Righini – Houdini (Ribess Records)

Giuseppe Righini è un’illusionista capace di prodezze che ben si adattano ai nostri tempi e alle magnifiche costruzioni sonore che si stagliano lungo paesaggi ricchi di sostanza da dove poter trarre linfa vitale per non sopperire.

Un incrocio ben riuscito e amalgamato tra nuove tendenze e un piccolo tuffo nel cantautorato dei primi 2000 in bilico tra Tiromancino e Benvegnù.

Il nostro si lascia andare negli anfratti della coscienza, tra le stanze di Motel desolati in cerca di un qualcosa che parli ancora di Lei, che parli ancora di ciò che non c’è più.

Un disco nato a Berlino, ma che si muove per le capitali d’Europa come Amsterdam, assaporando estasiati ricordi e limiti da cui poter uscire per poter vivere ancora una volta.

Atmosfere quasi rarefatte, un roco gridare al mondo che la strada da affrontare è ancora lunga ed è difficile rialzarsi dopo tanto star male, dopo aver combattuto tra i mulini a vento della nostra anima, cercando, vivendo e approdando verso e oltre i nostri confini.

Suoni puntuali alternati da un cadenzare elettrico, raccontato e mai banale, da disinvolto cantastorie di notti insonni, che ci permettono di dare un senso al quadro della nostra memoria, un sogno ad occhi aperti fatto anche di elettronica mai gridata per un disco carico e pieno di introspezione sonora.