David Lion – Mandala (Sugar Cane Records)

Pittura ricca di atmosfere in grado di compiere il giro del mondo attingendo la propria forza nella multiculturalità di genere e intensificando rapporti con suoni che non sono propriamente reggae, ma si fanno contaminare da un qualcosa di più ampio e vissuto, condiviso e sentito in un’innovazione sonora che il nostro David Lion, aka LIOND, sa domare, intensificare e distillare a dovere procedendo con suoni che provengono direttamente dal soul, dall’R’n’B, dall’elettronica spruzzata, da un rock mai conclamato, ma piuttosto sedimentato e fatto ad impalcatura per sorreggere questo disco impattante e ben ideato. Mandala è l’ineluttabilità della vita, è il giro continuo che non ha mai fine, è la ruota del nostro essere che si ripercuote con il nostro intorno raggiungendo apici notevoli in pezzi come Cast Away o Peaceful Warrior che vede la presenza di Antony B a supportare le note della canzone stessa. Il disco vede la partecipazione di numerosi artisti, tra gli altri Dean Fraser, Raphael, Piero Dread per un sodalizio musicale che abbatte le barriere e si pone come centro, fulcro fondamentale per una musica priva di confini; quadro essenziale e mutevole nella nostra vita.

PieroDread – #Interplay (Halidon/Bizzarri Records)

Copertina di Piero Dread #Interplay

Sembra quasi di stare distesi su di un prato notturno quando si ascolta il nuovo lavoro di PieroDread, l’atmosfera rilassata e le lucciole che volano vicino ad imbrigliare quegli attimi di luminosità che nell’interferenza di queste canzoni di assecondano, si avvicendano e si completano ad innescare il nostro intelletto, i nostri canali neurali per una musica tipicamente reggae contaminata dal R&B senza tralasciare la canzone pop e uno sguardo più attento nei confronti della World Music. Un disco che porta con sé forti capacità soliste che in una visione d’insieme trova spazio a collaborazioni davvero importanti come la presenza di venti musicisti tra cui Bunna, Sistah Awa, Lion D, Esa, Gemstone, gli Smoke, gli House of Riddim, nonché la presenza dei producers Jeeba, Niam, More Love e Princevibe che per l’occasione ha mixato l’intero disco. Ciò che ne esce è un sodalizio mai gridato con la nostra terra con le nostre roots, le nostre radici, per una musica colorata e davvero curata che risulta essere tra le migliori proposte di genere degli ultimi anni a sottolineare l’importanza del nostro PieroDread nell’unire l’italianità ad un qualcosa di più internazionale e condiviso.

Bruno and the souldiers – Nothing to lose (Autoproduzione)

Incrociatori sonori tra reggae e ska che regalano immaginifiche e vivide fotografie di colori che si estendono creando un ponte tra passato e futuro ingabbiando quattro pezzi che sentono il bisogno di libertà, di volere riappropriarsi di parte del proprio mondo per estendere gli orizzonti creati tra sezione ritmiche puntuali e buona capacità di scrittura che mescola le carte in tavola per dare alla proposta uno spaccato quotidiano ricco di vissuti e compressioni sonore per canzoni che si muovono bene in territori conosciuti, da Feeling of creation fino alla bellissima rivisitazione di Sunny Afternoon dei The Kinks per un disco capace di costruire speranze e sogni per il futuro grazie ad un comparto tecnico e strumentale invidiabile e grazie ad un’energia positiva, una vibrazione che si estende aldilà dei confini pre – costituiti e condivisi per un’autoproduzione sincera e generosa che abbandona i cliché del caso per consegnare agli ascoltatori un EP, in attesa di nuovi sviluppi, che prima di tutto è essenza mutevole in continua trasformazione.

Chisco – Ital (JamRockRecords)

