Garbato – Anima Sensoriale (Resisto)

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Rapporti umani lasciati in disparte nella civiltà del progresso, rapporti umani devastati dall’apatia e dall’odio nel mondo dell’economia e del capitalismo imperante, rapporti colati a picco nel mare più profondo, ma pronti ad essere rivisti, ripresi, cercati e inglobati in una parola che diventa musica, in un disco che parla proprio di persone, di gesti, di comunicazione e si fa portavoce di un bisogno collettivo, di un sentire comune che si sofferma oltre ogni moda imposta. Il nuovo dei Garbato è un gesto d’amore per tutto ciò che ci circonda, è un simbolo di lotta sempre incanalata in una rabbia quasi gentile, una rabbia che si fa racconto attraverso le poesie del tempo instaurando con l’ascoltatore un desiderio di rivincita, un desiderio di rivalsa contro i soprusi della vita moderna. I suoni ricercati attingono dal cantautorato e dal prog la loro linfa vitale e ci accompagnano in una sorta di concept sul ciò che perdiamo quotidianamente. Da Riflessioni a 100 all’ora i Garbato incasellano sentimenti mistici e quasi fuori dal tempo in un album di certo non banale, ma piuttosto pronto a lasciare il segno. 


Banda Rulli Frulli – Arcipelago (Associazione Mani Tese)

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Entrare in un mondo fatto d’acqua e di isole da dove scrutare da lontano orizzonti immaginifici e segni opportuni di un progetto davvero importante che riesce a scovare le tracce di un racconto, di un messaggio in bottiglia da poter perpetuare, tramandare nel tempo, portare a galla dal buio degli abissi, tra un’unità esemplare ed un unico grande obiettivo. La Banda Rulli Frulli è tornata con un disco importante che li vede ancora condividere il progetto con nomi del calibro di Tommaso Cerasuolo, Cristina Donà, Bob Corn e i Bruskers in una manciata di canzoni che alternano cantato e strumentale a dare forza ad una band che nella diversità trova punti in comune con ciò che viviamo da vicino creando ponti inevitabili con il nostro passato e con il nostro futuro, con ciò che siamo e con ciò che saremo ad impreziosire momenti, ad impreziosire significati come nelle bellissime Giungla d’asfalto o Arcipelago. La Banda Rulli Frulli, con queste nuove canzoni, riesce a dare un senso ad suono collettivo che ricopre di unicità le nostre singole visioni e permette di allontanare lo spettro della consuetudine con una musica fresca, eccentrica e soprattutto viva e pensante. 


House of tarts – H.O.T. (Cabezon Records)

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Già passate su queste pagine con un demo che faceva presagire tutta la loro capacità di fondere suoni e atmosfere le Lilies on Mars nostrane e cioè le House of tarts escono per Cabezon con un disco completo che conta due inediti e sei rifacimenti cesellati e presenti nella loro prima prova non ufficiale in un flusso magmatico e direi ipnotico capace di infondere e confondere ad arte vicissitudini aperte nel riempire voragini di vuoto che per l’occorrenza sono riempite da sintetizzatori umorali e da sostanze magnetiche in lento divenire. Il disco in questione è un bel passo in avanti rispetto alla precedente prova soprattutto in fatto di qualità di registrazione e cura negli arrangiamenti che rendono la proposta più accattivante e di sicuro appeal emozionale. H.O.T è un disco complesso e stratificato capace di catturare le illusioni della vita per riconsegnarle all’ascoltatore in formato tascabile e percepibile attraverso suoni contemporanei e vivi, attraverso una ricerca che permette alle nostre paladine di costruire un’architettura importante per qualcosa che di certo non possiamo definire passeggero. 


