da Black Jezus – They can’t cage the light (Weapons of love Records)

Impressionante album d’esordio per un duo composito che mescola black music e folk in una formula stravagante intrisa di chitarre e voci profonde e graffianti, particolari, strane nella loro omogeneità in complessi assolutamente luccicanti e nel contempo oscuri e introspettivi. I da Black Jezus compiono una specie di miracolo attraverso nove canzoni che profumano di internazionalità e bellezza, pezzi stratificati pieni di chitarre e leggera elettronica a fare da contraltare ad una voce maschile spettacolare e originale per una freschezza che si respira sin dalle prime note riuscendo a dare un senso alle melodie e alle architetture create inesorabilmente. Le canzoni proposte non passano di certo inosservate e la dicotomia buio e luce è una chiave di lettura per comprendere appieno questo accecante concentrato di saperi ed emozioni installate a dovere per sorprendere in una dimensione intima quanto essenziale. I da Black Jezus danno vita a qualcosa di difficilmente replicabile, ma che ora possiamo goderci appieno.

Audyaroad – What is the price? (VREC)

Potenza sonora incontrollata per un classic rock di sicuro impatto scenico che unisce elementi dei ’70 con qualcosa di più moderno che sfiora band come Bon Jovi pur mantenendo una connotazione alquanto personale che fa della band di Milano una sorta di camaleontico quadro in divenire che raccoglie le sfumature di questo e altri tempi per creare architetture sonore che eccentricamente misurano un insieme e si fanno gradazione sopra di un palco luccicante e nello stesso tempo polveroso e disincantato. Gli Audyaroad ci danno dentro e si sente, lo fanno con uno spirito da primi della classe, incorporando visioni e aspirazioni che ben sono rappresentate in questo What is the price? uscito in edizione fisica limitata a cento copie e che trova in pezzi come i singoli Mr. Dynamite e Hey Man dei punti chiari e di contatto con il proprio credo. Il disco in questione è un concentrato di avventure sonore a cui non sappiamo rinunciare e che trova il proprio spiraglio d’apertura passando per la porta principale, quella dell’amore e del sudore per un certo tipo di musica che sembra non trovare fine.

The allophones – Muscle Memory (VREC)

Un disco davvero sorprendente quello dei The allophones, un album impreziosito e contorto, scintillante e oscuro, in grado di ispirare e attingere da rimandi musicali di puro interesse concettuale, dai The National passando per Editors, Elbow e Interpol con quella chitarra orientale spaventosamente importante che rende il tutto portatore di una connotazione alquanto sincera e nel contempo potente nella propria originalità. La band di Firenze, alla sua prova d’esordio, inspira prodezze d’oltreoceano intessendo dieci pezzi che si portano appresso una propria vita, una propria connotazione chiara e precisa, un sapore internazionale che possiamo percepire già nella traccia d’apertura Somebody’s fault, passando per i singoli The owner e Better Days fino al gran finale macerato e lasciato a sedimentare di My league per un album che dalla sua struttura interna lascia presagire un potenziale notevole per questa band e che disintegra una concezione passata per rafforzarsi in chiave moderna oltre il futuro.

Erezed – Ventre (Resisto)

Percorso sonoro evolutivo che guarda scalini esistenziali come fossero punti di contatto tra la terra e il cielo in un alternative sospinto nel creare buchi di potenza emotiva che a tratti perde il controllo e si inerpica, lassù dove nessuno può arrivare. La forza degli Erezed è calpestabile e percepibile sin dalle prime battute di questo Ventre, un disco in cui il post rock abbraccia strumentali che si fanno prog dalle sfaccettature hard in un sodalizio con l’ascoltatore che diventa quasi un concept di storia, esistenze e vite. Partire quindi per cambiare, per sentirsi diversi, in una realtà estranea e opprimente da cui i nostri escono vincitori con canzoni come la title track introspettiva, Ti ucciderei, Pioggia ciclica, il singolone Numeri o il finale metafisico Confine. Gli Erezed danno vita ad un concept album di pura conoscenza personale e di accettazione di un se che attraverso le dodici canzoni proposte segna una strada matura e nel contempo ricercata a dovere tra passato e presente, tra vecchi incontri e il bisogno di sperimentare.