Afterhours – Folfiri o Folfox (Universal)

Essere inglobato in un vortice adrenalinico sul filo del rasoio per poter ammirare musicalmente il ritorno degli Afterhours, dopo un Padania per me, ancora inascoltabile, mi fa sentire ancora vivo, mi da la forza per sperare che questa band, dopo i 25 e oltre anni di carriera abbia ancora le carte in regola per insegnare alle generazioni future che cos’è il rock e la sperimentazione, senza abbandonare la strada seguita fino ad ora, in nome di uno stile che si fa sempre più stratificato e coinvolgente, quasi fosse un compendio essenziale di tutto questo tempo, tra le lacrime amare, le canzoni pop, i deliri distorti e l’uso di ingegni musicali a segnare la scena e a rinchiudere ogni pezzo compresso in pillole da mandare giù quando si sta troppo male.

Folfiri o Folfox è un album prima di tutto sull’abbandono e sulla ricerca di una meta, di una via da seguire oltre il buio, pezzi di puzzle che come un pugno allo stomaco rimembrano e scavano in ciò che è stato, in modo quasi subdolo, tra le promesse di una vita eterna e lo scontrarsi con una realtà opprimente e soffocante, in attesa che qualcosa possa ancora cambiare, in attesa che il sangue che ci resta dentro sia parte vitale per le emozioni che ancora ci accomunano e segni un percorso, chiamato vita, da assaporare fino in fondo.

La nuova formazione garantisce suoni sempre nuovi e in costante cambiamento, con la forte presenza di Manuel Agnelli che intreccia la sfera privata ai problemi di un’Italia che non funziona, una rinascita inaspettata che scardina prepotentemente i pregiudizi ponendosi come opera da leggere su più piani per capirne il significato avvolgente e intrinseco, tra composizioni acustiche, pianistiche e altre elettriche fino al midollo, tra netti contrasti di luci e ombre a segnare il tempo che verrà.

Un doppio album, rassomigliante per certi versi al Mellon Collie degli Smashing Pumpkins, dove la presenza costante di musicisti spettacolari e così eterogenei tra loro riesce ad imporsi sul chiacchiericcio moderno sottolineando ancora una volta, l’esigenza estemporanea di ritrovare la bellezza anche nei giorni più cupi.

 

-FUMETTO- Tom Hart – Rosalie Lightning (BeccoGiallo)

http://blog.beccogiallo.net/http://blog.beccogiallo.net/wp-content/uploads/2016/06/ROSALIE_COPERTINA-STAMPA-DEF.jpg

 

Titolo: Rosalie Lightning

Autori: Tom Hart

Casa Editrice: BeccoGiallo

Caratteristiche: brossura,  brossura 272 pag, b/n

Prezzo: 20,00 €

ISBN: 9788899016388

 

Una memoria grafica che si immola ad essere quinta essenza dell’arte, capace di compenetrare dentro alle nostre menti per dare un senso meraviglioso a ciò che di più caro ci viene portato via, inspiegabilmente, involontariamente e che poi nella completa solitudine dell’anima ritorna giorno dopo giorno sotto forma di pensieri, ricordi, disegni, parole e modi di dire.

Rosalie Lightning viene spazzata via da una forza misteriosa, una morte prematura a soli due anni, alle spalle una famiglia distrutta e Tom Hart, autore dell’opera, nonché padre della piccola, cerca dentro a se stesso assieme alla moglie, una via di fuga da dove poter ripartire, per rientrare in sintonia con l’inesorabile destino che accomuna numerose coppie nel mondo, dando quindi un significato diverso, a seconda della cultura di appartenenza, ad un fenomeno che distrugge le parti più delicate del nostro vivere quotidiano, nell’incessante ricerca che tutto possa tornare, tutto possa essere come prima, percependo un vuoto, un vuoto da colmare con qualcos’altro che non sarà mai più paragonabile al passato.