Michele Diemmi – Io e te (Autoproduzione)

album IO E TE - Michele Diemmi

Musica d’autore inabissata e sempre in tiro che guarda e scruta con occhio attento le elucubrazioni viventi di paesaggi mescolati ad un brit pop concreto e di puro stampo emozionale capace di intascare visioni preponderanti e scene cantautorali in rapida ascesa in un vortice che parla di rapporti, di relazioni, di contesti scavati e lasciati a sedimentare nel mare della memoria. I paragoni più facili sembrano calzare a pennello con la musica dei primi Coldplay pur non tralasciando la vena romantica e introspettiva più vicina ad un Damien Rice o ad un Tom Mcrae  in contesti carichi e comunicativi che sentono il bisogno  di dare spazio a qualcosa che parla vicino al cuore, vicino a ciò che riteniamo più importante. Ecco allora che le canzoni d’apertura, a tratti energiche e in parte esplosive pensiamo a Come vorrei o Aquilone lasciano il posto nel finale alle malinconie autunnali di brani come Fuori piove, Londra o L’unica a consegnare una prova ben strutturata e capace di ricreare atmosfere davvero interessanti e centrate, alla ricerca di una soggettività capace di varcare, con forza immacolata, il confine. 


Eduardo De Felice – E’ così (Apogeo Records)

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Sapore vintage e di velluto che entra lentamente coprendo spazi d’amore perduti alla ricerca sostanziale di un rifugio, di un approdo che nella parola amore trova le carte essenziali per una poetica che sembra non conoscere le insidie del tempo. Il disco di Eduardo De Felice racconta di un tempo che non c’è più, lo fa con la disinvoltura di un cantautore capace di legare, di creare un ponte tra passato e futuro, attraverso parole sussurrate e mai banali, ma piuttosto tese alla ricerca di una poetica che nell’ultimo periodo di musica italiana sembrava essere svanita. E’ così è un disco semplice, ma ricco di sfumature che ricorda inevitabilmente artisti del calibro di Graziani, Concato, Dalla in una perenne ricerca di comunicazione che attraverso le undici canzoni proposte si fa amore per un ricordo, amore per le fotografie virato seppia della nostra anima e in modo infrangibile si racconta creando immagini in solitaria di velata malinconia. Il musicista partenopeo costruisce mondi partendo dai vissuti di ogni giorno, concentrando la propria ispirazione verso un qualcosa di raro da cogliere nell’immediato che nelle radici e nella trasformazione trova il proprio punto d’approdo. 


Margareth – Run (Macaco Records)

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Macaco Records ritorna dopo anni di silenzio sfornando e producendo un disco di melodie sussurrate da terra d’Albione che si inerpicano con costante disinvoltura all’interno di un concentrato di musica autorale sporcata dal rock più sopraffino e mai conclamato, ma piuttosto interiorizzato a dovere e pronto a stupire attraverso ogni sfumatura espressa. I Margareth ci consegnano un album, un piccolo Ep di cinque canzoni dove i suoni vintage sorprendono grazie ad un miscuglio soppesato di sintetizzatori mai osannati, ma piuttosto necessari per una prova che fa da ponte tra passato e futuro. Dai Beatles, passando per il Lennon solista fino a raggiungere i Blur dell’ultimo periodo i nostri Margareth ci regalano una manciata di canzoni davvero emozionanti sotto diversi punti di vista creando le giuste aspettative artistiche atte a rendere necessaria una prova che ricerca nella sostanziale quotidianità un proprio punto di fuga, un bagliore di luce nel grigiore moderno. Ecco allora che si sciolgono a dovere pezzi come la bellissima Run fino a Treeline ad incidere con forza una sperimentazione che sembra non fermarsi mai, recuperando, attingendo dal passato, la chiave per aprire ciò che resta di noi.


Blue Parrot Fishes – Blue Parrot Fishes (Beng!Dischi)

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Substrati di coscienza che si inerpicano in suoni profusi nell’etere per donare potenza cangiante e melodica a strati di architetture sovrapposte e divincolate a dovere, lontane dal chiacchiericcio moderno e pronte ad incontrare sodalizi con l’esterno per una forma d’arte che alterna parole e suoni, circostanze oniriche e continui rimandi ad una scena psichedelica ed in continuo cambiamento. Il nuovo dei Blue Parrot Fishes discerne in minime parti tanta potenza esplosiva per rendere la proposta più sedimentata e introspettiva, ricordando i cambiamenti repentini di band come Verdena e intelaiando con classe un concept album di rara bellezza, ma non per questo di facile e immediato ascolto. Un concetto intenso quindi, acqua, fuoco e terra a rendere partecipe il nostro io all’interno di calibrate emozioni sotterranee che contrastano con la confusione e rendono l’omonimo della band un rischio incontrollato che saprà guadagnarsi i frutti sperati. 


