Soviet Malpensa – Astroecology (Costello’s Records)

L'immagine può contenere: montagna, cielo, nuvola, spazio all'aperto, sMS e natura

Costrutti esistenziali che si spingono oltre le consuetudini attraverso un suono contaminato da diversi generi osando e soprattutto fregandosene dell’opinione pubblica, ma con il preciso intento di colpire e far sussultare un proprio stato interiore, il proprio essere alle prese con l’affacciarsi simultaneo alla musica moderna. I Soviet Malpensa sono una band cresciuta tra le provincie di Milano e Varese, una band in costruzione che attraverso il loro nuovo Astroecology riesce a sedimentare gli agglomerati di genere per creare una specie di concept capace di domandarsi e che ritrova nell’esigenza di esplorare altre galassie un punto di contatto inevitabile con questo nostro mondo, con la terra che ingloba. Nelle loro canzoni ci sono echi di psichedelia, c’è lo shoegaze, ma anche del sano rock dilatato che apre gli spazi e ci consente di virare la nostra testa e le nostre ambizioni verso un territorio da scoprire carico di incertezze, ma memore di cosa è stato il passato. Ascoltare Astroecology è un po’ come tuffarsi nelle profondità dello spazio attraverso una navicella interstellare per dare un senso diverso a tutta questo buio che ogni giorno dobbiamo affrontare. 


Colla – Proteggimi (Costello’s Records)

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Canzoni che ti entrano dirette nel corpo e non ti lasciano più, come macigno si insidiano piano e poi aprono voragini di pensieri che attraverso le delusioni della vita instaurano un mondo in avvicinamento in contrasto con tutto quello che sentiamo, con tutto quello che ci gira attorno. I Colla sono un trio esplosivo dalla provincia di Vicenza, i membri del gruppo sono stati parte integrante di band come Polar for the masses, Soyuz e Oltrevenere e grazie a questo nuovo progetto in evoluzione riescono nell’intento di percepire i malumori e le vicissitudini di questa nostra malata società qui raccontata con sguardo introspettivo e mai banale partendo proprio da quella Vicenza che è spudorata apertura sonora a tutto il mondo corale che successivamente si andrà a delineare, passando per la bellissima Balordo, Non sono indie o la finale Terra in un cerchio di illusioni geometriche portatrici di significati.  Proteggimi è in primis un richiamo, un desiderio, un bisogno di uscire allo scoperto, ma nel contempo un desiderio di far percepire le proprie fragilità che nonostante l’impeto espresso in questa manciata di canzoni, sono vive più che mai e sono in grado inoltre di raccogliere l’eredità del passato con rinnovo impattante. 


Cult of Magic – :O (Autoproduzione)

Percorsi di ricerca, scissione, ambiti immaginifici che prendono spazio, guadagnano tempo, si instaurano e si insidiano all’interno di pensieri in dissoluzione e mantengono sempre costante quel bisogno innato di creare, sperimentare, stupire. Il collettivo Cult of Magic costruisce una prova davvero insolita dove la presenza di più menti permette di aggiungere il giusto apporto per costruzioni sempre diverse, in fase di esposizione attiva e architettonicamente in evoluzione dove le sfumature presenti sono sempre un punto di contatto con qualcosa di indefinito, con qualcosa che non ha una fissa origine, ma piuttosto capace di entrare direttamente nel buio che avanza e dove solo magie di alto livello possono riconsegnarci il mondo che vogliamo. :O è un insieme ben ideato di psichedelia cosmica di difficile decriptazione, ci sono i versi e ci sono le musiche, c’è la sperimentazione del linguaggio-suono e di tutto quel concentrato di rumori che prende vita poco a poco per dare un significato al caos innaturale dell’attualità. I Cult of Magic hanno ideato un labirinto dove la via d’uscita è un fascio di luce accecante bellezza e sostanza da maturare nel tempo.

