Setti – Arto (La barberia records/Vaccino Dischi)

Cantautore dal gusto raffinato che segue le produzioni del momento intercettando bisogni di comunicazione con una musica che si estende e ricerca negli amori non corrisposti e nella tragicità di una fine un proprio punto di svolta, un punto da cui partire di nuovo. Il disco di Setti è un piccolo gioiellino nel panorama della musica d’autore di questi tempi. Ricorda vagamente il song writing di Fabio Campetti e dei suoi Intercity incrociando attimi di musica d’autore targata ’70 per un insieme coeso e necessario di pezzi che si intersecano approfonditamente dando vita a dieci tracce che nel complesso sono ottimamente suonate e prodotte. L’energia lascia il posto all’introspezione e le canzoni pop di facile appeal di certo non mancano ad aumentare ancora di più un desiderio di comunicazione aperto e in continuo cambiamento. Arto è un disco immediato, semplice e bello, un album che ti entra dentro facilmente e che ti terrà compagnia per molto tempo. 


Mario Alessandro Camellini – Un pianeta su nove (Private Stanze)

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Oblio in profondità a ricercare nel nostro cuore valvole cardiache per il buio che verrà. Profondità sospinta ad arte in un parlato in primo piano che diventa cantato interrotto da poesie che raccontano di mondi claustrofobici in altrettanti mondi di fragili rapporti e bellezza fotografata ad istanti. Mario Alessandro Camellini dà forma a qualcosa di desueto, ma di sicura presa, un disco concentrico che analizza, con lo stile e il coraggio del poeta maledetto, un mondo in cambiamento tra nichilismo e senso costante di osservazione con il cannocchiale oscuro della vita, raccontando di vite e di bassezze, di sconfitte e traguardi che non raggiungeremo mai. Un pianeta su nove è un’opera ostica di questi tempi, ma necessaria, un album che ricorda gli scritti di Luca Barachetti, otto tracce metafora di un mondo in decomposizione, otto tracce che colpiscono nell’anima con fare introspettivo, calato nella realtà, un disco quindi riuscito.

Lo straniero – Quartiere italiano (La Tempesta Dischi)

Raffinato segno incisivo di un cantautorato moderno che supera le barriere di sorta e ingrana un’attenzione particolare per il minimo particolare curato in un suono che sembra affondare nella migliore musica d’autore le proprie radici. Lo straniero parla di rapporti umani osservando da vicino un bisogno sempre nuovo di comunicazione che sembra mancare, che sembra non essere più necessario di questi tempi, ma che in questo album esplode in tutta la sua colorata esigenza di andare oltre e ricercare un approdo che sembra quasi un abbraccio senza fine. Parlare di vite quindi, di volti, figure, persone che ci abitano a fianco, ma che consideriamo lontane, estrenee attraverso una musica d’insieme che fa della coralità un espediente necessario per comprendere approfonditamente questa band. Quattordici tracce che sono anche storie a se stanti, da Dove vai a Ritorna qui si chiude il cerchio e in loop continuo gira un disco che ha qualcosa di magico e sicuramente qualcosa di non autoconclusivo. Bravi davvero. 


Una – AcidaBasicaErotica (Marte Label/Indie Pride/Puglia Sounds)

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Sensuale approdo sulle coste di questi nostri giorni attraversando contrasti accesi e sugli occhi di tutti con determinazione e grande capacità di analizzare al meglio cosa ci troveremo ad affrontare da qui all’eternità. Il nuovo di Una è uno schiaffo all’esigenza di essere ancorati al passato, è una visione futura e cinica di quello che ci aspetterà. AcidaBasicaErotica è un’analisi sociale che tocca il razzismo dilagante, tocca l’omosessualità, i rapporti consumati, le grigie giornate a trovare un senso a ciò che facciamo, a ciò in cui crediamo. Musicalmente il contagio elettronico si sposa con un cantautorato ricercato quanto basta per non cadere nel mare delle banalità della musica odierna, intraprendendo una strada di gusto che porta con sé un forte lavoro di pre e post produzione. Il disco di Una, all’anagrafe Marzia Stano, è un lavoro certosino e di cesello, nulla è affidato al caso e l’atmosfera di ribellione presente nell’album è solo una fugace sfaccettatura di un mondo creato da questa piccola, grande cantautrice in evoluzione. 


Banana Joe – Supervintage (Pioggia Rossa Dischi)

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Suoni incontrollati superstiti di un abbandono ad incasellare attimi di vita a profusione atomica dove la potenza deflagrante di chitarre in sospensione si sposa alla grande con testi affilati quanto basta per dare senso maggiore e probabilmente valore aggiunto alla produzione. Il disco dei Banana Joe arriva come pugno allo stomaco, senza fare male, è un pugno di conflitti interiori che si sposano ad arte con la quotidianità, tra un rock anni’90 è una radice punk che non smette di urlare e gridare la propria appartenenza attraverso sensazioni non sempre delineate, ma sicuramente convincenti. I brani si sciolgono come aspirina nell’acqua e sono un toccasana di questi tempi. Da Tara a Omertse passando per Polvere, Queen dei cofani i nostri fanno dell’ironia e del menefreghismo una parte centrale e riuscita di questo Supervintage dal sapore maledettamente attuale e carico di narrazioni che non si chiedono troppo, ma che piuttosto centrano sempre un obiettivo.