The Winonas – Sirene (Autoproduzione)

Non vengono dal mare, ma scavano le profondità degli abissi, si lasciano trasportare dai suoni della natura conquistando uno strumentale d’avanguardia che intreccia substrati di chitarre acustiche provenienti direttamente dal grunge e dal rock degli anni ’90 amalgamando decostruzioni di puro impatto emotivo che riguardano il nostro vivere, la nostra quotidianità, valorizzando, in chiave acustica sostanza e nel contempo passione; loro sono le Winonas, citazionismo puro della Ryder del film Sirene, tre amiche rinate dalle ceneri punk delle Cioccolata Fondente a ribadire ancora un concetto che in questo disco, in questa prova, si fa ancora più sentito e calibrato a dovere, undici tracce dove i suoni registrati in studio grazie a microfoni ambientali mantengono una costante ricerca di fondo che esplode in bellissime e ipnotiche concentrazioni emozionali come nel singolo Ansia che vede il cameo esistenzialista di Gian Maria Accusani dei Sick Tamburo ex Prozac+, a completare il quadro poi le essenziali e necessarie intro e outro passando per Lo Specchio e le rivisitazioni di Love in a traschan dei Raveonettes e di So Easy degli Eagles of Death Metal per un album pieno di amore verso un mondo in decadenza, un disco che a guardarlo bene ha lo stesso colore del mare in tempesta.

Le cause perse – Amplesso (Autoproduzione)

Le cause perse ci portano a riflettere sul mondo che ci circonda grazie a testi penetranti e allo stesso tempo coinvolgenti che non ci rendono dei semplici spettatori immobili, ma attenti critici di una società che ci vuole e ci rende diversi; un romanticismo disincantato espresso in un vortice di sensazioni intrise di significato che ricordano l’infanzia, il bambino che è in noi, l’esigenza di fare pace con noi stessi tra territori acustici sovrastati da un piglio cantautorale che rende bene quell’idea di necessità e volontà di dare spazio alle emozioni; un turbinio concentrico che si muove tra la voce del cantante e chitarrista Yuri Duso e l’elettrica di Enrico Marangonzin fino alla collaborazione con la precisa e velata batteria di Daniele Carollo.

Un disco che parla con la voce dei tempi moderni, un disco sulla fame di sapere nel raggiungimento di uno stato di grazia che culmina nella rabbia, intesa come parte negativa di noi e capace di disfare quel bene creato e voluto che prima o poi tornerà a colmare quei colori dentro al nostro cuore.

Med in itali – Si scrive Med In Itali (Libellula/Audioglobe)

Med in itali è il sudore della strada rinvigorito che in questo nuovo affronta le peripezie quotidiane con uno stile ancora più marcato e incisivo, capace di affondare in divagazioni sonore che dimostrano sempre più la bravura dei musicisti, amalgamando coscienziosamente una voce che crea un tutt’uno con l’ascoltato e l’ascoltatore.

Dodici tracce ricche di partenze e durezze, ma anche di semplicità e immediatezza un giocare a rincorrere questa dicotomia che porta ad entrare di prepotenza nel loro mondo, fatto soprattutto di storie di tutti i giorni; potenza espressiva di una denuncia italiana, potenza di parole per futuri radiosi che colpiscono grazie alla presenza di Niccolò Maffei alla voce e alla chitarra, Matteo Bessone alla batteria, Dario Scopesi al basso, Nicolò Bottasso alla tromba e al violino, al flauto e tastiere Ariel Verosto, Riccardo Sala al Sax tenore, Elia Zortea al trombone e Elena Pyera Frezet alle percussioni.

Una commistione di generi quindi, si passa facilmente e con grazia sottile dal rock al folk spruzzato il tutto da jazz, funky e reggae per un’inusuale idea di cambiamento che parte dall’utilizzo delle parti musicali per rendere ancora più reale un racconto che vale l’interezza del mondo.

