Ardan – Voyage d’une seule nuit (ALKA Record Label)

Viaggiare ricoperti di polvere di stelle che si insinua lentamente nei nostri sogni e ci abbandona in un solo istante a ricoprire le speranze di un avvenire di concretezza e realtà ad occhi aperti in un’incalcolabile bellezza di tutto ciò che può ancora accadere. Gli Ardàn, progetto nato nel 2015 da Alessio Ruscelli e Alessandro Marchi, stimolano l’intelletto nella costruzione di viaggi nello spazio, un itinerario di una sola notte che colpisce per profondità e completezza, alternando la canzone pop a brani strumentali a lento rilascio che intensificano la comunicazione e si rendono necessari per farsi veicolo principale di concetti da trainare lassù nella parte più nera che risiede sopra le nostre teste. Voyage d’une seule nuit è anche un viaggio di scoperta e di purificazione, un viaggio dentro l’animo umano che si concede, sintetizzato a dovere, boccate di ossigeno prezioso prima del grande salto nel vuoto, metafora, nonché parabola, delle essenze nostre più preziose. Ciò che ne esce è un album caratterizzato da un inizio e una fine che si rincorrono a ciclo continuo, attraverso un moto perpetuo che regala lucentezza alla parte più nascosta di noi, in una complessità di base che incamera al proprio interno la vita, la morte e l’amore.

Marco Kron – Sfere (Autoproduzione)

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Cantautore eclettico di stampo elettronico capace di protendere la realtà verso spazi infiniti e incanalare un’energia di fondo che si disperde e si contorce in sodalizi essenziali e necessari con la canzone d’autore incastonata in contesti asettici, ma pieni di sfumature, capaci di compenetrare la sostanziale ricerca del nuovo e le basi di fondo per una produzione geniale e mai banale. Marco Kron, cantautore e matematico milanese dà alla luce il suo primo album, Sfere, disco composito e mai lineare che si perde e poi si ritrova tra la luce e l’oscurità, tra ciò che è stato e ciò che deve ancora avvenire, partendo da basi di composizione digitale e portandoci delicatamente in un mondo trasformato dove qualcosa attorno a noi è più forte e sfida la morte. Sfere è un disco elegante e conturbante che parla della nostra società, che parla della nostra esistenza e lo fa senza scadere nel banale, ma piuttosto cercando una propria via d’azione che in pezzi come la stessa title track iniziale o la finale Agrodolce ci fa comprendere un punto di vista esigente capace di coniugare ed assemblare gusto, tecnica e sostanza; una prova quantomai figlia dei nostri tempi, una prova intima e simultanea alla realtà.

Frank Sinutre – The boy who believed could fly (New Model Label)

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E’ un tuffo elettronico artigianale, è l’istantanea che raccoglie l’attimo e consente all’ascoltatore di fare un fermo immagine imminente e nel contempo stratificato dove i particolari e le sfumature sono accentuate da reprise sostanziali e sostanziosi e dove l’aria di fondo permette di sfidare la gravità verso nuovi limiti e mondi sempre più lontani. Il nuovo lavoro certosino dei Frank Sinutre è un disco elettronico, ma nel contempo è anche un disco d’atmosfera che riesce a racchiudere la potenza espressiva di Moby con l’idea di movimento circolare di band come Air per un suono d’insieme di notevole caratura capace di esprimersi lungo tutte le dodici tracce del disco e non ha paura di osare, anzi, al suo interno racchiude proprio quel bagliore sfrontato di poesia sonora che in questo insieme ben delineato di brani trova il suo punto di sfogo. Ascoltare ora i Frank Sinutre è un po’ come fare un salto da un grattacielo accompagnati solo da un ombrello, è lo sfidare i nuovi mulini a vento della nostra società è il ritrovare se stessi all’interno di un circuito elettronico che vibra attese infinite.