IN.VISIBILE – Exotic White Alien (Prismopaco Records)

Tuffo nel passato, tuffo nell’elettronica condivisa e unita a forme desuete di passaggio che incrociano gli anni ’80 con qualcosa di più moderno e nel contempo più arcano, quasi proveniente da un altro mondo o perlomeno distante dall’idea occidentale di musica per come la conosciamo. Nell’album di IN.VISIBILE si nascondono le fusioni con terre lontane, c’è l’amore per il suono metropolitano, sintetico, grigio e a tratti cupo con ambizioni che si affacciano alla musica magrebina e indiana in sodalizi che in questo Exotic White Alien si divincolano a dismisura dal già sentito e trovano un proprio canale di sbocco in una musica ben suonata e digerita, frutto di un lavoro di cesello e finemente lavorato ad arte, dando un senso maggiore al tutto con la partecipazione, ancora una volta, del produttore/musicista Lele Battista e di Paolo Iafelice nella fase di missaggio ad inglobare un punto sempre più alto nella carriera del musicista piemontese. Andrea Morsero in arte IN.VISIBILE costruisce una prova davvero interessante che sa mescolare con importanza la new wave e la psichedelia oltre oceani in un disco di sicuro impatto introspettivo.

Barack – Lose the map, find your soul (Prismopaco Records)

 

Viaggio cantautorale raffinato e introspettivo dove i colori di fondo oscuri si amalgamano in un concentrato di sfavillante sogno capace di intessere trame legate ad un mondo componibile, un mondo in costruzione che erige edifici di sabbia e li distrugge con la velocità della luce meravigliando l’ascoltatore con appeal emozionale e rapide ascese verso questo e altri universi, verso miriadi di stelle che si fanno veicolo linguistico per il cantautore di origini italo-francesi Lorenzo Clerici in arte Barack. Un cantautore dall’animo sopraffino che ricorda i lavori di Nick Drake fino a The Niro passando per le solitarie esigenze di Jimmy Gnecco e i suoi Ours in un cantato crepuscolare che si muove negli anfratti della nostra coscienza instaurando architetture di rara intensità. Pezzi come Lines, Lies, Victory sono in costante rapporto con un senso da costruire, un senso del tutto che si apre verso questo e altri traguardi per un confine superato che diventa linea proprio quando l’amore verso la bellezza trova il suo senso più profondo e da la possibilità a dischi come questo di uscire allo scoperto.

Vikowski – Beyond the skyline (Costello’s Records)

Poesia sonora dal gusto internazionale che abbraccia e si posiziona dietro la linea dell’orizzonte e protende le proprie aspirazioni a creare un suono curato, elettronico e sintetizzato quanto basta per dare vita ad un’emozione costante che si respira lungo le otto tracce che compongono questa prove davvero notevole. Un disco capace di incontrare le introspezioni dei The National, passando per James Blake e Bon Iver in sodalizi che vanno oltre le apparenze, concentrando nel testo vissuto e raccontato per immagini un amore nei confronti della solitudine, del tempo che scorre, degli amori senza fine, protendendo un concetto e accarezzandolo fino al calar della tenebre, fino a quella sera che è portatrice di luce buia nel crepuscolo, fino a quel minimale di fondo che parla di sentimenti mai raggiunti e speranze da ammirare per suoni pop che vanno oltre e intascano una gratitudine per la vita che come emblema stratifica il bisogno di maggior musica come questa per vivere in un mondo migliore: una musica pensata e sofferta, una musica che parla di noi.

Gospel – Gospel (Costello’s Records)

gospel

Rock di costruzione importante e di sicuro impatto che mescola la melodia al cantautorato in blues con chitarre acide e lisergiche che affondano le proprie radici nel garage di Jack White a comprimere gli spazi di realtà con i sapori d’altri tempi, ma riportando il tutto ad una modernità d’insieme che si accosta facilmente con le potenzialità espressive di band italiane come i Public, ad innovare un territorio con testi nostrani impreziositi da una formula internazionale dal forte spessore musicale. I Gospel sanno il fatto loro e ce lo fanno capire attraverso un indie rock davvero importante, dove le parole suono acquisiscono necessità vitale nel delineare quadri d’insieme che si stagliano all’orizzonte in maniera quasi comprimaria alla luce che emanano le canzoni stesse in un divenire che tesse le trame per soddisfazioni future e riesce ad imbrigliare nel cielo un rock mai scontato sottolineato dall’importanza dei testi, una scrittura che si fa veicolo emozionale, dalla bellissima Ogni piccola guerra fino a La mattina di Natale i nostri confezionano un disco che parla di umanità e di piccole cose mantenendo nel tempo i sogni inespressi.