The King Mooses – Another plastic sunday (Sad Men Walking Records)

album Another Plastic Sunday - The King Mooses

Sbalzi umorali che rimandano inevitabilmente occhi, testa e orecchi agli anni ’90 in similitudine costante con tutto ciò che al tempo potevano considerare bello davvero tra cavalcate, riff chitarristici e pezzi che parlano da vicino del nostro venire al mondo. Il primo disco dei The king of mooses è un concentrato autorale di una musica priva di barriere incentrata sugli accostamenti di genere e compressa a tal punto da esplodere quando meno te lo aspetti, tra cori, sovrapposizioni di strutture e architetture congegnali ad un certo modo di fare musica. Another plastic sunday è un insieme di canzoni di facile appeal, soprattutto nella prima parte del disco, dove ad incidere maggiormente c’è una freschezza e una maturità davvero invidiabili per un gruppo italiano per un suono a dir poco internazionale. Echi degli Interpol, dei The Strokes passando per i The Smiths si possono concentrare nelle attitudini di Daniele De Marinis e soci perpetuando per sempre quell’idea di suono fondamentale che oramai non esiste quasi più e che grazie ai nostri rivive sopra ogni forma di considerazione attuale e contemporanea. 


Mujura – Come tutti gli altri dei (Radiocoop/Self)

Sensazioni territoriali da mare lontano che si inerpicano sulle scogliere incontaminate di un mondo in dissoluzione dove dei e umani convivono in un’alterità che si fa presenza nella quotidianità e sfiora l’indissolubile legame con qualcosa di spirituale che percepiamo nell’aria che non possiamo sfiorare, ma che immaginiamo, in una comunione di intenti che si perde all’orizzonte. Il disco del produttore e musicista folk Mujura, all’anagrafe Stefano Simonetta, si perde negli abissi della sostanzialità teatrale e incrementa una buona dose di bellezza partendo dalle viscere che ci portiamo dentro, dal nostro essere interiori in una principale metamorfosi cangiante che sposa i suoni mediterranei con connubi stilistici da sperimentatore non folk, spostando l’asticella più in alto, in un intreccio di colori, sensazioni, istanti e attimi che stupiscono per freschezza e incisività della proposta. Come tutti gli altri dei si presenta come un ponte importante tra passato e futuro, ne sono da testimonianza pezzi come l’apertura affidata a Toro, Afrodite, Efesto con la voce di Edoardo Bennato e poi ancora Orfeo a cullare una Mai di una bellezza centrale e comprensiva di ogni sorta di influenza che si respira nell’intero disco. L’album di Mujura è composto da una musica che entra direttamente in comunione con la terra e con la radici d’appartenenza, una musica che scavalca l’idea di confine incasellando una manciata di pezzi in un viaggio ultra temporale davvero significativo, concreto e anacronisticamente contemporaneo. 


Truemantic – Truemantic (Seahorse Recordings)

Impostazioni mai definite in una musica orchestrale di ampio respiro che ricopre battiti e sposa a meraviglia questioni ambientali che si dipanano in una natura selvaggia e incontaminata, pronta a raccogliere la neve dell’inverno in un notturno sole che sembra non volere sorgere mai. Le emozioni che scaturiscono dal progetto di Toto Ronzulli si possono definire in comunione con l’ambiente circostante e fanno da tramite per entrare in mondi paralleli da colonna sonora per un progetto strumentale attento ad ogni singola sfumatura, ad ogni singola ripetizione che si apre a melodie ultraterrene e di sicuro effetto circolare. Truemantic è un progetto in evoluzione, è una sfida comprensibile nel momento appena trascorso, è un sostanziale interesse per una musica darkeggiante che al proprio interno è capace di intrappolare una minimal elettronica di ampio respiro consentendo al nostro di raggiungere risultati nell’immediato. Buio e luce si respirano in questo disco, compressione verso spazi lontani e desiderio intrinseco di manipolare i suoni per lasciare, dietro di se, scie luminose di desideri sperati.