Glass Cosmos – Disguise of the species (Autoproduzione)

Magritte e la fotografia: lanciata in copertina una donna pesce,  in trappola, pescata e riciclata, usata e abbandonata; come se i sentimenti non fossero più materia del vivere quotidiano, ma soltanto il risultato di un’immobile decomposizione.

4 amici che suonano assieme da tre anni e che decidono di dare vita ad un disco di alternative rock che attinge la propria matrice di fondo in una post new wave articolata da suoni dirompenti e calcolati, accompagnati da melodie post grunge in un incontro irrinunciabile di quello che è diventato il genere per eccellenza da qualche anno a questa parte.

I nostri si giocano una carta importante, vincendo una scommessa con loro stessi e con tutti quei gruppi che in qualche modo tentano di scimmiottare Editors, Interpol e Placebo su tutti; i Glass Cosmos oltre ad essere degli ottimi musicisti incanalano decine e decine di ascolti disseminati in diversi territori per fondere il loro vissuto in un disco che abbraccia suoni già sentiti, ma allo stesso tempo pieni di quell’energia matura che colpisce già dal primo ascolto.

Meraviglioso il singolo Chrono che ha già fatto carica di ascolti sulle piattaforme più conosciute del web, concludendo un album da riascoltare più volte per poterlo apprendere e rielaborare sotto altri punti di vista.

Nonostante sia per loro il primo full length, questo Disguise of the species brilla di luce propria quasi stesse ad indicare, dopo il mare, una nuova strada da seguire.