Younger and Better – Savana (La Fabbrica)

Risultati immagini per younger and better savana

Trance ipnotica e surreale capace di fiondarsi all’interno di sogni onirici e confidati in una musica d’insieme tracciabile sulle note darkeggianti di un’elettronica potente e destabilizzante. Il debutto dei Younger and Better è un pugno allo stomaco alla necessità di scoprire l’utile in una forma canzone conquistata a dovere dove l’analisi di una città in preda al caos si estende lungo le dieci canzoni presenti con attitudine punk e forma in divenire che ricorda la rivoluzione sonora e sperimentale di band come Battles e si discosta dai movimenti odierni puntando ad un lirismo di fondo che nell’originalità trova la propria valvola di sfogo. Gli Younger and Better non seguono le mode cercano una propria strada da seguire nei meandri tentacolari di un cemento che si fa sostanza materica per l’acquisizione di forme sempre nuove e scoperte che riecheggiano dall’interno fino alla grande esplosione finale.

Il Fieno – Riverberi (UMA Records)

Pop sopraffino ed elegante che si struttura maggiormente rispetto al precedente esordio I Vivi e rende unica la commistione di generi e l’affacciarsi inevitabilmente ad una musica targata ’80 che veicola i pensieri ad una forma canzone in evoluzione e permette l’approcciarsi ad una new wave mutata che fa da contraltare a gruppi come The National o Editors permettendo al flusso ondoso di andare e tornare come Riverberi in dissolvenza. La prova de Il Fieno è davvero sorprendente, c’è originalità e completezza, c’è ricerca estetica e cura dei suoni importante che permette alla band cresciuta tra Milano e Varese di modificare attitudini e speranze per qualcosa di eclettico e vissuto. La produzione affidata a Lele Battista è il valore aggiunto articolato a dovere e Canzoni come l’apertura Everest, Canzone Semplice, Lotus, Levanto sono solo riflessi di un insieme da ascoltare nella sua totalità per un proseguo che dimostra capacità di vedere il mondo da diverse angolazioni, sfruttando la lezione del tempo e rendendo completa una bellezza davvero unica in questo panorama italiano.

Bad Pilot – Inverse (Autoproduzione)

Disco bomba ammirevole per il gruppo francese capace di lasciarsi contaminare da un suono electro rock amalgamato alla dance d’impatto che assicura un esito incondizionato e pieno di originalità e rimandi alla scena elettronica odierna. Quello dei Bad Pilot è un insieme di brani davvero consistente e impressionante per immediatezza e ritornelli che colpiscono al cuore, refrain su basi analitiche e suoni magnificamente pop che ricordano quella grande e lisergica psichedelia raccontata dagli MGMT nel loro esordio folgorante Oracular Spectacular. Le quattordici canzoni proposte si sciolgono come caramelle dolci in bocca lasciando un retrogusto di passione difficile da trovare in altre produzioni odierne. Inverse è sinonimo di altissima qualità, una qualità intrinseca che non si accontenta di essere accostata a band come i precursori Daft Punk, ma piuttosto trova un proprio percorso, una propria via laddove il panorama si erge saturo in tutta la sua grandezza e opulenza. Davvero bravi.

Alberto Cipolla – Branches (MeatBeat Records)

Capolavoro di musica strumentale maniacalmente tendente alla perfezione che si dipana tra musica da film e paesaggi nebbiosi dove a farla padrone sono le atmosfere malinconiche che riempiono di costrutti esistenziali la nostre mente e trasformano le terre di confine in qualcosa di bellissimo e lucente per un lavoro orchestrale che ha il sapore del miglior Antony Hegarty e degli indiscussi e capaci Cinematic Orchestra per una preziosa ricerca di fondo che risplende di luce propria. Il disco di Alberto Cipolla è un substrato di architetture suadenti dove una voce profonda e convincente lascia spazio a divagazioni strumentali talmente importanti che i suoni utilizzati sono attribuibili ad un insieme orchestrale capace di penetrare in profondità valorizzando il flusso magmatico di una musica che conquista fin dal primo ascolto. Da Timelapse fino a No Regrets Pt2 si sente la necessità di un ascolto intero per dare un senso a quel cerchio formato da innumerevoli rami che come polmoni ci fanno respirare e inevitabilmente ci fanno toccare il cielo con sfiorata delicatezza.

The Shalalalas – Boom (Bassa Fedeltà)

Risultati immagini per the shalalalas boom

La spensieratezza affiora in questo progetto, esplode come sole mattutino e inevitabilmente contagia con sonorità fresche e variegate, cotte a puntino ed edulcorate a dovere in una forma- canzone che non si chiede troppo, ma piuttosto conquista ogni singolo attimo trascorso attraverso suoni giganti che primeggiano nel passare da un neo folk fino al punk rock meno conosciuto, ma di sicuro effetto. Nuovo disco per il duo romano, nuovo album che vede la partecipazione di Cesare Petulicchio alla batteria e Federico Camici al basso per un’esplosione sana e lontana dall’indie italiota che intercetta influenze d’oltreoceano senza dimenticare l’amata Terra d’Albione perpetuando un suono menefreghista che si dimena tra riff sostenuti e voci scanzonate, sodalizi cosmici con un’improvvisazione impreziosita a dovere e quel grado di savoir-faire internazionale che si riscopre esigenza necessaria per questa e altre soddisfazioni che verranno. Una prova davvero interessante che ha il gusto della gomma da masticare appena scoppiata in faccia e di una grossa e sana risata da condire con un sole cocente che spazza via ogni nube dal nostro viso.

Tabaccobruciato – Bello dove stavano gli hippies (Ultrasound Records)

Risultati immagini per tabaccobruciato bello dove stavano gli hippies

Sonorità e musicalità d’altri tempi capaci di abbracciare un cantautorato asciutto e anacronistico musicalmente in un concentrato però di testi ad effetto proiettati ai giorni nostri con la consapevolezza di ottenere un risultato lontano da ogni era e di riflesso importante osservando il tutto con visioni esterne di un polveroso andirivieni di ciò che è stato. I Tabaccobruciato parlano al cuore e lo fanno con la nostalgia di chi non ha nulla da perdere, ma piuttosto in grado, dopo il quarto disco, di ponderare equilibri di malinconie da fine estate,  tra le nebbia padana, le sagre di paese, i cammini lunghi un sogno in sella a biciclette sgangherate e il desiderio quasi essenziale di non vedere il tempo passare. Il tempo passa ahimè e in questo concentrato di canzoni convive una bellezza di fondo davvero apprezzabile, ironica in parte, pesata e costruita dall’altra. Bello dove stavano gli hippies è un ponte tra passato e presente, tra ciò che abbiamo e quello di cui abbiamo bisogno. Una conquista a cielo aperto racchiusa nell’attimo appena trascorso che ora inevitabilmente e indissolubilmente non esiste più.