Eradius – Eradius (Resisto)

Disco omonimo di debutto per il potente duo italo-britannico formato da Richard Dylan Ponte e da Edoardo Gomiero, un album espressivo al massimo che ingabbia lo stoner fino a disintegrarlo con sferzate di rock apocalittico da fine del mondo accentuato da fraseggi che ricordano band come Tool o RATM in un dominio esistenziale dei propri strumenti che rende il combo una perfetta macchina da palco pronta a suscitare emozioni impattanti e dal forte contrasto che non si lascia a momentanee illusioni, ma piuttosto trasforma il momento in qualcosa da assaporare, da vivere pienamente. La chitarra e la batteria quindi sono l’ossatura portante di questo duo composito a comprimere e successivamente a far esplodere decibel interiori, decibel di memoria in pezzi come Poison Eyes, Democracy, Desert, Raise and Resist o la finale Digital Puppetz in un crescendo continuo di soddisfazioni e di denuncia, di rabbia e di abbandono a scavare all’interno di ciò che abbiamo di più nascosto. Gli Eradius, ne sono certo, non ce li dimenticheremo facilmente.

Bluestones – Groupie (Autoproduzione)

Potenza di fuoco sotto controllo capace di intonare i versi di un tempo che fu attraverso  musica contemporanea di un potere devastante e da un lato rassicurante che mescola elementi hard, metal, blues, grunge in sodalizi che aprono allo stoner ingigantendo la proposta in qualcosa che non è di certo di rapida assimilazione. Groupie è un album esageratamente internazionale, non nell’accezione negativa del termine, ma piuttosto viene immortalato laddove le produzioni italiane sono carenti, dando valore aggiunto ad una biografia stampata completamente in inglese, segno che i nostri fanno sul serio e che hanno il desiderio di esportare il proprio pensiero magari anche oltre oceano. Disintegrare costrutti su cui poggiano le consuetudini è un merito di sicuro assoggettato ai Bluestones, composizioni come l’apertura Worn-Out Organism, Death by fire, Mantide o la ballatona finale To those who left us non passano di certo inosservate, ma anzi alzano il tiro dando un senso omogeneo all’intera produzione. Un disco che sembra intrappolato fuori dal tempo, lontano dalle mode, ma che porta con sé il gusto e il sapore di un periodo storico che purtroppo non esiste più.

Roberto Ventimiglia – Bees Make Love To Flowers (Autoproduzione)

album Bees Make Love To Flowers - Roberto Ventimiglia

Autoproduzione totale che nel lo-fi di facciata nasconde importanti contenuti atti a veicolare sensazioni, emozioni e storie che si fanno racconto in prima persona accompagnate da una luce fioca sul far della sera. Il disco solitario di Roberto Ventimiglia affonda le radici nel cantautorato inglese con spruzzate di folk americano che nella sua accezione più ampia rispecchia stilemi in grado di portare la mente dell’ascoltare all’interno di vortici a raggiungere vertici capaci di intersecare la musica delle ballatone acustiche di Billy Corgan e compagni passando per le introspezioni di musicisti come Elliott Smith e Damien Rice in sei canzoni che sono un diario di vita fatto di schizzi, acquerelli e malinconia a rasserenare i prati di vita della nostra mente. Roberto Ventimiglia percepisce le delicatezze del mondo trasportandole su disco, rassicura con le proprie essenze da cameretta e ci dona l’emblematica presenza di una voce fuori dal coro che possiede il senso del comunicare oltre ogni moda imposta.

