Davide Solfrini – Ultravivere (New Model Label)

Davide Solfrini - Recensione - ULTRAVIVERE (Cantautore, New-Wave,  Alternativo)

Ballate antropologiche che si stagliano all’orizzonte intessendo trame di strumenti in evoluzione che accompagnano capacità di attingere dai vissuti un posto di cielo da occupare. Il nuovo di Davide Solfrini convince per eterogeneità raccolta coagulando elementi del passato con qualcosa di più naturale e contemporaneo. Ultravivere è una parabola ascendente della nostra società. Gli elementi costitutivi del disco instaurano bagliori da ricercare negli spazi di vita sovrapposti e nei continui elementi di innovazione autorale portati ad esempio nell’intera produzione. Melodie di facile appeal come in Smontati la testa, Ultravivere e Terra straniera lasciano il posto all’introspezione d’autore in pezzi come Un pescatore e Aria diversa. Un rock che incrocia la new wave e colora di nero un mondo dove i colori non sono sempre necessari. Il disco del nostro riesce nell’intento di raggruppare in musica un pensiero che ascolto su ascolto si fa sempre più vivido e reale.


Davide Solfrini- Vèstiti male (New Model Label)

Indossiamo vestiti per apparire o per far parte di un mondo che magari ci sta stretto, tra le solitudini quotidiane e il nostro vivere male che ci porta inesorabilmente a fare i conti con il nostro io, con noi stessi, tra le difficoltà di ogni giorno e quella forza che ci appartiene e che ci fa andare avanti oltre ogni cosa. Davide Solfrini continua la sua ricerca musicale attraverso panorami intrisi di verve poetica e letteraria, dove la ricerca testuale si sposa e va di pari passo con quella delle sette note, lo possiamo capire già dalle prime battute del nuovo disco, Vèstiti male, attraverso quella Portiere Notturno che sembra racchiudere un concetto essenziale presente in tutto il disco e cioè quel mondo mostruoso di cui facciamo parte, quel mondo che non riconosce l’essere umano come tale, ma piuttosto ne sottolinea i lati deboli e le continue sottomissioni; dal mondo lavorativo appunto, fino ad un mondo estetico raccontato nella title track, per arrivare all’oscurità dell’anima di Una volta ero un uomo diverso il nostro intasca una prova caratterizzata da chitarre anni ’90 e quel piglio malinconico e introverso che ben si lega al concetto di abbandono sociale presente nel nostro incedere quotidiano.

Davide Solfrini – Luna Park (New Model Label)

E la giostra gira e gira, ma non per tutti perché per un secondo la vita può anche fermarsi, magari non riaccendersi mai più, nella speranza che quello che si è vissuto sia abbastanza da portare con sé.

Davide Solfrini nella sua nuova prova, Luna Park, racconta attimi di vita vissuta con un cantautorato fresco e a tratti malinconico, ispirato dalle grandi ballate rock del passato e da quel sapore del tempo che non ha mai fine.

Racconta storie, storie di tempi perduti che abbracciano inevitabilmente gli ultimi esseri umani in gioco in questa terra, ma che sono l’esempio di come sia necessario riscattarsi e credere che tutti insieme possiamo creare qualcosa di diverso, più vivibile ed essenziale.

Ecco allora che proprio per raccontare questo, come in Lavanderia o ancora più direttamente in Mi piace il blues, viene usato un linguaggio più diretto, andando alle origini del mito e della classe da dove il tutto è partito ed è potuto divincolarsi da quella canzone radiofonica che tanto era cara all’italietta degli anni ’50.

Il blues quindi espressione di umana verità che si fonde e confonde nel cantautorato rock del Dylan anni ’70 quando alla formula voce chitarra si era aggiunta una vera e propria band.

Un disco pieno di spunti di riflessione questo, che racconta con veritiera capacità e con un piglio ironico il nostro sentirsi parte di un qualcosa che non ci appartiene, un restare al mondo che ci obbliga a tenere gli occhi sempre ben aperti, ma che non ci impedisce per questo, di scoprire l’essenza della vita.

 

 

Davide Solfrini – Muda (New Model Label)

Davide Solfrini da il via ad un rivoluzione nel cantautorato che si esprime criticando una società piena di vincoli e catene, senza parole per comunicare e dove l’uomo, oggetto di sperimentazioni industriali, è succube del profitto quale sola arma per raggiungere uno scopo e dove il capitale umano è sempre più denaro che persona.

Una commistione di genere in “Muda” che fin dalle prime canzoni si identifica in modo approssimativo ad una identità sperimentale e seduta a riflettere verso il sole che può ancora arrivare.

Come in una rotazione di pianeti, un vortice di trame sospese, il nostro amalgama una voce radiofonica ad improvvisazioni elettroniche dove il nulla è lasciato al caso e dove le speranze si fanno meta concreta ed espressioni di possibile cambiamento.

Bellissima “Muda” come la silenziosa “Marta al telefono” o la critica “Ti piace quello che mangi?” passando per la corale opalescenza di “Cristallo” per finire con un live etereo della title track.

Un disco pieno di impressioni esistenziali, dove si sprigiona poco a poco quell’animo anarchico che è insito in ognuno di noi e che qui si fa musica veicolando, con poche risorse, molti risultati.

Un cantautore con esperienza e si sente, in grado di trasformare un triste vivere in speranza continua.