-LIBRI ILLUSTRATI- Megumi Imai – Oggi cucino il sushi (Vallardi)

Titolo: Oggi cucino iil sushi

Autore: Megumi Imai

Casa Editrice: Vallardi

Caratteristiche: 64 pp., 19 x 25,5 cm., colori

Prezzo: 12,50 €

ISBN: 9788876964541

 

Freschezza allo stato puro per questo testo illustrato digeribile e alquanto efficace per farci entrare di gran diritto all’interno del mondo Sushi, all’interno di un mondo in espansione che oramai non conosce confini e si attesta ad essere essenzialità orientale di questi tempi anche nel nostro territorio nazionale. Colori e visioni quindi messe insieme da un linguaggio diretto per una pubblicazione che diventa guida facile in grado di farci catapultare all’interno di un universo culinario descritto con chiarezza e rivolto ad un giovane pubblico, ma nel contempo così ricco e dettagliato da dedicare attenzione anche ai più adulti, in una sofisticata visione che in queste pagine si trasforma, muta, per diventare ed essere alla portata di tutti.

La guida pratica di Megumi Imai è un libro veloce e pieno di consigli utili per tutti coloro che desiderano avvicinarsi a questo unico e inimitabile cibo giapponese. Un libro che si fa consultare grazie ad immagini a corredo del testo che oltre ad essere divertenti riescono, in modo simbolico, ad ottenere l’effetto di far comprendere al lettore l’argomento e il soggetto trattato. Le ricette proposte non prevedono l’uso di pregiato pesce crudo anche nell’ottica di non far dilapidare stipendi ai fruitori, ma piuttosto vengono utilizzati ingredienti semplici e invitanti come tonno, verdure, uova a corollario di un’esperienza culinaria davvero da provare leggendo le pagine edite da Vallardi.

Oggi cucino Sushi oltre che ad essere una prova d’alto valore, sia per precisione e perizia che per qualità generale proposta è anche un libro illustrato che stupisce e ci fa provare l’emozione di comprendere tutto ciò che sta dietro a questo cibo che diventa tradizione e si fa scoprire e percepire attraverso le pagine leggere di questo piccolo grande ricettario. Un universo quindi ricco di rimandi ad una cultura lontana, ma oramai così vicina che confini e barriere sembrano non esistere più. Interessante potrebbe essere l’idea futura di una collana legata ai cibi e alle culture di provenienza per un’esperienza che va oltre le concezioni quotidiane in un’ottica di scambio e diffusione continua. 


Per info e per acquistare il libro:

https://www.vallardi.com/catalogo/sushi

 

Mambo melon – Il bestiario (EdisonBox/Jestrai)

album Il Bestiario - Mambo Melon

Terzo album psichedelico immaginario per il trio che ha fatto dell’improvvisazione un’arma vincente per sdoganare un genere e porlo con cura all’interno di architetture in cambiamento e cariche di energia da proporre in strutture scaraventate al suolo che trovano nel suono metropolitano un punto di sfogo a contatto con qualcosa di assurdamente strano, ma nel contempo meravigliosamente impressionante. Il bestiario è un disco cangiante di difficile interpretazione. Nello strumentale proposto generi come il funk, l’elettronica, il prog, il jazz si fondono insieme per dare vita a qualcosa che di certo non risulta etichettabile, ma che piuttosto  trova nell’armonia eterogenea di questo progetto un punto di contatto con quel qualcosa che si fa scoperta e diventa necessario per comprendere appieno le ispirazioni di questi tre geni della musica. Da Cefalosynth a Istmo i nostri danno vita ad una prova imprevedibile e ambiziosa frutto di tanto lavoro in studio e finalmente da poter assaporare su qualche palco della nostra penisola. Disco pazzesco per intenditori. 


