Riccardo Gileno – The Curse EP (Autoproduzione)

Rialzarsi dalle cadute quotidiane, lottare contro l’indefinito e contro quella capacità dell’essere umano di creare ambientazioni non più adatte alla vita, ma piuttosto luoghi, zone, dove perdersi e lasciarsi affondare e dove lottare ancora sembra l’unica cosa necessaria per poter vivere nel nostro tempo. Riccardo Gileno dà alla luce un piccolo disco di quattro tracce, quattro canzoni fatte di chitarre acustiche e voce in primo piano, un cantautore sensibile al mutare della marea, allo stravolgimento del nostro essere, alle fasi lunari che ci interessano da vicino. Quattro pezzi in solitaria che aspirano a trovare la luce laddove la luce sembra disperdersi nei punti più bui della nostra coscienza, un EP che si snoda tra atmosfere alla Nick Drake, passando per le solitarie immagini sofferte di Damien Rice pur custodendo un animo intrappolato nella musica degli anni ’70 e nei cantautori più introspettivi che hanno fatto grande la storia della musica. The curse parla di maledizioni in musica, di tutto quello che conosciamo e che da un momento all’altro può trasformarsi travolgendo pensieri e illusioni perenni in stati di verità sospinta. Un cantautore dell’animo umano Riccardo Gileno, un musicista che attende con speranza illustrazioni di vita che saranno prima o poi le immagini perenni e fondanti di nuovi dischi, di nuove canzoni.

May Gray – Ritorno al sereno (Manitalab/Private Stanze)

Copertina di May Gray Ritorno al sereno

Maturità artistiche nei già conosciuti May Gray grazie ad un disco profondo nella superficie del pop sognante e in grado di attraversare il nostro stato umorale trasformando una grigia giornata in qualcosa di ammirevolmente accecante. Le canzoni di facile appeal a cui ci avevano abituati continuano in una solidità della proposta davvero interessante. Una proposta vista con gli occhi di chi tenta giorno dopo giorno di dare fantasia ad un mercato saturo di inventive, ma come in questo caso in grado di confezionare una musica che non ambisce a delimitare confini, ma piuttosto evapora sognante nei flutti dell’immediatezza da assaporare nell’attimo che trascorre giorno dopo giorno. Canzoni come Camilla, Testa in tasca, Tra di noi, Via Pennisi non passano di certo inosservate scardinando un rock alla Foo Fighters che incontra i nostrani Ministri e i FASK in suoni che si prolungano a dismisura in cavalcate elettriche davvero energiche e invitanti al pogo sfrenato. Ritorno al sereno è il bisogno di guardare verso una direzione, scegliere una continuità captando odori e profumi di un attimo da custodire e quando meno te lo aspetti con quello stesso attimo avere la possibilità di cogliere ogni percettibile sfumature dello scibile umano.

Antarte – Isole (Megaphone Label/Goodfellas)

album Isole - Antarte

Strumentale d’atmosfera che si inerpica su scogliere lambite dal mare e capaci di penetrare gli anfratti oscuri, gli anfratti della nostra coscienza in un vortice compresso di musica che dissolve le certezze e trascina le nostre ambizioni nei territori inesplorati della nostra anima attraverso un rock che ha il sapore del post e della musica d’oltremanica in connubi davvero potenti e sognanti, oniriche visioni di pace dei sensi e traguardi importanti e sublimi da raggiungere. Contorni quindi oscuri e cupi che si aprono in un disco davvero ben congegnato, strutturalmente mirato ai grandi concept del passato e imbrigliato all’interno di una luce salvifica e immortalata nell’istante, canzoni che sembrano dipinti materici pronti a stupire, Turner pittore che incontra l’eterea immaginazione della musica islandese e delle suite sonore dei primi ’70 congegnando ad arte stelle che brillano fino all’ultima nota. Isole è un concentrato di difficile spiegazione, è un viaggiare nei territori umani dove quello che costruiamo sarà bisognoso di apporti sempre nuovi per tessere le trame dei nostri cuori, trame collegate da vene, arterie, capillari pulsanti vita, trame riscoperte per l’occasione all’interno di un album davvero importante.

