Jack Adamant – Unkind (AR Recordings)

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E’ un disco esplosivo il nuovo di Jack Adamant, un album che si specchia all’interno dell’abisso musicale targato ’90, un abisso esplorato a dovere da dove è uscita la migliore evoluzione musicale degli ultimi decenni. Unkind racchiude il segreto delle cose migliori. Tracce omogenee nel creare una sorta di comunione d’intenti con l’ascoltatore che riescono a ristabilire un senso profondo di condivisione capace di andare oltre le barriere di questo nostro tempo. I Placebo incontrano gli Smashing Pumkins in un album dal sapore alternative che racconta delle nostre fragilità, del nostro perenne stare in bilico in un universo decadente e pieno di luci che non brillano sempre di bellezza. Jack Adamant mette a nudo i propri sogni, i propri desideri, lo fa con la capacità e il senso di chi non ha nulla da perdere. Da A gap in the sun fino a All the way through il nostro memorizza l’attesa per dare vita a qualcosa di pienamente vissuto e sentito.


Laura Lalla Domeneghini – Lallabies (AR Recordings)

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Stanze di bambini che trasformano carillon di un tempo che non c’è più in qualcosa di vivido e reale attraversando minuziosamente comparti tecnici di impressioni e colori che superano la mente e rendono vivido il ricordo, rendono unico e inconfondibile uno stile leggero, ma nel contempo personale accarezzando un blues che incontra il jazz e il cantautorato più sopraffino. Laura Lalla Domeneghini sforna un disco dalle tinte impressioniste dove le ballad proposte diventano mezzo di comunicazione necessario per farci trasportare all’interno di mondi sconosciuti e da conoscere, mondi in continuo divenire che aprono all’esigenza del perfezionismo introspettivo e convincono sin dall’apertura in volo sognante di Dream a lullaby, passando per Faces, Lallaby e la finale The beat ad infrangere cascate di elementi naturali che si raffrontano, che si rapportano a questo e ad altri mondi conoscibili. Il disco è una piccola perla leggera, un soffio di vento che quando meno te lo aspetti stupisce ed incanta per freschezza e naturalezza. Brava davvero. 


Staggerman – Hobos and Gentlemen (AR Recordings)

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Atmosfere di pallido declino che si intersecano con i rami secchi di un albero invernale attraversato dal vento che soffia sabbia e polvere in un vortice di costante richiamo ad elementi che non esistono più per come li conosciamo. Il nuovo di Staggerman racchiude la desolazione di un’epoca trasportata di gran carriera all’interno di un ibrido concetto che si dipana tra ragione e sentimento in un continuo ricercare la propria, vera e unica strada verso casa. Atmosfere alla Lou Reed, incontrano J.J. Cale e i Calexico per un desert affascinante che non ha paura di osare, ma piuttosto insegue un sogno che diventa incubo quando si toccano elementi che raggiungono le profondità indiscusse di Tom Waits. Hobos and Gentlemen è un disco che deve essere maneggiato con cura, un album davvero importante e quasi mistico, da assaporare ad occhi chiusi in una sera d’inverno, tra il calore di un abbraccio e lo sguardo di un addio. 


Guy Littell – One of those fine days (AR Recordings)

Musica folk che abbraccia il rock alternativo in un concentrato di vissuti ed esperienze che imbrigliano attimi e consentono di ricreare ad ogni passaggio momenti di luce e sensazioni nascoste per un suono che si fa vintage ed elegante, compresso altalenante ad aperture sonore che ricordano le solitudini di Neil Young e le malinconie di Jeff Buckley o Nick Drake. Guy Littell è un compositore solitario che si racconta attraverso dieci tracce personali e in sovrapposizione alla chitarra elettrica dell’amico Luigi Sabino portatore di uno stile unico e capace di influenzare il singolo pezzo, perpetuando arrangiamenti in quasi tutte le canzoni proposte. Il mondo del cantautore campano è un diario di vita vissuta che si esprime al meglio in tracce come So special, Better for me, Song from a dream o No more nights raccontando di luci appariscenti che sono solo un abbaglio per questi ed altri tempi e custodendo ancora per sé quella parte segreta e dolce che risiede vicino a ciò che abbiamo sempre sperato.

Jack Adamant – Lunch at 12 since ’82 (AR Recordings)

Disco solista che incasella rapporti e asseconda l’attimo in poesie acustiche ben suonate che rappresentano quasi un punto d’incontro, un punto di reale appoggio con la sostanza che imbriglia la luce per sperimentare momenti di vita in un percorso umano capace di raccontare e raccontarsi, un percorso che incrocia il cantautorato di Dylan e la voce di Brian Molko in una sperimentazione di arrangiamenti che vedono la chitarra prima su tutti creare contorni e dare un senso successivamente a sintetizzatori, alle volte troppo presenti, ma comunque capaci di creare linee melodiche di pacata raffinatezza. L’album di Jack Adamant è un piccolo spaccato di vita che raccoglie la bellezza del tempo che trascorre, sono cinque canzoni che partono dal momento, quel pranzo in famiglia puntuale dal 1982 e narrato con la semplicità di ballate acustiche intrise di velato mordente, da Easy to find fino a Without il nostro percepisce il momento e sente il bisogno di esprimerlo al meglio in un album che potrebbe essere e potrebbe farsi anticipazione di tutto ciò che verrà, tra strutture emozionali e lisergiche rappresentazioni della realtà.