Don Rodriguez – La sostanza dei fatti (Dischi Soviet Studio)

Secondo disco per il power trio piemontese che fa dell’essenzialità in rock un punto di contatto e nel contempo di scissione con tutto ciò che è stato il passato, con quell’Indimenticane recensito qualche tempo fa su queste pagine virtuali. La sostanza dei fatti, come dice il disco stesso, è un ritornare in qualche modo alle origini, alle radici, attraverso canzoni che non si chiedono troppo, ma cercano, con una vena velatamente pop, di comunicare attraverso ritornelli contagiosi e alquanto interessanti. La formula proposta ricorda per approccio i primi Baustelle, i MiSaCheNevica, spruzzate di Interpol e una vena funk che attraverso alcuni pezzi pone in rilievo la cangiante metamorfosi di tracce registrate in presa diretta e cariche di quella dimensione live che potrebbe, su di un palco, stupire. Da Agosto fino a Vado a vivere in Brasile, passando per il singolo Illogico e altri brani di spessore come La Primavera del ’93 e Se tanto mi dà tanto i nostri intascano una prova d’insieme accattivante, schietta e diretta; un disco sincero che parla di fatti e circostanze, stati d’animo ed egregio impegno nell’osservare un mondo in perenne cambiamento.


Don Rodríguez – L’Indimenticane (Dischi Soviet Studio)

Band travestita da cantautore e cantautore travestito da band per la nuova fatica della Dischi Soviet di Cittadella, Padova, che continua nella promozione di gruppi che si esprimono in italiano per cuori da marciapiede che si stringono, per guardare avanti con gli occhi tesi al futuro.

Questa volta è il turno di Don Rodríguez, band proveniente dal Piemonte orientale che lega in modo indissolubile un cantautorato leggero e ispirato dai momenti della quotidianità, alle divagazioni pop alternative che si aprono al rock naif, quasi improvvisato e dimesso, in grado di regalare emozioni a non finire, concedendosi in arrangiamenti essenziali che strizzano l’occhio all’indiepop degli ultimi anni.

Definirli comunque non risulta impresa facile e nemmeno lo ritengo degno per qualsivoglia band o musicista che sia, il tutto suona ovattato e pronto ad esplodere, un implodere ed esplodere che non lascia scampo, attimi di meditazione per affilare le dita in refrain dal sapore convincente e incisivo, sonicità ribadita in tutto e per tutto da una potente base ritmica e precisa che permette alla chitarra di fare il proprio corso senza chiedersi troppo, ma concentrando l’obiettivo più sul connubio voce/testi che cerca di creare all’unisono 14 pezzi legati da un filo, composti di un puzzle da ricostruire per fondare memoria.

Ecco allora che le tracce compongono un quadro non troppo definito, ma che lascia all’ascoltatore la capacità di immedesimarsi nei racconti che il trio piemontese lascia intuire, l’inizio è affidato alla proverbiale Primo Carnera per proseguire poi con le allucinazioni cosmiche di Per combinazione e via via all’essenzialità di L’amore al tempo di Hitler, chiudendo il cerchio con le riuscite La stagione degli Alisei e Stazione 28.

Un disco che sa di dipinto astratto, che sa di pioggia d’autunno e fiori di primavera, un album per tutte le stagioni da ricordare nel tempo, lasciandoci il cuore.