Johnny DalBasso – Cannonball (Goodfellas/Valchiria Records)

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Attitudine punk tascabile da mangianastri in disuso per il nuovo di Jhonny DalBasso a concedere grezze aperture da smerigliare con il diamante più prezioso che abbiamo nella frenetica mondanità di questo nostro secolo. Cannonball è un pugno allo stomaco che corre alla velocità della luce senza preoccuparsi di ciò che sarà, ma piuttosto intavolando discussioni che si dipanano a raccontare di un mondo marcio, fatto di sangue, ossa e desiderio inconscio di raggiungere profondità torbide che racchiudono pensieri carnali, sogni infranti, capacità di sintesi e costante ricerca di un posto dove abitare. Johnny DalBasso nell’urgenza del momento ci consegna un disco adrenalinico che trova nelle pulsioni di ogni giorno un punto di contatto con la parte più oscura che ci portiamo dentro. Un animale da palco che lascia spazio perfino a Furore di Celentano ad indicare un amore per la canzone d’autore italiana che trova nell’interpretazione stravolta e ruvida un punto di contatto con un passato sempre più proiettato al futuro che ci attende. Bravo davvero. 


Martino Adriani – E’ in arrivo la tempesta (Alka Record Label)

album È in arrivo la tempesta - Martino Adriani

Cantautorato atipico in chiave rock che scruta gli anfratti di questa nostra quotidianità attraverso una musica circolare capace di raccontare i nostri giorni e inquadrando vapori e umori di questa società attraverso nove canzoni ben arrangiate e altamente comunicative. Martino Adriani scivola da un passato Ivan Graziani fino a toccare le sonorità di Colapesce o Dimartino per un connubio di pezzi estrapolati dal cilindro della vita e qui rivolti all’interno di un percorso che raccoglie all’interno delle esperienze reali piccoli pezzi per costruire e addomesticare un presente in bilico e perennemente in evoluzione. E’ in arrivo la tempesta racconta indissolubilmente di questo nostro universo che abitiamo, da Ariel passando per Demoni, Paranoic Village, Il mio mondo il nostro costruisce architettura dal piglio moderno pur concedendosi un tuffo nel passato per una poesia in musica che acquisisce un certo spessore ascolto su ascolto, nell’indefinito errare di un cantautore alla ricerca della propria strada. 


Hide Vincent – The house marring EP (I Make Records)

Introspezioni sonore da casa che non esiste più abbarbicate lontane nel tempo e piene di realismo centrato e sogni da decostruire per un cantautorato intriso di malinconia e bellezza in grado di attraversare la realtà e guadagnando, giorno dopo giorno, spazi di apertura con qualcosa di personale e unico. Il nuovo di Hide Vincent racchiude al proprio interno delle piccole perle intense e fagocitanti raccontando di vite in bilico e strade da percorrere nel cambiamento, attraversando, con passi sospesi, i territori inesplorati della nostra anima. Dai The Cinematic Orchestra passando per Damien Rice il nostro distrugge certezze assaporando l’utilità dell’ignoto e incentrando la propria poetica all’interno di una scatola chiusa contenente quattro pezzi fragili e sospesi a sussurrarci all’orecchio parole cangianti, labirinti di memorie, case, forse da ricostruire. 


I hate my village – I hate my village (La tempesta)

Super band nata dagli incroci sonori di Fabio Rondanini, Adriano Viterbini, Alberto Ferrari e Marco Fasolo capaci di sfoderare un suono tribale che incontra generi differenti per dare senso tridimensionale ad una realtà che affonda le proprie radici nel ritmo africano e nelle sperimentazioni d’avanguardia. I hate my village è un concentrato in primis di grande capacità musicale che si snocciola canzone su canzone incalzando energia che via via apre a cantati maturati e improvvisi per un suono d’insieme che ricorda per certi versi quel The king of limbs dei Radiohead tanto ricco di sperimentazioni quanto pregno di contenuti e bisogno di comunicare. I hate my village, rigorosamente registrato su nastro, si snoda lungo strade polverose a tratti funk, a tratti psichedeliche; dal singolone Tony Hawk of Ghana fino alla title track e passando per pezzi come Location 8 o Bahum il collettivo I hate my village mescola le carte in tavola per dare vita ad un disco voodoo ed esoterico incastonato, come perla, in questi tempi oscuri. 