Giannutri – Avventure tropicali (Autoproduzione)

Pop semplice ed edificato ad arte in modo diretto, senza fronzoli, architettando a dovere un’esperienza sensoriale che attraverso brani squisitamente immediati convince a dismisura sin dalla canzone d’apertura che ammalia e parla di luoghi lontani per poi spostarsi attraverso una musica orecchiabile e quasi d’autore in un vortice che fa il giro del pianeta in modo non banale di certo, ma piuttosto convinto, grazie all’uso della parola e la capacità di intrattenere l’ascoltatore con un mix eterogeneo di  convinzioni e sapori lontani. I Giannutri al primo disco non deludono di certo, anzi, riescono a dare carattere e originalità ad una proposta di ampio respiro, il singolo Soldi di Gloria è già emblema di un non sense velato che ironizza, ma nel contempo fa pensare fino a prodigarsi in canzoni come San Paolo, Otranto, Si che lo sai e la finale Bunny Ray, il coniglio Ray della protagonista Gloria, in un viaggio concentrico dentro alle aspirazioni, un viaggio fatto di vissuti ed emozioni, un viaggio divenuto reale grazie ai racconti di questa band che fa della narrazione un punto di svolta per questa ed altre soddisfazioni.

Eterae – Fermi & Arresi (Scattivorticosi Records)

E’ la velocità che fa la differenza è la velocità che comprime gli spazi e attanaglia il fiato in un respirare affannoso compresso di bolle d’aria e conciso, riflesso e assorto quasi a dimenticare l’attimo prima della grande luce finale. Rock che cavalca i fasti dell’hardcore in un silenzio che poi si fa corale assordante per gli Eterae, trio cosentino che impasta a dovere suoni di almeno una decade fa e si esprime nell’immediatezza del momento, nel salto nel vuoto prima della tempesta, prima che tutti si possa trasformare di nuovo, fino alla fine del nostro tempo, fino alla fine dei nostri giorni. Urgenza quindi che si apre e riflette gli stati d’animo appassiti dentro di noi. Costruzioni che si stagliano e città grigie che opprimono sono le armi vincenti per entrare in questo ed altri mondi, fermi e arresi ad aspettare, arresi e immobili a vedere tramontare il sole ogni giorno senza fare nulla, senza ottenere alcuna rivincita. Gli Eterae non stanno a guardare, anzi, costruiscono assiomi su ciò che verrà e lo fanno così bene da rimanere con il fiato sospeso fino all’ultima nota di questa potente produzione.

Using Bridge – Floatin’ Pieces (Autoproduzione)

Potenza di fuoco incontrollata cavalcata e sormontata da una voce graffiante in un rock che ammicca al grunge degli esordi dove la scena di Seattle dettava legge e aspirava ad entrare nell’Olimpo delle grandi cose. Gli Using Bridge arrivano alla quarta produzione dopo quindici anni d’attività apprendendo la lezione del tempo, soprattutto di quei primi ’90 dove un certo Eddie Vedder cantava di malinconie e disagio esistenziale con una voce che non ci saremo mai più dimenticati, cantava con i suoi Pearl Jam il dolore di una generazione e qui, in parte, quel dolore esplode ancora grazie ai pezzi impattanti della band romagnola che sa dosare la forza e nel contempo ha il giusto grado di maturità per comprendere il cammino svolto fino ad ora. Le canzoni si sciolgono granitiche e convincono, seppur nel già sentito, grazie ad un’emblematica visione di fondo che ci proietta ancora nel passato, per comprendere, capire e carpire i segreti celati in tutta questa magnificenza. Da Amigdala fino a God Knows  i nostri intascano una robustezza capace di scardinare le regole precostituite rispolverando ciò che è stato in precisione assorta, robusta e a tratti malinconica con occhi attenti e vigili protesi al futuro.