Al the coordinator – Join the coordinator (Gas Vintage Records/Lumaca Dischi)

Assaporare il canto di una terra lontana, abbracciando alberi secolari e storie di vita che si imprimono nella mente e non se ne vanno, una coesione con il passare vicino alla strada da seguire, abbandonando però il semplice cammino e inoltrandoci lungo sentieri che sanno di polvere amalgamati all’energia del tempo, del legno, un batter le mani su di una grancassa vuota di una chitarra sbilenca, il lisciare quelle stesse tavole al sole di un nuovo giorno, presto, all’alba, aspettando il tramonto per questo disco che sa di pura essenzialità esistenziale, che sa di terra americana e nel contempo di terra d’Albione, in un vortice mistico racchiuso da personaggi straordinari e quella voce a rimettere in sesto i nostri animi e le nostre aspirazioni future, per un album, il primo album di Aldo D’Orrico, in arte Al The Coordinator, a ricucire un cuore aperto, a ridare senso ad una realtà, usando la delicatezza e l’eleganza, usando la bellezza delle forme e del continuare a ricercare la purezza, seduto nel porticato di una casa abbandonata, lui solo con la sua chitarra a prendere posto nel cerchio, sotto quel porticato, tra il crescere dell’edera e i mondi nuovi da scoprire e da raccontare.

Charly Moon – Charly Moon (LATLANTIDE/Edel)

Anfratti internazionali che sfociano in un pop rock ben suonato e amalgamato che lascia il tempo nascosto ad un passato da recuperare di puro stampo americano, in grado di sorreggere impalcature animate per l’occasione e in grado soprattutto di riproporre in chiave rock, scelte artistiche studiate a tavolino e soprattutto mature, pezzi che si fondono con la cultura quotidiana, canzoni in grado di avvicinare una sempre più diversa tipologia di ascoltatore e allo stesso tempo capaci di abbandonare stili passati per una rilettura in chiave moderna di un genere che non è mai tramontato.

I testi in italiano sono mescolati a quelli in inglese, si parte con Come away with me passando per la riuscitissima e bellissima Se questo è un uomo, fino ad incontrare altre elucubrazioni sonore che si stagliano al suolo con pezzi come Innocent tears o, nel finale, con Io voglio averti.

Un album riuscito che mette in risalto la maturità del gruppo ideato dai gemelli Giuliano e Fabio Lagotta, otto pezzi dal sapore internazionale che finalmente hanno trovato una loro strada importante nel creare sovrapposizioni musicali legate al proprio essere in divenire.

Fratelli Tabasco – The Docks Dora Session (New Model Label)

Album di debutto sudato e ammaestrato, registrato in presa diretta e sognante apripista ad applausi reali e sentiti, capaci di coinvolgere e dare un senso ad una jam che si trasforma in repertorio calibrato a dovere, ma non troppo, richiuso, inglobato e successivamente sparato al suolo in una sostanziale ricerca dell’appeal perfetto, del mood diretto tipico del blues e capace di far percepire le vibrazioni sonore oltre ogni aspettativa, per una band, i Fratelli Tabasco, che ha le carte in regola per insegnare.

 Una maestria che si fonde con il tempo, proprio come le cose migliori e ci regala un disco che sa di palco, che sa di fiume e vecchie campagne abbandonate, un album che parla di disagio e redenzione, unico concetto esistenziale per un riscatto che prima o poi verrà, una rivisitazione personale, attingendo non solo al passato, ma anche al presente, pensiamo a Ben Harper e alla sua monumentale opera, di classicità proiettata nel futuro, da Radioactive Mama fino a Boris’Boogie, tra l’armonica tremolante e le intersezioni funky, per nove tracce che hanno il sapore della leggenda e allo stesso tempo dei giorni che verranno.