Ferbegy? – Roundabout (Riff Records)

Le puoi percepire attorno le freddure siderali che provengono dalle latitudini elettroniche di una musica priva di confini che amalgama in modo esponenziale la lezione di una scena indipendente alle prese con una manipolazione di sintetizzatori in grado di scavare all’interno di noi, la percepisci e ne prendi atto anche perché tutto quello che appare e sentiamo attraverso le nostre orecchie, nella musica dei Ferbegy? prende forma e lascia un posto vivido e lacerato all’interno della nostra anima. La band di Bolzano confeziona un disco assai strutturato che si abbandona alle malinconie acustiche di band come Sigur Ros per passare facilmente alle deflagrazioni elettriche di gruppi come Massive Attack e God speed you black emperor! in un suono d’insieme davvero concepito ad arte e che meraviglia e stupisce ad ogni ascolto. Nulla è affidato al caso in Roundabout, ma all’interno di questa musica possiamo trovarci tanta bravura esponenziale e nel contempo il desiderio di comunicare ambizioni sotterranee e suoni emozionali da primi della classe.

Okland – Okland Ep (Autoproduzione)

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Elettronica da Torino che non si stanca di percorrere territori poco battuti in nome di un salto nel vuoto pronto ad accogliere una sostanza sonora che rinvigorisce e ci rende partecipi di una bellezza ridondante da cogliere nell’attimo, prima del balzo, in un EP fatto di quattro canzoni che incrociano l’alternative house all’avant pop dei giorni nostri in un modo di comunicare che intreccia l’umanità all’artificiale, l’elettrico in contrapposizione all’acustico in pezzi d’insieme che creano un’amalgama davvero convincente e sfrutta opinioni condivise per sfondare porte aperte e stringere il futuro tra le mani in sodalizi che vanno ben oltre le apparenze e si ritrovano con pezzi che portano con sé puro gusto di anteporre desideri al risultato finale. Quello che ne esce è un disco che racconta in modo simbolico le problematiche dell’uomo moderno, le percepisci quasi come metallo tangibile, cullati da una sinfonia proveniente da un mondo lontano e pronta a colpire attraverso i beat della nostra coscienza.

N-A-I-V-E-S / N-A-I-V-E-S (Le Peau)

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Suoni sintetizzati che rilasciano colore al loro passaggio, danno energia e consumano la fiamma dell’oscurità per lasciare spazio a sali scendi che danno un senso diverso alla vita circostante in un’elettronica stampata a dovere, ben racchiusa nel contesto ascensionale e portatrice di legami che sbalordiscono per freschezza, genuinità e capacità di creare singoloni, uno dopo l’altro, incrociando sapientemente l’elettro pop di gruppi osannati degli ultimi anni come MGMT o il sapiente manipolatore canadese Caribou, senza dimenticare gli Arcade Fire di Reflektor e incamerando un’esigenza di rincorrere il tempo con pezzi veloci, ripetitivi e altamente contagiosi. Dall’introduzione lasciata a Hold Out fino alla compiutezza di Golden shore il disco dei Naives si fa musica da sogno capace di dimenticare la realtà attorno per consegnare agli ascoltatori momenti di goduria totale, momenti baciati dal sole e dalla psichedelia elettronica di un momento che vale mille e ancora mille attimi vissuti in modo sbalorditivo.

MUTO – Independent (Prismopaco Records)

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Viaggio nello spazio profondo alla ricerca del beat giusto il beat perfetto in un anfratto stilistico che ricava la propria dimensione, la propria dimora attraverso le costellazioni e il buio in un divagare senza meta che costringe l’ascoltatore ad entrare in una purificazione fatta di luce e ombre misteriose, tra le compenetrazioni dei momenti e gli abbagli della vita quotidiana, per questo progetto di suoni e molteplicità che avanza, un nuovo disco che si fa percorso all’interno di una società automa alla ricerca del nostro essere veri e reali, esseri indipendenti e capaci di conquistare quelle piccole parti di vita che in verità ci appartengono fino nel profondo, per un album fatto di otto incursioni paranormali che rendono meno sfocata quell’idea di musica che si fa mezzo per comunicare attraverso ogni latitudine terrestre, un viaggio elettronico in balia del vento e del mare tra isole da conquistare e porti/canzoni in cui riposare.