Tom Hart, candidato al premio Eisner 2016 proprio con questo libro, non risparmia le parole, anzi le usa come corollario sintetico e sentito, non cerca mezzi termini e mezze misure, anzi, in un primo momento si lascia distruggere subendo un mondo ostico e crudele, incapace di entrare in empatia con un così grande problema, un mondo che scorre troppo veloce per capire il proprio fine ultimo, un mondo però che è anche il presente, che è anche New York, un presente con una casa in vendita che per assurdi motivi non riesce ad essere venduta: i soldi che mancano; un presente che è anche il trasferimento in Florida, per tentare di ripartire: gli amici, quest’ ultimi elementi essenziali del racconto nel tentare di ristabilire un equilibrio capace di creare legami necessari e vivi grazie a persone in grado di compiere e di dare un aiuto nel momento del bisogno e in qualche modo di condividere la sofferenza in divenire.

La storia però si percepisce soprattutto attraverso un vortice del tutto soggettivo, che ricorda, per certi versi, il Blankets di Thompson, un vortice in cui la narrazione di coppia si fa errabondo cammino nel percorso dei sentimenti, in una commovente odissea in cui le terapie e i tentativi di ricostruire il passato non bastano a capire la profondità di una mente che subisce il lutto e che proprio da lì deve ripartire per portare definitivamente, nell’aldilà, tutto ciò che resta di un fulmine rimasto per così poco tempo a contemplare la bellezza.

Si cita tra gli altri Miyazaki e lo Studio Ghibli, Buster Keaton, Roger Moore, Laurie Anderson, Kurosawa, Lennon e McCartney, Brian Eno, Tim Bucley e perfino Italo Calvino,  personaggi memorabili che entrano nella storia come reminiscenza di un mondo che è esistito e che ora vive nell’album dei ricordi della mente di Tom; piccole impalcature capaci di mettere ordine su di una voragine da riempire, un buco nero in cui cadere e da dove poter vedere le cose al contrario, alla ricerca di una nuova vita, per una commovente storia che come seme piantato ha il bisogno di fiorire, in un riconoscere e percepire Rosalie oltre ogni dimensione.

Per ulteriori informazioni:

http://www.beccogiallo.org/shop/158-rosalie-lightning.html

 

 

-FUMETTO- Marino Neri – Cosmo (Coconino Press/Fandango)

Titolo: Cosmo

Autori: Marino Neri

Casa Editrice: Coconino Press/Fandango

Caratteristiche: Brossura, 184 pag, colore

Prezzo: 19,00 €

ISBN: 9788876183010

Non c’è un punto d’inizio e nemmeno una fine, c’è solo una storia, un’odissea da assaporare e comprendere nella multiformità onirica che possiamo percepire, guardando le immagini di una notte cupa che ci rende sempre più vicini alla persona di Cosimo, chiamato da tutti Cosmo, un ragazzo che porta con sé un segreto, un giovane diverso dagli altri, alla ricerca di un posto nel mondo in cui abitare, così relegato da una società media ben rappresentata e attento, in mondo paranoico, ai piccoli cambiamenti che lo circondano, docile e delicato esempio di introspezione caratteriale tra i tumulti del vivere e il desiderio di raggiungere il deserto di Atacama, luogo atto all’osservazione dei corpi celesti che circondano la terra e porta per l’universo in fase di espansione.

Marino Neri dà vita ad una poesia per immagini che non è un libro di astronomia e tanto meno un trattato scientifico, è piuttosto un modo per legare il sentimento che unisce il protagonista a qualcosa di vero ed essenziale, incomprensibile, che affonda le proprie radici nella creazione dell’universo, nell’esplosione iniziale; un ragazzo fuggito dal centro in cui è ospitato e in cerca di una propria direzione, una strada da seguire, un’avventura che non conosce esito, ma che pone il proprio focus narrativo nella bellezza dello scoprire cosa ci attende oltre il cancello, oltre i muri che ci creiamo ogni giorno, oltre i campi da percorrere, dopo i fiumi e le strade.

Come la farfalla monarca, capace di conoscere inspiegabilmente la direzione senza fine della sua destinazione , il protagonista del racconto  protende gli occhi all’infinito alla ricerca di un punto fermo, alla ricerca forse di una nuova casa, di una nuova vita, un percorso fatto di ostacoli e un amico immaginario, un amico ombra, che riesce a segnare la via, riesce ad imporre la luce in un’oscurità accecante vita: lontano riflesso di gioventù nella creazione dell’uomo che verrà.

