Drown – Blues (Selvatico dischi)

Blues

Cantautorato per stanze prive di luce dove l’ammaliante desiderio di scoperta si diffonde attraverso compensazioni astrali che illuminano di bellezza le stelle sopra di noi. Bellezza quindi sussurrata, raccolta nell’incedere, mai dilagante, mai gridata, ma piuttosto confermata attraverso i solchi di vita impressi nel volto di chi questa musica la crea e la compone. Musica da terra d’Albione incastonata nelle rocce e nelle speranze di un futuro diverso. Musica minimale che ricorda il Buckley del Live at Sin-é o le performance acustiche dal vivo di Jimmy Gnecco degli Ours incrociando una commistione di elementi quasi a creare un pop prog futuristico e mai confinato alle brutture contemporanee. Blues è un disco che deve essere assimilato, un album sfaccettato che colpisce al primo ascolto, ma che nel contempo regala sorprese e meraviglie in divenire in grado di essere gustate a piccoli pezzi, in modo lieve, quasi impercettibile, unico.


Vankery – New life (VREC)

VAN KERY ▻ New Life (Vinile / Pre Order LP ) - Vrec.it

Anni settanta gridati a squarciagola con un pizzico di echi legati alla decade successiva caratterizzano un’uniforme visione granitica di ciò che è stato all’interno di un compartimento stagno dove l’imprevedibilità non è di casa, ma piuttosto, il tutto, sembra quasi un omaggio, un lascito verso ciò che non c’è più. Blues, rock, strade infinite da percorrere e ritmi in prosecuzione costante regalano una nuova vita ai nostri Vankery che per l’occasione partoriscono un’idea che potrebbe sembrare desueta, ma che in verità nutre costantemente l’esistenza di numerosi estimatori. Il disco, composto da nove brani, stupisce per compattezza d’insieme, pochi orpelli e tanto sostanza interiorizzata dalla band di Catania che effettua un tuffo nel passato per regalarci un amarcord contemporaneo da vivere ascolto su ascolto. Da Runaway, singolo di apertura, fino a Let me sleep, passando per Perfect love, Chasing me, la stessa title track, i nostri sanno suonare, sanno comporre e riescono a dare modernità viva e lucida ad atmosfere a tratti non più respirabili, ma perennemente vive.


Manco – Sedici:Noni (Apogeo Records)

Musica da viaggio dichiarata e sospesa all’interno di bolle iridescenti capaci di trasportare il colore del nostro mutamento, il colore del nostro venire al mondo. Nel nuovo di Manco si tende a sottolineare una realtà espressa in quotidianità afferrata. Una realtà in bilico e sospesa sopra ogni ragione d’essere e pronta a colmare il nostro senso di smarrimento con racconti che diventano necessari e completi. Un album fatto per seguire i sentieri della vita. Un insieme di canzoni che si muovono sostenute da un appeal rock sporcato dallo storico blues. Da Anime strette a Febbraio il nostro concede spazi al nuovo vento che verrà, ingabbiando la parola fine all’interno di mura indistruttibili. Sedici:Noni è una visione, una fotografia descritta e dichiarata, un fermo immagine che cattura lo sguardo e attraversa i nostri pensieri. Il nuovo album di Manco sa raccontare e sa farsi trovare nel posto giusto al momento giusto, proprio quando meno te lo aspetti. 


Nues – Lucido (Autoproduzione)

Suoni che abbracciano il tempo passato e si fanno portatori di un suono blues in questo disco dei Nues, progetto nato per cercare di dare ispirazione e melodie ad una musica latente capace di coordinare temi attuali e interiori con suoni velatamente rockeggianti che si muovono su quel confine non sempre preciso che comprende e sfiora la musica d’autore con le tinte oscure di un suono elettrico in profusione continua. Nues in sardo significa nuvole e grazie a questo insieme di canzoni i nostri ci fanno entrare all’interno di un mondo fatto di disillusioni ed età adulta raggiunta, di rimpianti forse, ma anche di desiderio contemporaneo di esprimere qualcosa, un significato, un pensiero, una metafora di vita. Lucido è la rappresentazione quindi di uno stato fisico e mentale ben evidenziato con pezzi quali Genova, Il blues dell’ubriacone, Strana-Mente e Occhi di vetro, canzoni che intensificano significati quando si percepisce tangibile la presenza di Davide Marzocchi alla tromba, strumentista capace di dare un valore aggiunto alle già buone composizioni di base in un risultato finale che nella conclusione New raggiunge apici davvero importanti. Lucido è la consapevolezza di avere tra le mani un disco capace di racchiudere gli interi attimi di una vita in rock.


Four Tramps – Pura Vida (TRB rec)

Misurare la potenza dello sporco blues non è mai troppo facile, anzi si tende ad ingaggiare una sfida contro stereotipi di genere e cliché che si possono tranquillamente evitare dando un senso profondo alla ribellione e alla desolazione che si respira approcciando questo stile ad un modo di essere, ad un modo di vivere. I Four Tramps fanno della loro esistenza qualcosa da mettere su disco e ci riescono alla perfezione perché sanno coniugare in modo esemplare le asperità della vita moderna utilizzando un’ironia di fondo che lungo l’intero arco dell’album si può percepire pur parlando di fatti che respiriamo giorno dopo giorno in un’esplosione distorta e comprensibile, chiara e speculare. Ecco allora che le canzoni scorrono veloci da A distanza dalla dignità fino a Theater of the drums in un saliscendi di potenza controllata e parole che si fanno racconto dimenticando l’inutilità e concentrando il proprio equilibrio su una manciata di suoni che rendono l’omogeneità un particolare da non trascurare ed implementare a dismisura dando vita ad un percorso di Pura Vida capace di far sognare ad occhi aperti un nuovo istante da incorniciare.

Twang – Nulla si può controllare (Autoproduzione)

album NULLA SI PUO' CONTROLLARE - TWANG

Quattro pezzi che sono la summa di un costrutto da cui partire per intavolare partenze blues e arrivare a ballate beat che strizzano l’occhio agli anni ’60 e si concedono in un dileguarsi metafisico e quasi psichedelico adombrando il mondo circostante e costringendo elementi in dissoluzione a fare la loro entrata trionfale. Sporco garage e nel contempo raffinato pervade la breve prova dei Twang, band torinese che con il loro primo disco sanno trasmettere energia in tutte le direzioni, partendo con Neanche un colpo e finendo con Maschera con il il chiaro intento di svelare una sottile e leggere parte di universo che ci sta attorno e che ci rappresenta, giocando un po’ con le parole, ma arrivando al punto in direzione quasi ostinata e contraria. Muri che levitano in distruzione e un martello e un giratubi in copertina a segnare una buona prova d’esordio che merita l’espansione naturale in un full legth che spero non si faccia attendere. I nostri sono sulla giusta strada.

Pistoia Blues – Compilation Next Generation 3 (VREC)

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Tripletta per la VREC di David Bonato e la compilation del Pistoia Blues, tre anni consecutivi nel raccogliere i migliori talenti usciti dal concorso Obiettivo Bluesin e qui raccolti in un composto davvero notevole, dove generi di diversa caratura e peso sono amalgamati nella costruzione di diciannove canzoni intense e a tratti sbalorditive. E’ bello pensare che ci sia ancora la possibilità, come negli anni ’90, di avere un quadro generale di un determinato momento, di un determinato contesto qui raccolto in un cd in edizione limitata a trecento copie, un disco capace di rendere ancora più preziosa l’intera produzione. C’è Borrkia e la sua big band, Maurizio Pirovano, Frank DD & Friends, ma anche nomi meno noti, ma impattanti come Diraq o i Ramrod che con la loro October chiudono il disco e aprono speranze per il futuro. Un insieme di musica davvero esemplare e dall’alto livello intrinseco capace di perfezionare e dare la possibilità a numerose band di garantirsi una vetrina unica per i sogni a venire.

Carlo Mazzoli – Avalanche Blues (Autoproduzione)

Disco d’esordio in solitaria che accarezza il vento e la brezza marina per ricondurre cascate di parole ad una forma essenziale, quasi primordiale, cogliendo sfumature e aspetti di vita intersecati ad ogni mirata latitudine. Carlo Mazzoli dopo l’esperienza con i Dead Bouquet e dei Rubacava Sessions ci regala un disco malinconico caratterizzato da accenni di sorpassi graffianti che rendono l’album apprezzabile sotto molti punti di vista. C’è il passato del primo Springsteen e dei cantautori che hanno fatto la storia della musica come Dylan e Cohen e c’è un piglio di modernità sfiorata con stile e rimandi a Rufus Wainwright e movimento in dissoluzione nelle canzoni più energiche di band come REM e Counting Crows concedendo all’ascoltatore spazi di pensiero in un disco ben amalgamato che come fiume in piena ci trasporta attraverso il suo significato più profondo. Dall’apertura di Avalanche Blues fino a On the horizons e passando per quella Steel rails blues firmata dal cantautore country canadese Gordon Lightfoot il nostro Carlo Mazzoli ci consegna un prova che porta con sé un leggero sapore di polvere e sedie a dondolo, verande di legno e solitari pensieri che si aprono all’orizzonte.

Jacques & The Eyerules – Get Ready (Autoproduzione)

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Li senti da lontano i suoni del passato che come calda coperta ti rassicurano e ti coprono nel freddo invernale, suoni avvolgenti quindi che attingono direttamente la propria forza nella potenza del blues sopraffino e nell’elegante commistione di un rock adulto sporcato da un cantautorato essenziale e vibrante attesa. Nel terzo album di Jacques Pedretti continua la ricerca sonora che crea ponti con la musica di un tempo andato, ma proiettata inesorabilmente nel presente, da Hendrix fino a Ben Harper passando per le atmosfere dei Cousteau in un andirivieni che ha il sapore del sudore e dei palchi, del suono che esce attraversato da jam session di potenza espressa da quello stesso power trio finlandese che cuce su misura l’abito/canzone che lo stesso frontman vuole realizzare. Il risultato è un disco davvero ben congegnato dove gli ingranaggi della vita entrano in contatto con quelli della musica creando vibranti aspettative promosse a pieno titolo nel susseguirsi delle nove tracce che aprono con All about love e culminano nel finale con For you a legare indissolubilmente amore e radici profonde nei confronti di quel qualcosa di incomprensibile che portiamo dentro di noi.

Padre Gutierrez – Addio alle carni (Autoproduzione)

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Rock convincente sporcato dal blues imperterrito che dopo sferzate di pura energia si quieta e accarezza canzoni sofferte, introspettive e a tratti malinconiche in grado di dare un senso ad un substrato di fondo fatto di vite arrovellate  e colori oscuri manipolati al bisogno essenziale di centrare l’obiettivo della comunicabilità. Padre Gutierrez, all’anagrafe Mattia Tarabini, ci regala un disco impattante e nel contempo diretto, schietto, dove le parole acquisiscono il giusto peso e nella solitudine del momento riescono a riempire vuoti cosmici di bellezza sostenuta in pezzi come La donna dal velluto nero o Della mia carne ad infrangere quel celato, a dare un senso nuovo al buio che avanza. Sono dieci tracce suonate a dismisura in cui l’amore si consuma e rende nuova ogni cosa intorno. Il nostro suona per se stesso, lo fa perché c’è qualcosa che gli brucia dentro, lo fa perché è la cosa più semplice e reale da fare.