La Griffe – Hypno-Pop (Autoproduzione)

Ep di lancio della band di Roma che intasca una prova dal sicuro impatto emozionale che mescola elementi della quotidianità in un pop rimescolato a dovere, con una forma canzone che abbraccia l’elettronica, tra techno ed electrohouse spruzzato e rappato in un sali scendi canoro e musicale che tesse trame di originalità e convince fin da Deserto per passare al singolo Where are you going? e infiltrando il proprio essere costante in una ricerca che si fa concretezza in pezzi come Suoni e Altrove a identificare al meglio una realtà che sa sfruttare le carte in proprio possesso nell’intento di dare nuova aria e nuova linfa ad un panorama saturo di proposte; sentiremo ancora parlare dei La griffe, ne sono certo, una band che nella ricerca elettronica ha saputo dare movimento circolare a costrutti pop di grande e coinvolgente effetto scenico.

Psiker – Maximo (Autoproduzione)

Artista visivo che abbraccia l’elettronica d’aspetto e ne protende visioni e speranze in costrutti decentranti e cerebrali, il tutto ad infittire trame e  strutture in stereofonia arrangiata a dovere e prendendo spunto dai contesti di vita che si affacciano direttamente al suono degli anni ’80 intrappolato nella rete della modernità a ricostruire parabole ascendenti verso l’ignoto e soprattutto verso il proprio essere, verso quello stare al mondo che è sì parallelismo coscienzioso, ma anche aspirazione, attesa e volo libero che si respira in tracce come il singolo Metropolitana a studiare i movimenti, i viaggi, le vite delle persone, le vite degli altri, in un colore vintage tipicamente italiano che si innalza a synth pop studiato in pezzi come L’altro ieri, Parla parla parla o nel finale da Attento, per una manciata di brani, precisamente dieci che ricoprono decadi di un tempo che fu e qui rispolverate a dovere nella speranza che ci sia una giusta riscoperta di un genere che in questo disco si riappropria di contenuti e di tanta sostanza, messa lì a sedimentare a comprimersi e a contorcersi, fino all’esplosione finale dove la ricompensa sarà solo un punto di partenza per la strada da seguire e dove le collaborazioni con artisti passati, che hanno fatto la storia di genere, come Francesca Gastaldi degli ZEROZEN, Raffaella Destefano di MADREBLU, Luca Urbani dei SOERBA e Odette di Maio dei SOON, sono fondamentali per entrare nel mondo di Psiker e delle sue composizioni digitali.

Dance with the bear – Disco di platino (Autoproduzione)

 

Incrociatori tappezzati di sonorità dance che amplificano a dismisura un suono che colpisce allo stomaco, che spacca di brutto e diventa irrequieto nella bellezza di testi diretti che non lasciano scampo, ma proprio attraverso una semplicità di fondo riescono a penetrare grazie a refrain memorabili e di sicuro effetto in grado di scardinare in modo egregio il pop italiaco con una formula assai strampalata che mette assieme il nordico Gunther con gli MGMT, passando per Bloody beetroots e la disinibizione di Francesco-C per suoni e attitudine che ricorda il punk più crollato trasportato però nel 2016 implementato quindi da una cura elettronica che non vede fine in nessun pezzo, ma anzi fa da filo conduttore per le nove tracce proposte in un altalenante discesa/ascesa dentro ad una società da interpretare e alquanto lontana dalle forme di comunicazione usuali.

I Dance with the bear con questo nuovo album entrano a far parte di un progetto alquanto interessante, dopo il buon successo di I love you Bears cesellano con astuzia canzoni tormentone che non si interrogano sulla qualità della proposta e di qualità ce n’è tanta, ma piuttosto incanalano tutte le loro energie nello sputare in faccia alla realtà un disco destinato, in primis, a far muovere il culo e questo, di certo, non è poco.