Un mondo esploso in moltitudini colorate newroot per uno dei più rappresentativi, reggaeman italiani, Chisco, già voce dei Working Vibes , vincitori del Premio Ciampi nel 2009 e fautori di collaborazioni nonché condivisioni dello stesso palco con Manu Chao, Negrita, Ziggy Marley, Bluebeaters tanto per citarne alcuni, nomi sensazionali che hanno saputo dare piccoli insegnamenti di vita al nostro che ritorna e prosegue il suo cammino in solitaria, una cammino che è fusione della tavolozza cromatica originaria con nuovi suoni e nuove idee, dal piglio più deciso e incalzante, un ritmo che regala emozioni conquistando platee gremite, per una musica senza barriere e confini, quasi rivoluzionaria e molto appariscente, un palco colorato per giorni che sembrano non finire mai, sotto il segno del ritmo e del cantato in italiano per pezzi che si snocciolano al sole e che vantano la presenza di nomi illustri del panorama di genere come Terron Fabio dei Sud Sound System, KGMan, Papa Massi e Jaka, Sistah Franzy, Queen Mary, Francisca e Mis Tilla,una festa dentro la festa che crea un’armonia legata al filo della musica da Come il reggae fino A calci e pugni, passando per un frullato post estivo di musica da ballare anche in pieno inverno, in ricordo di questa estate, in ricordo di una vita da vivere ancora.

Didols – Raccolta differenziata (Free Recording Studio)

Stili che contaminano una musica senza direzione capace però di veicolare attraverso testi diretti e senza peli sulla lingua un modo diverso di pensare, un modo diverso per tentare di capire il mondo che ci gira attorno, alla ricerca, sempre viva, di uno spazio dove poter abitare intersecando con grande capacità il pop con il reggae, lo swing con il blues, per passare facilmente al rock’n roll e alla ballata d’autore in un costante divenire prima di tutto umano che scherza con i mali della vita moderna, che si prende in giro, ma nel contempo ricerca una perfezione musicale moderna che possa essere astuta forma di riempitivo intelligente per masse sempre più sprovviste di cultura, un non sense pensato e ridicolizzato a dovere che riesce a tirare in ballo anche la telefonista erotica Lea di Leo in un pezzo esilarante e riflessivo, per una capacità, quella della band di Pordenone, di segnare le prospettive e in qualche modo di dare un direzione e un punto di vista differente alle molteplici situazioni che ci troviamo davanti, sempre con il sorriso in bocca e una vita vissuta in cui sperare.

Fantasia pura italiana – Buffoni pecore e re (VREC)

La teatralità del  momento affonda le proprie radici lungo cinque pezzi che si muovono in modo assolutamente naturale tra folk, cantautorato, funk e ska alla ricerca del mood giusto per riuscire nell’intento di prendere alla leggera i grandi temi della vita, trasformando le aspirazioni del tempo in qualcosa di più concreto e sentito, disinvolto e ironico, in grado di entrare nella testa di chi ascolta, assaporandone versi, parole e concentrati di emozioni ben definite, da ballare, per un’estate che è emblema per questa musica, per un’estate che non vuole finire.

Loro sono toscani, ma trapiantati a Roma, hanno un nome da linea alimentare da supermercato, ma non per questo sono commerciali, anzi, la loro canzone pop è intrisa di significati congegnali ad ogni occasione, si passa facilmente dal singolo Piripì fino a Fette biscottate e Rock’n’roll, cambiando genere, sentendo il respiro della gente, il calore umano, necessario a questo tipo di band per progredire, un calore generato dalla commistione di più elementi in grado di apportare una formula tanto strampalata, quanto riuscita, in nome della musica, per la musica.

Questo è un disco che non è un riempitivo per l’aperitivo delle sei, anzi, questo è un album in grado  di far comprendere una musica che al primo ascolto sembra leggera come un vento primaverile, ma che nel profondo porta con sé le necessità del nostro vivere quotidiano.

Frank Dd & Friends – Dannata Dimensione (Autoproduzione)

Animali da palcoscenico che si divincolano tra gli anfratti multi sfaccettati di un romanzo in levare creando all’unisono sapienti composizioni in grado di stabile interconnessioni sonore che sono alla base del nostro tempo multiculturale, in cerca di una dimensione perpetua dove stringersi e guardare con gli occhi tesi al futuro, un nuovo giorno.

Loro sono da Prato e sono i Frank DD & Friends, band che ha saputo fondere con leggerezza e allo stesso tempo con grazia sentita, generi che dir lontani è dir poco: esperienze musicali con un background altamente diverso, che permettono di abbattere i confini fisici e dar vita ad avventure che si spingono oltre il reggae per come lo conosciamo conquistando l’ascoltatore con fraseggi da veri e propri sperimentatori.

Cooperation no competition è il loro slogan, il loro voler occupare un posto nel mondo e come non volergli dare atto, otto pezzi che fanno da monito ai tempi in cui viviamo e ai tempi che verranno, otto pezzi che non si fermano all’apparenza, ma si ritrovano ad essere ricerca costante nei confronti di ciò che non conosciamo, ma non per questo reputato a rimanere relegato; una necessità che si fonde con il vivere, una necessità che si traduce in libertà.

