Terenzio Tacchini – To Get Drunk (Bloody Sound Fucktory)

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Sputato al suolo ruvido e scomposto e chissenefrega del risultato l’importante è colpire allo stomaco con canzoni che non sono pretenziose, ma piuttosto si fanno a livello terreno costanti e capaci di insidiarsi nella mente dell’ascoltatore, fino al fegato, fino ai polmoni, fino al nostro cuore. Terenzio Tacchini è tornato con il suo sporco lavoro da onemanband di stampo garage con impostazione blues e manie di rock divelto, una musica solista capace di penetrare a livello simbiotico con un mondo devastato e psichedelico, con un mondo stratosferico e controcorrente, un mondo che chiede il proprio conto, il proprio tornaconto anche se il nostro partecipa a distruggere tutto ciò che non va, tutto ciò che deve essere cambiato. L’omogeneità di fondo rende l’intera proposta appetibile e potente per un suono granitico urlato e gridato, un suono in cui le parole sono parte fondamentale del tutto e dove le note di ribellione sono parte fondante di questa grande prova.  


Massimo Coppola – Cristallino (Freecom)

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Ritrovare la realtà dopo i sogni perduti, dopo attimi di quiete che si trasformano in tormentato pensiero, in tormentata esigenza di rapportarsi ad un mondo in dissolvenza, attraverso parole taglienti, altre volte meditate, rapprese, espulse al suolo e poi riprese ancora una volta per cercare in ciò che resta un punto d’appoggio per costruzioni future. Massimo Coppola ritorna con un nuovo disco. Cristallino è un sapere cogliere l’essenziale della vita dopo numerose disfatte, un modo diverso di riappropriarsi di essa grazie ad un viaggiare onesto e sincero che non delude mai, ma riesce, a livello musicale, a cercare una soluzione, un ponte tra passato e futuro, tra cantautorato meditativo anni ’70 che arriva facilmente a sfiorare il Benvegnù attuale in un viaggio musicale mai banale, ma piuttosto intimo e interiorizzato. In Cristallino c’è la sensazione e il bisogno di ricercare una pace interiore, è il continuo senso di appartenenza ad un qualcosa di grande che permette la costruzione di pezzi come Esterno notte, Rosso, Ri-partenze, Esterno giorno in un perenne vagare oltre la nebbia dei ricordi, oltre la nebbia che ricopre i nostri occhi ogni giorno. 


Shiver – Settembre (Autoproduzione)

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Settembre è uno stato umorale, un folk impresso su polaroid passate che instaurano incalzanti un sodalizio con una musica che fa ballare, fa alzare lo sguardo al cielo in un momento di eternità brillante speranza. Gli Shiver impacchettano per bene queste quattro canzoni, queste quattro sostanze d’autore per l’ennesima prova che strizza l’occhio ai suoni d’oltreoceano, alle vertigini trasognanti di canzoni che vanno alla velocità della luce e ricordano in qualche modo i racconti di gruppi come i Blindur o i Telestar assiepandosi dolcemente nell’album fotografico migliore che abbiamo da mostrare. Le tracce proposte si rincorrono vicine, si rincorrono a ribadire concetti e buona volontà, dalla bellissima apertura affidata a Medicine per il morale, passando per la title track che si avvia a riconoscere l’altra perla del disco ovvero Storie di sospiri e di ginocchia sbucciate fino al finale di Oltre il suo ritorno. Settembre è la malinconia di un mondo che dovrà rinascere nuovamente, Settembre è anche un piccolo disco che accontenterà anche i palati più esigenti. 


