millennio, un disco fatto di una luce tenue e di un’ombra nascosta nella nostra mente; quelle di Ainé sono canzoni che fanno parte di quelle meraviglie sonore che non durano un momento, ma si fanno strada nei racconti di ogni giorno, sfidando le apparenze, in nome di una costante ricerca emozionale che si spinge oltre le nostre vedute.

Alkene – Etere (Moscow)

Etere è il secondo album della band triestina che riesce a dare un proseguimento naturale al proprio percorso musicale innovativo , in nome della ricerca che si fonde in modo quasi crepuscolare al pop e al rock, quest’ultimi non intesi come fenomeni commerciali, ma piuttosto come forme mutevoli che riempiono i vuoti della nostra solitudine, concentrando gli aspetti del comporre in una scrittura criptica e lacerante che passa dall’ultimo Thom Yorke di The Eraser fino a James Blake, toccando le desertificazioni dei Wilco fino a raggiungere le profondità dei Verdena di Requiem, per un disco che è esso stesso un flusso continuo di pensieri e musicalità affacciati su di un cornicione che guarda il buio marino da nuove e invitanti prospettive.

Un album sorprendente e stratificato, la figura del dodecaedro poi è invito per viaggi interstellari a comporre densamente la materia di una sostanza immateriale, una vibrante commistione di genialità elettroniche che prepotentemente si fanno sentire già in Crisalide fino a Inatteso, passando per pezzi memorabili come Lisbona o, a mio avviso, la più riuscita dell’album , Verbofobia, pezzo in grado di travalicare i confini che conosciamo per condurci verso una nuova casa, pezzo summa del disco che racchiude tutte le caratteristiche di questa band in continua evoluzione; senza la paura di un domani, senza la paura di rimanere soli.

Overlogic – From Where ? (Autoproduzione)

Entrare nello spazio profondo per tentare di dare un senso tangibile a quello che ci sta intorno, alla grande presenza nera che sovrasta e domina, non concede e come reale anfratto che si apre alla nostra coscienza si chiede e si interroga da dove discende una bellezza elettronica che si fa racconto di una musica che non ha bisogno di essere compresa, ma piuttosto porta con sé il bisogno di dover trascinare.

Loro sono gli Overlogic e grazie a questo EP ci trasportano in un suono 2.1 del tutto moderno e carico di un freddo cosmico che si apre a lacerazioni costanti e ci discosta brevemente dalla nostra routine quotidiana, delineando un paesaggio fatto di linee emozionali che conducono ad un trip illogico, fatto dai cinque sensi che ci accompagnano a scoprire paesaggi bucolici di galassie sconfinate.

5 pezzi che sono la summa del loro pensiero, da Memories. Remains fino a Early. Morning. Horizons., pezzi che ci fanno entrare in altri mondi paralleli, lontani dalle solite proposte musicali, per un suono che prima di piacere deve assolutamente essere toccato.

Be a Bear – Push-e-Bah (La Sete Dischi)

Siamo entrati nella tana dell’orso per vedere di che cosa è capace, siamo entrati per scoprire il suo mondo e ne siamo stati colpiti, quasi scaraventati al suolo dalla potenza di questa forza elettronica digitale che si immedesima con un essere naturale, ma che di naturale ha gran poco, se non l’idea di colpire, l’idea di quella grazia vintage che ricompone egregiamente questa musica che sa di evoluzione e procedimento alquanto certosino, una natura che in primis non si percepisce, ma ascoltandola a fondo si può sentire il rumore della neve, della pioggia che cade e dei torrenti di montagna a ricoprire gli strati di una realtà che ci circonda e si siede accanto a noi.

Filippo Zironi ci consegna un disco realizzato con un IPhone, si proprio con un telefono, un album d’avanguardia e allo stesso tempo influenzato da musicisti internazionali di pregevole fattura come Moderat, Radiohead, MGMT, per ricucire sonorità incanalate dentro alle dieci tracce, canzoni trasportate da un’avanguardia in divenire, capaci di sostanziali cambiamenti e sorprese, capaci di colpire ulteriormente anche attraverso l’uso della voce segnando un punto di rottura con il passato, forse, o più semplicemente sentendo nelle vene della quotidianità la strada da seguire, certo del fatto che riserverà numerose soddisfazioni.

Grandi navi ovali – All you can hit (Maciste Dischi)

Dentro al gioco di parole delle Grandi navi ovali si nasconde il titolo del loro nuovo disco, All you can hit, un album affascinante per molti versi che riesce ad inglobare un suono fresco, moderno, capace di prodezze non solo fuori area, ma direttamente dagli spogliatoi con un appeal sincero e diretto, elettronico e malinconico, forse verso un mondo che non esiste o che speriamo possa esistere dentro ai nostri occhi.

Loro sono dalla provincia di Alessandria, provinciali di provincia, ma che amano questa etichetta, anche se di etichetta non parliamo, ma solo e soltanto di gran buona musica con il giusto apporto di sintetizzatori a solcare i mari dei doppi sensi e le interrogazioni sulla vita burrascosa e continuamente in bilico tra forze a cui non sappiamo dare un nome, risultati però dal nostro pensiero globalizzato che non sempre premia, anzi molte volte delude.

Ecco allora che i nostri, miscelando sapientemente Macromeo, I cani e il cantautorato degli anni che furono, divagando sull’importanza della vita, interrogandosi scherzosamente su ciò che ci resta da assaporare, magari lasciando qualcosa per gli altri, magari trasformando la nera realtà in qualcosa di stramaledettamente  pop e fiorito, qualcosa che lasci il segno, in un cammino in cui tutti Hanno ragione, per sempre o almeno per Questa notte e per altre cento.