Cosmo farà conoscenza con personaggi solitari e nel bene e nel male carichi di umanità, tra tutti spicca la bellezza dell’adolescente Ofelia, ricca, ma sola, carica di quella solitudine compressa in una cameretta fatta da poster, sogni e ricordi; una ragazza bisognosa d’attenzione, bisognosa di andare oltre il vetro che la costringe a vedere una luce tenue, tra gli alberi della sua villa dispersa e quel bisogno di fuggire da un destino che la vede intrappolata in uno spazio tempo evolutivo tra le età della donna: infanzia, maternità e vecchiaia riassunte dentro a quelle mura da dove Cosmo dovrà fuggire.

Monologhi solitari brillanti ingegno citano Capra e partoriscono un’esigenza di comprendere un posto migliore dove vivere o perlomeno da dove poter partire, con un Marino Neri attento scrutatore dei caratteri adolescenziali e capace di valorizzare i silenzi dell’universo per renderli vividi grazie ad immagini evocative e pure, come la purezza riscontrata nell’incontro con la volpe tra i silenzi rumorosi dei fucili degli uomini e quel bisogno di stabilire legami, in cerca forse di un po’ d’amore, in cerca di un nome diverso con cui essere chiamati, oltre la paura del buio che ingloba.

 

-FUMETTO- Igort – Quaderni Giapponesi (Coconino Press/Fandango)

Giapigort00

Titolo: Quaderni Giapponesi/Un viaggio nell’impero dei segni

Autori: Igort

Casa Editrice: Coconino Press/Fandango

Caratteristiche: Brossura, 176 pag, colore

Prezzo: 19,00 €

ISBN: 9788876182693

 

Ammirare la profondità del Giappone significa tuffarsi all’interno di una tazza yunomi, in quell’incedere del tempo che assottigliandosi porta con sé le screpolature di una vita che nel bene o nel male riesce ad arricchirci grazie ad esperienze pronte per essere raccontate ed esposte in tutta la loro naturalezza, partendo dal colore di un acquarello elegante, fino ad arrivare alla comprensione dell’attimo appena lasciato alle spalle, un’esigenza quasi mistica di ritrovare un mondo perduto, là dove nasce il sole, nell’est così estremo, inglobato nella forma e delicato quanto basta nella sua misteriosità da rendere percepibile una comunione d’intenti con la nostra anima, la nostra parte più nascosta e recondita.

Quaderni Giapponesi, fin dalla copertina, odora di capolavoro, perché in qualche modo, in essa è riassunta l’energia di un mondo che si sorregge grazie a legami con una tradizione che non è mera difesa del territorio, ma piuttosto condivisione di una cultura in grado di stabilire regole che raccolgono dalle proprie radici un’aurea di importanza primordiale: spunto per riflessioni future e capacità intrinseca di coltivare l’arte e il culto della bellezza nel silenzio esteso che si spinge ben oltre le nostre capacità e partorito dall’idea di un moto perpetuo alle prese con l’avvento sempre più insistente di una cultura di massa che crea e distrugge in egual misura.

Igort abbandona le narrazioni giornalistiche di Quaderni russi e Quaderni ucraini per dare vita ad un racconto nel racconto, dove la storia della propria esistenza si intreccia in maniera indissolubile con un mondo distante un sogno e dove le dilatazioni temporali trovano riposo all’interno di immagini che sono digressioni virate seppia di un posto, che, per un periodo di tempo, si è chiamato casa, tra i tumulti, le profonde ammirazioni e il rispetto reciproco nei confronti delle persone incontrate e tra i racconti vissuti che prendono vita attraverso campi cinematografici in cui la narrazione si fa tangibile nella sua delicata introspezione; incontri memorabili e storie di un’altra epoca, collegamenti, legami e tessuti si intrecciano nel ricreare un affresco esperienziale che coinvolge personaggi del calibro di Hokusai,  Miyazaki, Abe Sada, Suzuki Seijun e molti altri, personaggi in grado di rappresentare sotto diversi punti di vista il Giappone che è stato, il Giappone che è e quello che verrà.