Eleonora Bordonaro – Cuttuni e lamé (Finisterre/Felmay)

Nel disco di Eleonora Bordonaro ci sono i profumi e le sensazioni di terre lontane, c’è la possibilità di comprendere una musica etnica che scava nelle radici interiori in un corso costante di pensieri che si fanno musica che si fanno emozioni private e poi condivise in un vociare che nel canto si fa poesia e bisogno mutevole di rassicurare. Un disco in siciliano, un album che vola con i ricordi ad un tempo non definito, ma sicuramente caro e vicino alla cantante, alla sua terra, al mondo che condivide e che cerca di tramandare grazie a canzoni che attraverso una musicalità sospinta si protendono nel ricercare spazi di luce, colorati, spazi azzurri che si confondono con la profondità del mare, con la meraviglia del cielo. Cuttuni e lamé è un disco che parla di natura, ma anche di persone, di ritratti, di immagini scolpite come fotografie lasciate all’attesa, sono frammenti di vita e di bellezza istrionica mosse da qualcosa di profondo e a tratti incomprensibile, ma sedimentato a dovere attraverso una voce che lascia al racconto il proprio senso di esistere. 


Magar – Capolinea (Alka Record Label)

Quello dei Magar è un disco intenso, una piccola perla del panorama indie italiano, una perla fatta di quattro pezzi sostanziosi in grado di entrare prepotentemente nella testa dell’ascoltatore con sonorità decise e divincolate dal moderno che avanza inarcando la testa al passato e valorizzando panorami creati da musicisti come il Buckley migliore in un cantato in italiano che grazie a ritornelli bisognosi di sapere si rende intellegibile ad ogni latitudine. Pezzi atmosferici come l’apertura affidata a Gratitudine fanno comprendere la caratura e il livello emozionale della band sarda che prosegue il proprio percorso con le cavalcate sinuose di Non è semplice e Vorrei fossi qui fino ad arrivare alla finale Le mie orge in un compendio elettrico e delizioso che nonostante la brevità della proposta si fa ascoltare tutto d’un fiato e rende assolutamente bene l’ideale centrato di questo gruppo in evoluzione. 


Devocka – Meccanismi e desideri semplici (Dimora Records)

album Meccanismi e desideri semplici - Devocka

Urtare il muro dell’ignoranza, tagliare il suono in quattro e consegnarlo in parti uguali ai nostri punti di riferimento ambiziosi e ricercati, trascritti nelle pagine del tempo e ossidati ora come lastra meccanica di un congegno a noi poco noto, ma impattante, mostruosamente potente e vibrante sogni migliori. Il nuovo dei Devocka parte in quarta dopo sei anni di attesa, non sedimenta ragioni, non piange sul passato, ma ambisce a sfondare il futuro, allargandolo a dismisura e provocando eruzioni visive che attraverso le canzoni proposte si fa membrana malleabile costruita su di una solida base rendendo la proposta contagiosa, caparbia e piena di stile intrinseco. Canzoni che tagliano in due le nostre vite e di certo non lasciano indifferenti, aprono a qualcosa di diverso, aprono a qualcosa che ci impegna e ci rende manifestanti interiori dei nostri desideri più nascosti. Niente perbenismo, niente falsi pietismi in Meccanismi e desideri semplici, piuttosto in questo insieme di pezzi ci sono le parti nascoste e oscure di ognuno di noi, ci sono i pezzi di puzzle della nostra coscienza, pezzi di vetro riappesi con scotch elastico nell’osservare i nostri occhi che guardano un volto in costruzione e soffermanti si protendono alla luce di questa e altre vite. 


The Bankrobber – Missing (Alka Record Label/VREC)

album Missing - The Bankrobber

Grande rock alternativo che calza a pennello con le migliori soluzioni e le migliori rappresentazioni di ciò che sono stati gli anni ’90 in un concentrato di psichedelia in rock che si lascia trasportare grazie ad atmosfere sognanti e un bisogno concreto e sempre acceso di dare forma e colore ai pensieri che rincorro la nostra testa. I The Bankrobber sono una band davvero strutturata e consapevole delle proprie capacità. La band di Riva del Garda formata da Giacomo Oberti, Maddalena Oberti e Andrea Villani prende spunto da tutto ciò che possiamo definire alternative contemporaneo dagli Arctic Monkeys passando per i The Killers non disdegnando però incursioni al brit pop dei Blur e alle sonate folk di gente come Tom Mcrae e Badly drawn boy in un insieme di canzoni davvero omogeneo e dal facile appeal costruttivo e percettivo. Le narrazioni poi lasciano spazio a leggeri fraseggi distorti che non prendono mai il sopravvento, ma sedimentano, in fondo, una sostanza convinta, una meraviglia da scoprire canzone dopo canzone che attraverso spruzzate di elettronica riesce a rendere questo Missing un album adatto ad essere portato, espatriato, fuori dai nostri confini. 