Cito a dovere Eroi, un pezzo sulla disillusione, avere tutto e non avere niente, pensare di possedere qualsiasi cosa tangibile che vediamo e alla fine essere eroi è solo un modo per dire io vivo, vivo in una società che fagocita denaro e io e te dove ci collochiamo? I Med in Itali questo ce lo insegnano.

Opez – Dead Dance (Agogo Records)

Inoltrarsi in territori inesplorati, con stile e classe fondendo ritmiche e costanza d’intenti dove a prevalere sono i suoni puliti viscerali, riverberati e ondanti capaci di raccontare da soli il cammino, quel lungo incedere infinito del pistolero senza nome lungo il vecchio West tra l’emozione immaginata, tra il complesso ricreare sfondi di un giallo accecante dove il sole cola l’attenzione e si lascia andare nutrito da vibranti attese  e aspettative.

Gli Opez sono un duo costituito dai polistrumentisti Massimiliano Amadori e Francesco Tappi che con il loro Latin Desert & Funeral Party inglobano i campi lunghi del Leone d’annata con il più moderno Tarantino, un gioco di sguardi che si estrapola come fosse colonna sonora senza dimenticare il Badalamenti di Twin Peaks a segnare le desolazioni dell’anima, città abbandonate allo scorrere dei giorni intese come punto di non ritorno, un susseguirsi rapido di efficacia in note lasciate vibrare suadenti più che mai.

Un disco fatto di immagini quindi, 11 pezzi che aprono a territori lontani da Carlos Primero a Balera de mar, un album fatto di ombre oscure che ci attanagliano e sono pronte per l’ultimo saluto, ancora una volta, quelle ombre lunghe al calar della sera a ricordarci che siamo materia finita, polvere e calore, luce e oscurità.

Malamadre – Malamadre (BProduzioni)

Il mondo a fumetti approda nella musica e ci regala uno strampalato affresco veritiero di una società stagnante pronta ad essere inghiottita e fagocitata da qualsivoglia schema privo di ordine, capace di relegare il passato a mero ricordo e di costruire nuove forme di comunicazione e sensazionale visionarietà.

Malamadre è un collettivo di artisti polivalenti che si mette in gioco per raccontare, per estrapolare vissuti e onirici e in qualche modo dare un senso a ciò che li circonda, con cantato in italiano e vissuti che si innestano alla goliardia dei momenti felici, un progetto che sa di nuovo, ben strutturato e congegnato per l’occasione.

11 pezzi tra cui spiccano Chi non muore si  risiede, La canzone della luna e La regina che non dorme senza dimenticare Il tango delle portiere, singolo che ha ricevuto un successo di critica al Roma Web Fest ricevendo il Premio Speciale Club Tenco e Olio vincitrice di altri riconoscimenti non meno importanti.

Un gruppo quindi in divenire che non si accontenta di fare poesia ammaliante su carta, ma suona come un vero e proprio diario aperto dove il tempo scorre inesorabile e quegli attimi di luce lontana, sembrano i riflessi di un giorno che mai verrà, un raccontare quindi il presente con ironia senza tralasciare il significato insito nelle loro canzoni.

Tre cover diverse disegnate per l’occasione per un rock elettro acustico condito da sprazzi di vera e propria originalità che ammorbidisce i giorni e consegna nuova speranza.

Silvia & The fishes on Friday – Under Water (Sign-pole Records)

Raccontare con velata introspezione un paesaggio dai colori acquarello, dalle tinte rimesse a nuovo in una stanza priva di finestre a narrare un viaggio, il viaggio di Silvia & The fishes on Friday verso mondi lontani.

Il disco racconta l’ignoto, un guardarsi dietro solo una volta e lasciarsi trasportare dal vento invernale, da quel gelido paesaggio azzurro che circonda le anime più solitarie, raccontandosi con una poetica di leggiadre parole a ricucire cuori infranti, a lasciar trasparire la minima emozione pur di raggiunger l’obiettivo, pur di dare un senso composito al mondo che gira attorno.

