Il reverendo Mox è tornato, tutti in Chiesa a pregare e a dire che il mondo va bene, così come lo conosciamo, intrappolato in sature distanze compresse da meccaniche di suoni e asettici mondi privi di importanza.
L’industrial e le voci sono molto presenti, ti avvolgono e riescono a farti entrare in un universo gospel-predicato dove la voce punk distruttiva si intreccia al miglior James Blake, valorizzando un cantato corale gridato e predicato, nutrito da chitarre distorte in crossover e da un fragore sottolineato lungo le nove canzoni.
Traccia dopo traccia ci si accorge che la curiosità della proposta ben lega con i tempi che stanno per cambiare e ad indicarlo sono pezzi di instabilità emotiva racchiusi da altrettanta capacità visionaria intrappolata in concretezza come War Sermon e The Winners.
Un disco che si oppone a qualsiasi legge di mercato e che imperterrito prova a cambiare, partendo dalla musica, il pensiero diffuso.
I Gazebo Penguins inoltre contribuiscono all’innalzamento spirituale del reverendo Mox, in un live che potrebbe essere sinonimo di rinascita per commistione e uso dell’idea dominante.
Provare per credere.