Pavese Rudie – Pavese Rudie (Baracca Records)

Jacopo in arte Pavese Rudie è una creatura che si muove nella scena capitolina e intasca una prova dal sapore forte, che ingloba una musica di genere specificatamente reggae, indorando testi e cercando di trovare nuovi significati ed espressioni al contesto in cui vive.

Affacciato verso l’Atlantico, il nostro è debitore di un suono che colpisce per espressività e arte incisiva, un miscuglio eterogeneo di vissuti di luce e soprattutto una capacità che si applica completamente in toto solo con l’aiuto del collettivo Baracca, una grande famiglia, un grande gruppo di amici che comprende componenti di Radici nel cemento, Banda Bassotti, Banda Baracca e altri ancora per un suono che è un incontro, un’unione multiculturale e ricca di appeal.

Scrivere in metrica, scrivere in rima, lasciare il tempo al tempo e concentrarsi su ciò che resterà dopo di noi: le parole, quelle scritte, quelle che restano, un modo indelebile di lasciare traccia, quell’essere incisivi che si può tranquillamente ascoltare in pezzi come Polvere, Il mondo che vorrei e poi Estate ancora, quelle parole a segnare il cammino che vivono dentro di noi per sempre.

Un disco dal sapore di sfida, un disco da ascoltare e un album che racchiude quella parte di noi da riconquistare e assaporare al meglio fino alla fine dei giorni, perché poi tutto quello che resta inciso vivrà in un eco eterno.

Earth Beat Movement – 70BPM (Princevibe)

I colori della terra che prendono forma e regalano vita a qualsiasi pezzo di eternità che ci gira intorno, un costrutto emozionale che si staglia nel cielo e un amore per le cose fatte con calma, osservando, lasciando da parte le cose inutili e incastrando il tempo prezioso con ciò che amiamo fare di più.

Gli Earth Beat Movement, band fiorentina, dopo il successo del disco del 2015 Right Road, si concede con il nuovo a sonorità molto più reggae e incentrare nella massima conoscenza di se stessi protagonisti di una terra che ci vuole al centro delle nostre scelte e padroni del nostro pensare.

Il respiro che fa parte di noi lo possiamo assaporare e scoprire lungo le 14 canzoni che compongono il disco, a segnare il cammino, a comporre impressioni che abbandonano il tempo per riscoprirci nuova sostanza mutevole.

Ma noi vogliamo rimanere con i piedi ben saldi al terreno, essere legame unico con ciò che ci circonda; un disco che è un punto di riferimento per la scena reggae italiana, un album che, attraverso un concetto fondamentale, e non illusorio, ci permette di capire dove stiamo andando e cosa vogliamo fare della nostra vita.

Black Beat Movement – ID-LEAKS (Bm Records)

Un gruppo che ha i numeri in tutti i sensi.

In testa guidati dalla voce di Naima Faraò, i Black Beat Movement esordiscono con un album pieno di colore da far incendiare possibili contatti lunari.

I BBM nascono come collettivo, tutti nomi noti che compongono la scena underground italiana e provenienti da esperienze diverse come Vallanzaska, Rootical Foundation e Rezophonic, un collettivo che grazie ad una voce suadente e molto blues riesce a creare un funky oscuro contaminato dal soul americano e in stato di grazia da un pop che in qualche modo è portatore di innovazione e scardinamento di regimi precedentemente sorretti per far vibrare ogni singola nota, ogni singolo passo.

8 canzoni che sono frutto di numerose esperienze live come la condivisione del palco con artisti quali Paola Turci, Africa Unite, Sud Sound System, Statuto tanto per citarne alcuni e la vittoria del contest Sziget che porta i nostri a suonare per due volte ad uno dei festival più importanti in Europa.

Un suono quindi che è un riempimento di tavolozze colorate pronte a dipingere un quadro contaminato di espressioni e sfaccettature inusuali, emblematico il passaggio da canzoni come Break it a pezzi come The Trick o Gipsy Lady, una commistione inusuale che si fa pensiero portante nella bellissima What a Gwaan.

Un disco da ascoltare più volte per capirne il vero significato: ad un ascolto veloce il tutto ti sembra omogeneo e in qualche modo legato all’intrattenimento, ad un ascolto più attento invece i 6 si contendono attimi di poesia lucente che fa ben sperare.

L’eterogeneità è il loro punto di forza e a noi piace.