Un mondo autobiografico che ingloba l’oggettività di una bellezza fuori dal tempo a percepire il colore del vento che muove le foglie e quel distratto, ma presente calore, che entra da una finestra lasciata socchiusa e ammalia di luce, incorpora speranza e attimi di felicità, bagliori di altre vite riposte e rigettate, pronte a raccontare realtà alle volte amare, cariche di sacrificio e dedizione; forse le parole giuste per esemplificare un’esperienza che per Igort stesso è appartenenza inscindibile, ma sfiorata, così complessa, stratificata e millenaria da sembrare, il più delle volte irraggiungibile e che grazie a questa opera letteraria a fumetti rivive dentro alla nostra mente con un sottile velo di tristezza, non nella sua accezione negativa, ma piuttosto come idea di un mondo in cui l’entrare in punta di piedi, in rigoroso silenzio, non basta per carpirne le intere profondità.

Le poesie disegnate di questa narrazione portano ad esemplificare le emozioni come pioggia che cade in un giorno di primavera, a rinverdire i muschi e la natura, a guardare il tempo che scorre e ad apprezzare la complessità nella sua essenza: si tuffano le rane, rumore d’acqua e noi dispersi in un mondo che non ci appartiene proviamo a comprenderne i segnali multiculturali che la storia racconta; steli di iris intrecciati come lacci di sandali, fino alla prima pioggia d’inverno che ci chiamerà ad essere suoi viaggiatori.

 

 

-LIVE REPORT- Elvis Costello Detour – Gran Teatro Geox – 25 Maggio 2016 – Padova

Un genio inglese approda al Geox di Padova per un tour che lo vede toccare le più importanti città italiane Torino, Milano, Firenze, Bologna, Roma, Brescia; questa di Elvis è una serata speciale, fino a qualche giorno fa l’intera serie di concerti doveva essere annullata per un’infezione respiratoria, ma a grande sorpresa il nostro, è tornato, pronto per ripetersi più volte sul territorio nazionale, facendoci scoprire brani che attingono direttamente dalla sua pluridecennale carriera, in un sodalizio con il pubblico che è cosa rara di questi tempi: l’intimismo sporcato dal folk, rock, blues e jazz ormai ha fatto storia e questa serata ne è la conferma, una serata che si preannuncia essere un racconto in bianco e nero a riconsolare gli animi, tra la meraviglia e lo stupore.

13267910_1088248634546664_3459204119240273830_nIl Teatro Geox di Padova è sempre sinonimo di qualità e presenza sulla scena per essere punto di riferimento nell’intera programmazione del nord Italia e non solo, richiamando l’attenzione di numerose presenze attive agli show, un teatro che si presta a ricreare un ambiente domestico, personale e intimo, poco più di 1500 persone per l’occasione, un ambiente che porta il cantautore inglese a plasmare una comunione con l’ascoltatore che in primis si offre e trascina, un cantautore poeta che trasmette attimi di introspezione narrativa, attraverso aneddoti da primo della classe: scherza sul pianoforte prestato dalla moglie, freccia da lontano Donald Trump, parla del padre musicista e del nonno soldato, aneddoti che fanno comprendere maggiormente la caratura dell’artista che abbiamo davanti e l’importanza della musica che ci lascia da qui al futuro.

13266105_1088248714546656_2856773722231974070_n

Le meraviglie sonore non tardano ad arrivare e lui solo, con le sue innumerevoli chitarre vintage, perlopiù acustiche, prese in prestito da un’altra epoca, conquista e prende il sopravvento, grazie anche alla presenza di una base effettistica che si trascina talvolta in distorsori tonanti che portano corposità a ciò che potrebbe sembrare insipido e noioso, un suono scarno, ma al contempo ricco di quelle sfumature capaci di penetrare e non farsi dimenticare, quelle sfumature essenziali per comprendere un repertorio che pesca tra pezzi conosciuti, meno conosciuti e cover in un contesto ricreato nel mirare l’essenza stessa della musica, quella musica che rapisce e si fa storia, non come punto d’arrivo però, ma piuttosto come esecuzione da ricordare, che raccoglie il momento irripetibile e scuote rumorosamente il cuore nel cogliere di sorpresa l’ultima nota ancora vibrante nell’aria.

Si parte con Green Shirt per arrivare alla melanconica Tripwere, passando per bellezze come Church underground e I Want you senza dimenticare la scrollata elettrica di Watching the detectives per una scaletta che ripercorre un tempo infinito e dilatato.

