Cambio Cane – Due (Autoproduzione)

Cambio Cane, “Due”: recensione e streaming

Copertina metallica che nasconde un cuore di vetro per un disco narrante stati di complicità emotiva che si disperdono nel buio della notte e accarezzano, ti parlano, sfiorano la pelle e sedimentano, sguardi e pensieri, colpi d’apertura verso l’esterno e leggiadra disinvoltura nel dare senso all’indefinibile della vita. Il nuovo album dei Cambio Cane affonda il pensiero dominante negli anni ’90 tra The Carnival of fools, Uzeda, i primi Afterhours, iMarlene Kuntz e i CSI in un rock che non si apre mai a fragorosi disimpegni post moderni, ma piuttosto crea strutture, intelaiature che ben si fondono con l’incrociarsi di voce maschile e voce femminile in una contestualizzazione minimale che sa di introspezione, ma anche di potenza tagliente rappresa nelle parole e nei significati. Traccia maestosa forse, contenitrice di un intero disco resta a mio avviso Notte Larga a definire un insieme di canzoni, nove per l’esattezza che guardano oltre le mode del momento, dando un senso corposo e ben distribuito a questa piccola opera di luce e oscurità, di speranza e di richiami ad un mondo musicale che può e che deve diventare diverso. 


The singer is dead- \\ (IDischiDelMinollo/La mansarda/Vollmer Industries/Backwater Transmission/Edison Box)

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Eclettico strumentale polveroso e di sostanza che si accinge a riempire di geometrie math rock un condensato di ambizioni favorevoli alla rinascita di uno stile proprio e sempre più ricercato all’interno di una musica in cui il cantante non c’è, il cantante è morto e tutto quello che possiamo ascoltare sono architetture fantastiche e ipnotiche che si dipano in decostruzioni al limite del pensiero imposto raggranellando sogni quando questi sembrano scomparire e non far parte più di questo mondo, una destrutturazione tale da rendere questo disco portante il nome di due, un insieme di pezzi incorniciati a dovere che si muovono su territori post rock e convincono sin dalle prime battute, ottenendo un’omogeneità di fondo a tratti granitica, a tratti cadenzata, ispirata, imbrigliata in quegli arpeggi ridondanti che fanno la differenza ipnotizzando e favorendo l’accesso a mondi lontanissimi e in continua evoluzione. Due è un lavoro importante sotto molti punti di vista, un lavoro che non cerca l’immediato riscontro, ma che piuttosto si fa proverbialmente assaporare lentamente in ogni sua singola sfaccettatura.

Andrea Carboni – Due [] (Autoproduzione)

Ci troviamo al cospetto di una meraviglia sonora.

Il cantautore approccia lo stile, legato il tutto da una parabola ascendente e elegante, dal gusto romantico e irrinunciabilmente nostalgico.

Ascoltando andrea-carboniAndrea Carboni non possiamo rimanere indifferenti ci sono i La Crus, Afterhours, Paolo Benvegnù e quel cantautorato-rock tanto caro al mood impegnato e fantasioso allo stesso tempo che incanala energia e underground pronto a sprigionarsi ad ogni singola nota.

Andrea è poliedrico musicista che in questa ultima prova è affiancato dalla capacità di Rodrigo D’Erasmo (Muse, Afterhours) nel fondere archi sovraincisi mentre la parte dei fiati è assegnata a Enrico Gabrielli (Afterhours, Calibro 35, Mariposa e altre decine di collaborazioni) altro musicista dallo stile imprevedibile e surreale.

12 in tutto sono le tracce millesimate nelle parole e nella sostanza che non concede spazi di disapprovazione, un lavoro dalla dinamica fresca e coinvolgente, un disco legato al ricordo, alla penna che scrive parole su diari segreti fintanto che il colore non si esaurisce lasciando in fondo una sola e piccola macchia d’inchiostro.

“L’amoredopodomani” è già un piccolo riassunto del disco “Ricordi ogni tanto del nostro amore che anche se non è mai stato detto sapeva di un fiore”.

“Lento” è ballata rock con voce semi distorta che si fa muro contro la società.

“Vinceremograzie” è canzone contro sogni da uccidere e ricreare come nei migliori film e dove il sequel di “Dove sarai” fa da trait d’union all’emblema dell’avere solo ciò che si vede.

“Mille” abbraccia la parte più sostenuta del disco mentre “La migliore che ci sia” ricorda i Marlene di “Senza peso” , la pioggia si fa sassi che cadono dal cielo ricoprendo ciò che è inutile.

Alla strumentale “Rango” segue “Magari” canzone che racconta di chi fugge perchè ha vissuto troppo senza sapere dove la strada porta: “Magari mi piacerà, magari respirerò lo stesso…magari mi sono sbagliato sempre e forse questa vita non è mia”.

“Leinonsachisonoio” scivola come incroci di Brondi e Prince Billy mentre (Magari) è poesia notturna e silenziosa.

Il disco regala le ultime due ballate: “Il male minore” strizza l’occhio al Corgan migliore mentre “Bam” è buonanotte calda e avvolgente.

Nessuno può pretendere senza dare, nessuno può ricevere amore senza donarlo, il sole forse ci raggiungerà domani e noi attenderemo, perchè nessuno è più solo dopo l’ascolto di questo disco.

 

 

http://www.andreacarboni.it/?audio=due