Un album, che suona giapponese, come l’etichetta che lo produce, un acustico quadro melodrammatico fatto di alberi e strade che non sono in evidenza, ma che si caratterizzano per essere al centro di un pensiero condiviso, che si prefiggono di essere un teatro per le rappresentazioni della vita che sarà, un’essenziale ricerca di nuvolosità variabile a racchiudere il pensiero della notte, tra sostanza e concretezza in ballate acustiche e minimali in stato di grazia.

5 canzoni che raccontano le malinconie, 5 pezzi d’amore e di neve, di sospirate attese e tiepidi addii tra la Canzone invernale e quel Non lasciarmi andare via, a dimostrare ancora una volta che siamo fatti prima di tutto di sentimenti a cui non sappiamo rinunciare, volendo raccontare l’amore disperso e ritrovato ancora una volta, come fioca luce nel bosco della nostra anima.

Area 765 – Altro da fare (Autoproduzione)

Prenditi del tempo, ma veramente tempo, quello che ti permette di chiudere gli occhi senza la paura che qualcuno ti possa svegliare, indossa le cuffie dello stereo e infila il cd nel lettore lasciandoti trasportare da questa nuova esperienza che placa gli animi e ricrea in te, ascoltatore, una fusione tra l’acustica calma e il correre verso mete infinite.

Tra cantautorato sopraffino e combat folk denudato gli Area 765, ex Ratti della Sabina, ci regalano un cartoncino verde prato con 18 canzoni trasformate e rimescolate, una pura essenza da scoprire quasi fosse il regalo da scartare nel giorno di Natale.

2 inediti che si lasciano cullare dal vento della Primavera più una carrellata dei migliori brani del passato che assumono via via un eccepibile bisogno di respirare a piene polmoni quell’aria nuova che ci appartiene e che vuole creare un connubio con noi stessi, con la terra da cui veniamo e con il futuro che tentiamo ogni giorno di costruire.

Spensierate poesie in equilibrio tra il nuovo che avanza e il passato che si trasporta con se, come fosse una montagna dalla salita non sempre facile, ma che, con l’aiuto di chi ci vuole bene, risulta più facile nella scalata, verso vette segnate da rossi orizzonti.

Un disco pieno, ricco di vibrazioni sonore, quasi fosse un ritrovo in un pub dove si ascolta instancabilmente, per ore, una melodia che parla di Noi.

Un altro centro dunque questo, per una band che negli anni ha saputo reinventarsi sempre quotidianamente, tralasciando l’inutilità del già sentito e valorizzando prima di tutto il pensiero di chi li ascolta, di chi li ha fatti grandi.

IBreviDiverbi – IBreviDiverbi (VREC)

Prendi un tavolino, un divano, una bibita rinfrescante, leggermente gassata e prendi anche una giornata di sole, dove i fili d’erba si trasformano in corde per la tua chitarra, in corde acustiche che si lasciano andare veso nuovi orizzonti, verso nuovi lidi.

IBreviDiverbi si concedono molto, regalando altrettanto, sono solo in due, due chitarre che incastonano perle preziose di quel cantautorato sbarazzino che ricorda molto la scena italiana degli anni ’60/’70 quando bastava uno strumento e la propria voce per fare la storia della musica.

Accomunati dal gusto e dal piacere di ascoltare Battisti leggermente più swingato e riportato ai canoni estetici moderni i nostri confezionano 10 canzoni che sanno di freschezza, di limpidità e di quella capacità sonora di perdersi dentro ad un accordo, dentro ad una cena tra amici in cui l’animazione post serata si concede ad uno strimpello sopraffino di vivide immagini e poesie.

Ecco allora che nasce questo raffinato cantutorato, nasce davanti ad un tavolino, a qualche sedia e ad un divano, quel divano in cui ci siamo fermati spesso tutti noi ad ascoltare, spingendo la notte sempre un po più in là.