13241197_1088248661213328_8459246833536449540_n[1]Elvis cambia spesso di posizione, sa divincolarsi egregiamente con il piano e utilizza i megafoni al lato del palco per cantare e per battere il tempo, istanti liberatori e personali che lo vedono dimenarsi, nell’ennesimo cambio di posizione, proprio all’interno di quella scatola televisiva che lo ha visto protagonista nel corso degli anni: lui così lontano da certi schemi, ma allo stesso tempo così vicino da subirne il fascino.

La voce non è delle migliori dopo la lenta ripresa, la gola ne risente, beve spesso, parla molto, ma il talento è un diario aperto, una confessione dopo anni di soddisfazioni, un esempio tenace di costanza maturata; Costello non dà consigli, ma racconta, alternando ironia e introspezione, prendendosi meritati applausi da buon poeta solitario, questa sera un po’ meno pop, questa sera un po’ meno commerciale, questa sera più umano e naturale, di quella naturalità che ha il sapore del tempo perduto, del tempo che passa e che trasforma ogni cosa.

Live Report: Marco Zordan / Indiepercui

Foto: Natascia Torres / Zed!

SETLIST

Green Shirt
Mystery Dance
I Can’t Turn It Off
(The Angels Wanna Wear My) Red Shoes
Ascension Day
Stella Hurt
Church Underground
Clubland
Come the Meantimes
Shipbuilding
A face in the crowd
Walkin’ My Baby Back Home
Ghost Train
She
TV Is the Thing (This Year)
I Want You

ENCORE

Pump It Up
Alison

ENCORE 2

Side By Side
Everyday I Write the Book
Jimmie Standing in the Rain
Watching the Detectives
Tripwire

Mi sento Indie – Cortex/Crude Diamonds/Juredurè/May Gray (IRMA Records, RadioCoop, MEI)


Nella miriade di produzioni nazionali c’è un gruppo, un insieme di etichette che tenta quotidianamente di dare voce a band che si muovono nell’underground, ma che hanno tutte le carte in regola per emergere dall’oceano di musica quotidiano per farsi conoscere in un’espressione musicale che va ben oltre l’idea comune del disco lasciato in balia del tempo che verrà.

Mi sento Indie è prima di tutto un pensiero rivolto ai giovani con talento che sperimentano nel loro genere una nuova via di fuga dalla realtà, stratificando pezzi che senza l’aiuto di Radio Coop, IRMA records e il MEI resterebbero relegate poco più che in un cassetto o fatte sentire solo a nicchie precostituite.

Un progetto che pian piano sta riscontrando successo, anche per l’innovazione della proposta, in quanto i dischi prodotti sono dei piccoli EP formati da cinque pezzi , estratti da album già stampati e che hanno per comune denominatore un packaging uguale in sostanza, tranne che per il contenuto sonoro.

Dopo la pubblicazione a Dicembre degli EP di Remida, Mud, Carpa Koi e Wolther goes stranger, ora in Aprile usciranno le produzioni di Cortex, Crude Diamonds, Juredurè e May Gray.

Enrico Cortellino in arte Cortex è un cantautore atipico che attraverso refrain di effetto notevole regala emozioni radiofoniche senza essere banale, in testi ricercati e possedendo una capacità di scrittura importante ricevendo tra gli altri il premio MEI 2014 come miglior artista emergente dell’anno.

I Crude Diamonds invece fanno del rock il loro marchio di fabbrica, un suono spigoloso che passa dall’iniziale cantato in inglese della carriera per approdare ad un italiano che ben si lega strutturalmente alle canzoni presenti nell’album, un miscuglio di lingue dal puro effetto concentrico e deciso.

Con gli Juredurè si approda nel mondo della commistione di generi, nella etno patchanka, dove a legare in primis sono i significati che spaziano i confini per come li conosciamo e intensificano, grazie alla musica, i rapporti tra le culture del mediterraneo; una band già conosciuta per la colonna sonora di Il volo di Win Wenders.

Ultimi, ma non meno importanti, troviamo i May Gray, già presenti con il loro Londra nelle pagine di Indiepercui, caratterizzati da un post grunge che incrocia le sonorità californiane in un cantato multi sfaccettato e ricco di sfumature, un disco sul viaggio e sui viaggiatori di domani.

Quattro dischi che sono la volontà di dare un senso mirato al futuro, costruendo giorno dopo giorno qualcosa di nuovo e di importante.