Fujima – Fujima (Hopetone Records)

Ep denso di interventi musicali, capace di scavare nelle viscere e dimenarsi tra chitarre in arpeggi e rifacimenti collettivi che attanagliano, attraverso un ritmo ben serrato e concettuale la musica di fine anni ’80, inizio, ’90 quel rock contaminato e underground senza pregiudizi e in grado di convincere attraverso forme di sperimentazioni oltre i confini del pop più nudo e crudo, assicurando bellezza variopinta, ma nel contempo legata ad un filo rosso che rende omogenee le tracce proposte in un sostanziale abbandono della forma per valorizzare sostanza e costruzioni sonore impacchettate a dovere, dalla prima Spaceship Girl passando con voracità nella riuscita Goodtimes fino al finale di Outside the cold storage per una manciata di brani di senso compiuto che operano oltre gli orizzonti sonori, tra dinamiche convincenti, indie rock non clamoroso, ma vissuto e tanta, tanta capacità di amalgamare la costanza con le esplosioni sonore che in questo album si alternano come mare cullato da tempesta costante.

The Circle – How to control the clouds (Prismopaco Records/Costello’s)

Come controllare le nuvole, tra sbalzi umorali e tempeste in arrivo, i nostri torinesi The Circle ce lo spiegano, confezionando un ottimo lavoro rock dal gusto internazionale capace di concentrare gli spazi angusti in esplosioni pop che colorano l’aria e abbracciano tempestivamente le orme caratteriali dei primi 2000, facilmente accessibili a delay che diventano per l’occasione un marchio di fabbrica a ristabilire un giusto equilibrio tra introspezioni d’animo ed energia pronta ad uscire in qualsiasi momento, facile viene il paragone con i britannici Coldplay, sia per stile che per orecchiabilità della proposta, in cerca di una fase sempre attiva di sperimentazione, simili per certi versi a quel  X&Y che ha visto la band capitanata da Chris Martin porsi tra un crocevia che lega passato con il futuro; i nostri però, in questa prova, si propongono attraverso una forte dose di personalità e coraggio, dentro ad un mondo che è in continuo e veloce sviluppo, loro sono lì a raccontarlo e lo fanno attraverso pezzi come Shadows, The Endless Sky, Love don’t cry per un disco che ha una modernità impattante di fondo pronta ad esplodere in ogni momento per colorare un mondo che ha bisogno ancora di luce.

Marabou – The end of the rainbow (Costello’s)

album The end of the rainbow - Marabou

Schiettezza elettronica che riapre tentativi di fuga verso una dance potenzialmente contagiosa che gestisce con un ingegno un disco fatto di emozioni chiaro scure, che si inabissano nel profondo fino a destreggiarsi in modo quasi miracoloso partendo dalla new wave degli anni ’80 per arrivare ai giorni nostri, in un viaggio che abbraccia culture e si protende verso il cielo, proprio verso quell’arcobaleno colorato da cui veder la fine, forse la fine di questo tempo, sta di fatto che il nostro Giovanni Alessandro Spina, in arte Marabou, congela l’apatia della macchina per confezionare una prova di respiro internazionale, grazie ad un uso sapiente degli strumenti in possesso e grazie anche ad una forte dose di creatività, capace, fino all’ultimo, di costringerci ad ascoltare proprio quella Sunset che stabilisce il confine tra ciò che è stato e ciò che verrà, per ripartire con Garden’s Dream, l’incipit di questa miscela ultraterrena; ancora i colori quindi, ad indicare la via, la strada da percorrere, verso la luce interiore che comprime e si apre a dismisura per inglobarci per sempre in elucubrazioni sonore bisognose di aperture vocali per così dire minimal, tra testi surreali al limite con l’astrattismo e  una caduta nel profondo bisogno di comunicare, attraverso un loop continuo, attraverso una forma di gratitudine verso ciò che ci circonda.

Spiriti affini: