Matteo Prencipe – Bianco (Alka Record Label)

MATTEO PRENCIPE: “BIANCO”, UN DEBUT ALBUM STUPEFACENTE E RAREFATTO – THE MUSICWAY MAGAZINE

Rock autorale di rinascita che profuma di civiltà urbane in decomposizione e amori finiti male tra le pagine di qualche diario disperso nelle profondità del nulla. Il disco di Matteo Prencipe abbonda di infinitesimale conforto nel raccontare storie di tutti i giorni, nel parlare di significati oltre le aspettative che perlustrano e scandagliano i fondali  di un’esistenza contesa all’interno di un vivere, di un sentire che si fa pesante fardello da portare e condividere. I rumori dei giorni che passano diventano istanti da fotografare su polaroid sbiadite e la potenza di un rock ben arrangiato costruisce un’impalcatura necessaria per veicolare testi forse, a tratti, semplici, ma allo stesso tempo diretti e funzionali. Bianco è un album che unisce esperienze e fa della musica raccolta un punto essenziale da cui partire per creare unione nella diversità.


Barachetti / Ruggeri – White Out (Ribéss Records/DGRecords)

Lo spazio inteso come luogo dove vivere non è mai stato così ben definito, l’idea, il concetto di ambientazione sonora qui travalica il senso del già sentito per inglobare un’idea di musica, che musica non è, ma è narrazione lacerante di un racconto post futurista e egregiamente colpito fino al midollo, nella sua imperscrutabile essenzialità, maturata nel tempo, maturata negli anni.

Il duo Barachetti/Ruggeri intasca una prova innovativa che si fa prima di tutto interrogazione sul tempo che abbiamo davanti e su quello che è appena passato, una prova fluida e scarna, quasi malata, sintomo di un qualcosa che ci rende prigionieri, che non ci rendi liberi, ma è ossessione fanciullesca narrata, è abbandono e accoglienza in un moto perpetuo assordante, nel bianco e fuori di esso.

C’è del colore però nella narrazione, c’è il Ferretti del post CSI e tanto desiderio nel ricreare qualcosa che va oltre gli schemi precostituiti, abbattendo le tre dimensioni che conosciamo e facendo dell’elettronica una costante gravitazionale che annienta le produzioni odierne e si fa veicolo e funzione della stessa storia, dello stesso racconto sonoro.

Il bianco che fa da sfondo e l’oscurità che avanza già dal primo pezzo fino a convogliare le energie in quel fiume verticale di mirata desolazione; i nostri, con questo disco hanno saputo raccontare di luoghi inospitali, così vicini alla nostra anima dannata e capaci di infondere l’esigenza di uscire dalla scatola che ci tiene prigionieri.

Senhal – Bianco/Panoramica (Autoproduzione)

Un cantautorato d’altri tempi che si esprime quasi con grazia sopraffina come fosse una donna a piedi nudi sull’erba che danza fino allo sfinimento, tra leggiadre farfalle amichevoli e piccoli insetti che solleticano e salgono pian piano fino a comprimere il tutto in una poesia tascabile fatta di piccoli racconti post prog che per assonanza si rifanno facilmente alla musica targata ’70 italiana, il post figli dei fiori, in video in bianco e nero e purezza sostenuta non conclamata ma che strizza l’occhio in modo convincente fino all’altra parte dell’oceano.

Due canzoni completamente diverse tra loro, Bianco e Panoramica, ma che entrambe si domandano e si interrogano su temi esistenziali guidati da caparbietà e gioco di spirito, Bianco è il precoce invecchiare dell’anima rispetto al corpo, quando uno muore dentro e il mondo che gira attorno è solo sfocato contorno, Panoramica è il vedere da un punto di vista differente gli occhi degli altri, le città degli altri, le strade degli altri, che possono essere anche nostre solo se non perdiamo di vista il nostro vivere ed è ecco allora che il gioco riparte con Bianco e con l’esigenza fatta ricerca.

Un disco suonato e pieno di spessore, capace di andare fuori dagli schemi pur rimanendo in un’ottica di musicalità percepita che va oltre il vissuto, che va oltre la concentrazione per lasciarsi andare in un respiro profondo.