Iacopo Fedi – Hole in my bucket (Autoproduzione)

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Sentimenti da lontano west incrociati alla solitudine lo-fi e introspettiva di un disco davvero spiazzante e destabilizzante dove l’idea di fondo si sposa alla perfezione con il risultato finale. Il disco di Iacopo Fedi incrocia il folk con la desolazione desert e registrato totalmente con il cellulare e poi riversato direttamente nel programma di missaggio del pc ammalia per atmosfere ricreate e impressioni fuggevoli date da una musica cesellata canzone dopo canzone. Gli spiriti affini di questa prova sono molti dal Dylan di Pat Garrett e Billy the Kid, passando per lo Sprigsteen di Nebraska o del The ghost of Tom Joad, senza tralasciare la profondità di Nick Cave o le inquietudini di Neil Young nel suo capolavoro Harvest. Si parla di oscurità in queste canzoni, di storie che aprono buchi nella nostra anima e scavano a fondo alla ricerca di un posto migliore dove stare, alla ricerca di un posto nuovo da poter abitare, tra i conflitti della nostra epoca e i saliscendi poderosi di una realtà che non lascia vie di scampo. Hole in my bucket è un disco davvero importante, semplice nei mezzi usati, ma come diamante grezzo, di una bellezza primordiale.