Breaking the fence – Niente Rimane (Chains)

Esclusiva: Breaking The Fence – Niente Rimane EP (full streaming)

Sostenuta potenza che si evince da subito nei pochi fraseggi che fanno da aperture del disco carico di marcia rabbia dei padovani Breaking the fence, un album composito che accompagna grida di dolore nei confronti di una società che non vuole cambiare. Grida laceranti che in Niente Rimane assumono la connotazione di poesie moderne da cantare tutte d’un fiato, da far assaporare istante su istante all’interno di una scatola chiusa e pronte ad uscire quando meno te lo aspetti. L’Ep dei Breaking the fence, formato da sei canzoni, è la summa di un percorso di ricerca che trova come spiriti affini band della caratura di Ministri e FASK e che nei contrappunti sonori proposti si fa tangibilità esigente da apprezzare soprattutto in chiave live. Le multiformi Che ne sai, Santa Marta aprono ad un finale e ad un intero disco che sa di già visto, di già sentito, ma che non disdegna certo l’immaginazione sempre fervida di nuove strade, preponderanti e personali, da seguire. 


Soviet Malpensa – Astroecology (Costello’s Records)

L'immagine può contenere: montagna, cielo, nuvola, spazio all'aperto, sMS e natura

Costrutti esistenziali che si spingono oltre le consuetudini attraverso un suono contaminato da diversi generi osando e soprattutto fregandosene dell’opinione pubblica, ma con il preciso intento di colpire e far sussultare un proprio stato interiore, il proprio essere alle prese con l’affacciarsi simultaneo alla musica moderna. I Soviet Malpensa sono una band cresciuta tra le provincie di Milano e Varese, una band in costruzione che attraverso il loro nuovo Astroecology riesce a sedimentare gli agglomerati di genere per creare una specie di concept capace di domandarsi e che ritrova nell’esigenza di esplorare altre galassie un punto di contatto inevitabile con questo nostro mondo, con la terra che ingloba. Nelle loro canzoni ci sono echi di psichedelia, c’è lo shoegaze, ma anche del sano rock dilatato che apre gli spazi e ci consente di virare la nostra testa e le nostre ambizioni verso un territorio da scoprire carico di incertezze, ma memore di cosa è stato il passato. Ascoltare Astroecology è un po’ come tuffarsi nelle profondità dello spazio attraverso una navicella interstellare per dare un senso diverso a tutta questo buio che ogni giorno dobbiamo affrontare. 


LeSigarette – La musica non serve a niente (‘N Etichetta)

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Super duo diretto ad imprimere nel panorama della musica italiota un tocco di potenza e di classe che si contorce con l’eleganza da assaporare in questa proposta davvero originale e che devo dire sinceramente sa di nuovo finalmente. La musica non serve a niente sembra quasi un monito per chi la musica la fa, ma in questo disco tutto risulta essere sotto sopra, un mondo capovolto che Jacopo Dell’abate e Lorenzo Lemme sono in grado di costruire grazie ad artifici imprevedibili e maledettamente buoni e che per l’occasione trovano il plauso e la produzione intera di ‘Na Cosetta, live club d’eccezione nel panorama della musica italiana e la neonata label ‘N Etichetta a dare un senso maggiore e particolare alla proposta presentata. LeSigarette sono energici e sanno sviscerare, quando meno te lo aspetti, otto pezzi che non si chiedono troppo, la finale Vaffanculo ne è l’esempio, otto canzoni che non dosano nulla, ma piuttosto riempiono di sudore un palco che li vede vincitori. Loro artisti di strada, loro animali da palcoscenico, loro così ancorati al presente da risultare moderni ed essenziali in una formula diretta che sa piacevolmente stupire.