Venus in furs – Carnival (Phonarchia)

Roboanti e menefreghisti, ma che sanno raccontare senza peli sulla lingua di circostanze astrali che rimandano alla vita di tutti i giorni, forse ci viene da associarli ai Ministri o agli Zen Circus dopo un primo ascolto anche se qui sparisce la spontaneità velleitaria atta a raggiungere un punk trascinante in quanto i Venus in furs intascano, da subito, una prova matura e costruttiva priva di orpelli inutili e diretta al nocciolo della questione, parafrasando egregiamente i vissuti di ogni giorno e trascinando con spirito unico undici tracce in bianco e nero tra distorsioni volute e testi sempre abrasivi.

I nostri parlano di noi e di quello che ci gira attorno, lo fanno prendendo sempre delle posizioni nette, spiegazioni per l’occasione accompagnate da una voce più incisiva che mai, merito del tempo, certo, merito anche della maturazione che non teme di calcare i grandi palchi senza far da spalla a nessuno.

Un disco da ascoltare tutto d’un fiato, con canzoni che ci accompagneranno ancora per un bel po’, a segnare quel cammino di solitudine e rabbia incastonato perennemente in una foto d’altri tempi e soprattutto con il coraggio d’altri tempi.