Moonerkey – 2014 (Lapidarie Incisioni/Terre Sommerse)

Il bel canto e la tradizione cantautorale che si sposano e vanno a braccetto con la capacità rockeggiante di regalare emozioni suadenti e conturbanti, incanalate in un turbine di pensieri che si fanno racconti di vita e di generazioni che devono ancora arrivare tra un alternative non delirato, ma sapientemente usato per far da sfondo ad un quadro di pensieri, vissuti e sapori del tempo.

Moonerkey gioca con i suoi lavori e si diverte incasellando il tutto in un buon indie rock di matrice fine ’90 post 2000 dove alle esperienze di vita, alle volte ingenerose, si alternano vere e proprie storie che potrebbero essere quelle di ognuno di noi.

Ecco perchè è difficile scrivere e cantare in italiano, perchè fondamentalmente, per tradizione, il comunicare qualcosa è sempre stato alla base del nostro background musicale e unire parole ai suoni soprattutto con una lingua come la nostra non è sempre facile.

Il nostro però ci riesce egregiamente, trasfromando la voce in un veicolo di speranze e attenzioni per il futuro.

Si parte con l’intro acustica che d’impatto si apre Luce e Particolare, per alternarsi in chiaro scuri Caravaggeschi che ti portano all’inesorabile finale Chissà se vedi adesso.

Un chiaro intento quindi, vedere dove non c’è luce, respirare la stessa aria nell’oscurità e trasmettere emozioni che di certo non finiscono con l’ultima traccia, ma che continuano nel vivere quotidiano.

Adam Carpet – Adam Carpet (Rude Records)

Ad un anno dall’uscita discografica solo in digitale della loro prima fatica, gli Adam Carpet ripropongono il loro progetto aggiungendo due piccole perle al già prezioso e notevole album d’esordio.

“Dreamcity”, brano dei Frigidaire Tango, riarrangiato e rivestito di nuova pelle per il loro tributo e “Future Teen” Idol inedito che spazia su suoni lisergici e siderali.

Gli Adam Carpet, band milanese di post rock d’avanguardia, aggiungereio io, è sempre alla ricerca di sperimentazioni che spaziano dal campo elettronico a quello delle percussioni, ricordiamo che la band nel loro set comprende la presenza di due batteristi e due bassi elettrici il tutto intercalato da una chitarra e dai synth, per creare quel suono denso di vortici intergalattici dove perdersi dentro a sensazioni inaspettate.

Privi di qualsiasi punto di riferimento, o meglio, portando con sè una forte dose di originalità, prendono tutto ciò che di meglio esiste nella scena strumentale e non, vedi alla voce Mogwai, Sigur Ros, Mars volta, ma anche Massimo Volume, GCCGF e l’ultimo Joy cut, per condensarla in cambi di tempo, di ritmi repentini, intervallati da momenti di aurea complicità dove lo sfondo non è mai fisso, ma è in continua trasformazione all’incedere dei secondi che si sovrappongono alle tracce del cd.

Un disco da ascoltare tutto d’un fiato per capire la meraviglia sonora che può nascondersi dietro a “Carpet”, “Carlabruni?” o nella immensa “Baby Year” senza tralasciare l’ottimo inedito che dona spettacolo ad ogni ascolto.

Densi, privi di confine e aperti a tutto, gli Adam Carpet segnano un territorio preciso dove compiere le proprie ambizioni sonore queste tendenti nel quotidiano all’infinito in divenire.