Manica – La faccia degli dei (Autoproduzione)

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Essenzialità punk riscoperta negli anfratti celati di un cibo in scatola andato a male, un cibo da dove attingere la parte migliore per trasportarla nella nostra quotidianità e ovviamente farne buon uso per riscoprire un bisogno unico e necessario. Il disco di Manica, ferrarese trapiantato a Bologna, è un album strampalato che rincorre linguaggi capaci di fa correre la memoria ai CCCP, agli Skiantos a Rino Gaetano e per coraggio necessario anche a Vasco Brondi in un sodalizio con la musica d’autore italiana così improvvisa e immediata che ricorda un naif di rara intensità. La faccia degli dei è solo un connubio di cinque canzoni che possiedono una ricerca poetica disinteressata ai perbenismi e potenzialmente elevata nel dare un senso alle occasioni del momento. La partecipazione alla chitarra, nel brano d’apertura, di Fabio Testoni: il mitico Dandy Bestia dei già citati Skiantos dona quel valore aggiunto che nel suo complesso rende il disco uno sfogo di libertà, un grido fuori dal coro di protesta interiore. 


Bright lights apart – Post Utopia Soundcapes (Autoproduzione)

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Suoni provenienti da un’altra galassia intercettano sapori che spaziano da una beat fracassante ad uno sconcerto psichedelico in fase di modernizzazione. Il secondo disco del trio electro rock proveniente dal Veneto è un concentrato divincolato di magie sintetizzate a dovere e riprodotte attraverso una metafora di vita in dissoluzione che abbandona il sicuro tanto sperato ambire per gettarsi nel buio più profondo della perdita e della ricerca che diventa importante anche nei giorni di pioggia. Post utopia soundcapes sembra una colonna sonora futuristica dall’impronta punk e inglobata per l’occasione attraverso forme prigioniere portanti un’energia che ricorda i Prodigy o l’approccio di band come NIN e Marylin Manson per un fragore di fondo mosso da Post utopia party fino a Anthems for urban hooligans. Un disco da assaporare in toto in chiave live, un insieme di canzoni che scavalca la notte con il rumore immediato di una razzo contemporaneo. 


Murubutu – Tenebra è la notte ed altri racconti di buio e crepuscolo (Irma Records/Mandibola Records)

Tenebra È la Notte

Impressionante lavoro di cesello poetico che esprime in un certo qual senso una realtà racchiusa in un’altra realtà dove la struttura narrativa di fondo prende ispirazione costante dal mondo notturno che abitiamo e si discosta dalle produzioni odierne elevando un genere attraverso l’incrocio essenziale dello stesso con la letteratura. Ritorna Murubutu con un disco davvero intenso, un album introspettivo che comunica all’ascoltatore un viaggio notturno a passo sospeso. Un disco oscuro, ricco di atmosfere, carico di un nero che ammanta e abbaglia attraverso una luce che flebile appare come metafora per uscire da ciò che ci ammanta, da ciò che ci rende schiavi della nostra stessa libertà. Un cuore di tenebra questo, un pensiero che attraverso le numerose collaborazioni da Caparezza a Mezzosangue, da Dj T-Robb a La Kattiveria solo per citarne alcuni, riesce a comporre un quadro d’insieme invidiabile e capace di risplendere nella notte più nera. Tenebra è la notte è un insieme di racconti indispensabile di questi tempi, un’energia viscerale che non passa inosservata, ma che piuttosto taglia in due, con forza e coraggio, la nostra amara realtà. 


Johnny Casini – Port Louis (Autoproduzione)

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Primo EP del musicista di Correggio che per l’occasione sfodera dalla manica assi portentosi come Phil Manzanera alla produzione artistica già con David Gilmour, David Byrne e Roxy Music mentre strumentisti del calibro di Gus Robertson con i Razorlight, Javier Weyler con Stereophonics, Michael Boddy già con Bryan Ferry & Roxy Music, Paddy Milner con Todd Sharpville e Yaron Stavi già con Richard Galliano, Robert Wyatt, David Gilmour costruiscono una struttura sonora portante che richiama indissolubilmente un rock contemporaneo che attinge dal passato una forma cantautorale d’impronta pop davvero importante. I Beatles che incontrano gli Arctic Monkeys, gli Oasis che intersecano i loro suoni con qualcosa di più introspettivo e nel contempo fruibile e leggero per un disco che abbraccia sonorità internazionali pur sedimentando radici in un’italianità espressa. Port Louis è un insieme ragionato di pezzi racchiusi in una bolla di classicità e capaci di costruire qualcosa di personale pur rimanendo all’interno di schemi ben precisi.