Dadamatto – Canneto (Autoproduzione)

Nel nuovo dei Dadamatto c’è una potenza controllata e aleatoria sempre lì lì sull’esplodere ad innescare nella mente di chi ascolta visioni ultraterrene che si fondono con la campagna, con il vivere di ogni giorno, in un forsennato apprendere e veicolare la quiete che ripara, consola, seduce e ama. Canneto è tutto questo, un disco di sette canzoni che convincono già dalla apertura della title track che si svolge e coinvolge attimi di beat analogico impresso nella mente di qualche decade fa fino ad arrivare alla sostanza materica di pezzi essenziali come Impero, Sperma, Zanzare in una psichedelia sfiorata che abbonda nel cantautorato sempre in tiro che non abbandona la questione poetica, ma piuttosto ne fa punto di forza per comunicare un disagio. Canneto è il profumo di un giorno nuovo, di qualcosa da imparare, di una ricerca continua fuori dalle mode intrinseche e contagiose, il disco dei Dadamatto è impatto per la mente e per l’anima prima di tutto, è un circoscrivere la realtà in uno spazio ben definito che guadagna attimi di vita proprio dove la vita sembra essersi esaurita.

Texile – Blu macchiato di blu (Stella Recordings)

I Texile confezionano un Ep rarefatto e suadente, un disco concentrico che riassume, attraverso una manciata di canzoni, il bisogno di appartenenza ad un suono importante e proveniente da luoghi remoti, ospitali, ma lontani e perduti negli anfratti della notte, nello scorgere quella lama sottile che possa farsi ancora luce per illuminare il cammino. Il progetto con base a Cagliari, ideato dalla mente dell’ex Antennah Valentino Murru, è impreziosito da una voce del tutto femminile incisiva e vellutata, la voce di Grace e coadiuvato dalle chitarre di Luca Becciu, le tastiere di Simone Mattana e il basso di Gabriele Loddo in un’estrinseco bisogno di presentare il blues notturno sotto forma di calma apparente che si intensifica ascolto dopo ascolto, traccia dopo traccia in una psichedelia che mantiene i toni del blu e di contropartita si avvicina al bianco che apre ad un mondo da scoprire, un quadro nuovo perennemente da riempire. I quattro brani proposti sono l’anticipo, spero, di un disco che uscirà nel futuro prossimo, quattro canzoni che si distinguono per atmosfere e suoni rarefatti, testi che si inerpicano fino a lasciare spazio a ritornelli che rimangono facilmente in testa intessendo rapide emozioni che come polvere al respiro si leva lasciando una sensazione di leggerezza davvero inaspettata.

Danilo Di Florio – Il migliore dei mondi possibili (MusicForce)

Musica d’autore di una certa caratura che imprime solidità ai secondi che interferiscono e rendono dilatato il tempo durante l’ascolto di questo e altri mondi possibili in un concentrato cantautorale che trova nel pop un sodalizio mai esasperato, ma piuttosto trova punti di fuga e di interesse con la sostanza che lieve scorre nell’etere. Il migliore dei mondi possibili parla con voce immediata di materia effimera, ma anche di vicissitudini e di vita, di ambizioni profonde e di attimi frastagliati al suolo alla ricerca di un qualcosa di scomparso, di un qualcosa che sta per trovare il proprio punto di fuga laddove tutto sembra esaurirsi, tutto sembra morire inevitabilmente lungo i flutti della nostra coscienza. Danilo Di Florio tira fuori dal cilindro un terzo disco che nella sua naturalezza composita imprime alla registrazione una visione d’insieme che già si evince dalla title track passando per Corri già, Il mio tempo, Un’abitudine, arrivando a Dal mare per una conclusione che diventa essa stessa inizio attraverso visioni temporali di un mondo nascosto e da scoprire.

Perina – Seieventisette (Cabezon Records)

album Seieventisette - Perina

Urgenza tecnica di far esplodere costellazioni sonore attraverso una musica schietta e diretta che riprende la costante presenza di un rock anni ’90 mescolato a creazioni acustiche di davvero egregio appeal per far scivolare la nostra mente in uno spazio tempo privo di coordinate fisiche, ma ricco di energia che convince. Perina sforna per Cabezon un album succulento, otto canzoni che hanno davvero un gran tiro, immagini in dissolvenza prendono spunto per unire forme e gusti riusciti in un’espressione artistica che parte da un’esigenza e si immola in musica grazie a canzoni come Conviene, Girandola, Predica e il finale di Sulle Onde. Seieventisette è un posticipare la sveglia in un altro luogo, fuori dal tempo possibilmente, è il vivere attraverso i sogni che ci appartengono, è il gusto intrinseco e quasi magico di non doversi svegliare mai per vivere intrappolati in un sogno, uno dei più bei sogni che possiamo immaginare. Perina ci regala un album che scivola come acqua in gola, ma che porta con sé la consistenza e il valore di un qualcosa di davvero importante.

