Diana – And you can’t build the night (Dischirotti)

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Disco notturno che ricorda un camminare lento e sospeso su strade avvolte da oscurità e notte a rinfrancare gli animi, a celare dietro la maschera dei cliché un punto di svolta e una personalità in definizione. Il disco di Diana è strutturalmente ineccepibile, le canzoni colpiscono con suoni architettonicamente mossi da un’elettronica mai esagerata, ma piuttosto ponderata e silenziosa che ricorda le ambientazioni sonore di gruppi come gli Amy Can Be. And you can’t build the night è un esordio convincente sotto molti punti di vista. Belle le interpretazioni di un mood metropolitano e introspettivo, bella e notevole la scelta di alternare brani in inglese con quelli cantati in italiano a creare una commistione di genere essenziale nella sua meraviglia più profonda. Da Lost fino a Festival la nostra riesce nell’intento di creare un disco circolare e anche un po’ ambizioso, un album concentrico che guarda oltre i confini nazionali, ispirandosi ad un’internazionalità sospesa e invidiabile.