Babbutzi Orkestar – Babbutzi Orkestar (Autoproduzione)

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Suoni contagiosi e irruenti capaci di far alzare i piedi per poter ballare fino a notte inoltrata, un connubio inesauribile di stile che direttamente dalla penisola balcanica prende la giusta linfa vitale per portare sulle nostre tavole piatti sonori di vivace allegria contagiosa mai banale, ma piuttosto ragionata e servita con classe da vendere. La Babbutzi Orkestar è tornata abbastanza carica direi, con un suono definito da loro stessi Crossover da osteria perché riesce in qualche mondo ad unire in un’unica commistione vivacità e folclore combattivo in un vortice dall’approccio punk inesauribile e preponderante. Importanti pezzi come ChikyChiky e Tony Makkeroni non passano di certo inosservati, anzi consegnano all’ascoltatore una prova densa e irriverente per cinque brani in totale che si lasciano trangugiare come otre di vino. Il risultato è un suono avvolgente che ambisce a diventare un punto fermo, ma nel contempo in evoluzione per la band milanese che sa di continuo reinventarsi affacciandosi sul mare delle produzioni odierne con giusta arguzia e con una formula sensibile, divertente e ampiamente collaudata. 


Babbutzi Orkestar – Tzuper (Parruski & Makkeroni Production)

Strampalati portatori di un suono balcanico con testi non sense e disimpegnati che danno colore e calore ad una vita grigia, intersecando i sogni con l’esigenza di vivere in una spensieratezza contagiosa, ricca di approcci e riferimenti nel partorire una creatura che risiede fuori dai confini nazionali, senza dimore, senza desiderio di dimora e portatrice di quella velata ironia, come succede nel pezzo Caramella, che provoca nell’ascoltatore un senso di leggerezza a dispetto della formosa cover del disco.

Ascoltare la Babbutzi Orkestar è come assistere ad una rissa di ubriachi in un bar dove vedi le sedie volare e dove ti viene spontaneo sorridere a così tanta follia umana, anche se qui il tutto è incasellato in una ricerca notevole del suono tra rimandi a Emir Kusturica e Fanfara Tirana per pezzi caldi e irrefrenabilmente portentosi.

Un disco da ascoltare lungo l’estate che verrà, tra balli attorno al fuoco e matrimoni di un’altra terra, divisa solo da un pezzo di mare, che a dirla tutta non è poi così grande e così lontano.