Monolithic – Elephant (Autoproduzione)

Ascoltando i Monolitich sembra quasi di avere nel salotto della propria casa i Pink Floyd che fanno stoner mescolato all’hard rock più disperato con improvvisazioni psichedeliche che stupiscono per suono granitico e ben impostato e rabbia esplosa a dovere in un concentrato di azioni che si dilunga in aperture, costrutti eviscerati a dovere traccia dopo traccia, canzone dopo canzone in sodalizi con un passato che non c’è più, ma nel contempo con gli occhi protesi al futuro. Da Moloch fino a Spleen Mountain’s Giants  si passa di genere in genere, tra attimi che si fanno pensierosi fino a vere e proprie potenze di fuoco espresse. Importante in due parti la mutevole e cangiante The umbaptized and the Virtuous Pagans elaborata a dovere, quasi una jam session evaporante e potente nella sua interezza; basterebbe solo questa canzone per comprendere la caratura invidiabile di questo trio composito. Elephant è uno sguardo nell’interezza e nel contempo nella singolarità, sei canzoni per una band in costruzione che ha tutte le carte in regola per diventare capofila di un genere evolutivo e alquanto contagioso.

Effepunto – Coccodrilli (LaBellaScheggia)

album Coccodrilli - Effe punto

Confusione allo stato larvale per comprendere in anticipo la propria morte attraverso un cantautorato sghembo a tratti rilassato che pervade l’intera produzione di rimandi ad una scena quasi beat e psichedelica per un concept album che raccoglie idee prima della fine di questo tempo. Fatti quotidiani si alternano ad emozioni e stati d’animo che incupisco e nel contempo si fanno portatori di colori vivaci e leggeri, quasi prendendo poco sul serio discorsi così importanti che non troveranno mai una risposta. Effepunto, già con Ministri dal 2009 al 2013 ci prova con un concept d’altri tempi, rocambolesco per certi versi, dove il filo della matassa si percepisce nell’intero ascolto di queste sedici tracce verbose e suonate per l’occasione anche da Gianluca Gambini, Jacopo Tarantino, Federico Dragogna, Andrea Sologni. Coccodrilli è un concentrato onirico di sogni e paure, di fallimenti e speranze, di tutto quello che abbiamo in testa, ma che non riusciamo a dire nell’insieme di gesti e parole che caratterizzano il nostro vivere di ogni giorno.

EGON – 100000 km di vene (Mizar Elektric Waves)

album 100000 km di vene - Egon

Sangue che esplode e scorre nelle vene, si fa carico degli anfratti che ogni giorno intessiamo e viviamo e sprofonda al suolo per dare alla luce sempre nuove atmosfere che si intrecciano e confondono, interrompono gli animi e si fanno portatori di un desiderio avvolgente di bellezza e oscurità celata, ma sempre presente e costruibile fino alla fine dei nostri giorni. 100000 km di vene è l’esasperazione della carne e dei sentimenti, un sentire che abbraccia gli Smiths con i suoni newyorkesi degli Interpol ad insegnare che il tempo passato è tempo perso e che siamo noi l’unica sostanza per giorni migliori, per giorni diversi. Chitarre in riff arpeggiati si espandono e convincono, piccole incursioni cantate in inglese poi danno una varietà profonda alla proposta e annientano l’inutilità del momento con pezzi che si fanno simbolo e singolo come Invisibile. Gli Egon continuano il loro percorso tra luce e oscurità emozionando a dismisura con una maturità per sempre raggiungibile e mai sazia di ottenere nuove soddisfazioni da qui al futuro.