Davide Viviani – Loreficeria (Autoproduzione)

album L'Oreficeria - Davide Viviani

Per far nascere questo gioiello ci vuole amore per le cose semplici, vissute e realizzate grazie alle mani esperte di un artigiano del cuore capace di cesellare i rimandi di un tempo andato e distillarli appena nell’alambicco della memoria, ottenendo gocce di solitudine assimilata al passato, ma che attraverso atmosfere notturne incanta il presente e lo rende prezioso come non mai. Il disco di Davide Viviani potrebbe essere un album di semplice cantautorato, ma qui ogni suono, ogni situazione è levigata a puntino e apparentemente imbrigliata diviene poi capace di scivolare lungo un percorso chiamato vita fatto di piccole cose quotidiane, di saltelli nel cortile dell’infanzia, di sguardi che scrutano i passanti laggiù oltre le mura. Ad impreziosire i vissuti troviamo la presenza di Alessandro Stefana e Marco Parente, artisti in grado di render ancor più importante un risultato che già dalle intenzioni iniziali sembrerebbe uscire da una macchina del tempo trainata da cavalli di un’altra epoca. Un riscoprire quindi una musica d’autore che non divaga tra gli orpelli elettronici che spopolano ai nostri giorni, ma piuttosto ritorna alla piena e polverosa coscienza del sé che si fa arte a tutto tondo e convince già dal primo ascolto.

Alteria – La vertigine prima di saltare (Autoproduzione)

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Rock al femminile graffiante quanto basta per accendere fiamme eterne di abbandono e solitudine, ma anche di riscatto proprio quando la forma canzone si trasforma in cantautorato gentile e sospeso al filo della memoria, al filo del ricordo che tutto lega e permette ai sogni di fare capolino nel bel mezzo della realtà. Alteria è il progetto sinuoso di Stefania Bianchi un vero e proprio salto nel vuoto alla ricerca di rapporti, legami, consuetudine e sperimentazioni in un equilibrio precario con l’esigenza di raccontare spaccati della propria vita e il bisogno di incanalare energie per esplodere ancora come super nova inabissata nell’oscurità. La vertigine prima di saltare è un disco composito, che rimanda a certe sonorità degli anni ’90 pur non trascurando una parte alquanto curata di filtraggio mnemonico che condiziona il risultato finale, smussando errori e dando vita ad un prodotto musicalmente importante sotto molteplici punti di vista. Brani come Premessa, Cuore Demonio, Passi Fermi sono solo alcuni accenni di un qualcosa che architettonicamente si estende ad altezze memorabili, in un susseguirsi di vicissitudini, emozioni, vita accostabili a quel senso di vissuto profondo che in un certo qual modo ci accomuna tutti quanti indistintamente.

Mr Everett – Uman Ep (Collettivo HMCF)

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Progetto divincolato e spaziale che muta al variare dei beat e si incanala laddove il suono si fa frequente e crea atmosfere in dissoluzione in un rapido susseguirsi di idee, sogni nascosti e infranti, pronti a frastagliare lo sperato per incarnare voci da un altro mondo, voci lontane e accentuate dallo sciogliersi del nostro tempo. Il progetto composito Mr Everett guarda al futuro tra una sorta di pop elettronico e un’arte visiva e performante che va oltre le dimensioni per come le conosciamo accentuando il fattore sorpresa nel susseguirsi degli eventi, nell’incedere dei pezzi proposti che seppur in numero esiguo connotano e caratterizzano un risultato d’insieme brillante e meditativo, capace di far fronte alle difficoltà che una lettura così complessa può portare e nello stesso istante riservare attenzione per il particolare e per la forma raggiunta davvero coinvolgente. I brani proposti compongono un’omogeneità di fondo contagiosa da Japanese Safari fino a Rollercoaster passando per brani come Be you affrontando la questione uomo/macchina attraverso un punto di vista per così dire innovativo e attento al mondo in evoluzione. Un progetto che spero farà ancora molto parlare di sé e che si attesta a creare una quarta dimensione d’impatto che nel futuro, forse, diverrà essenziale.

Hawaii Zombies – Hawaii Zombies (Uma records)

Strafottenti e disintegrati al suolo pieni di marmitte esplose a suon di menefreghismo musicale assiepato al vociare del giorno e ricco di rimandi ad un brit pop squinternato, ma impattante, gli Hawaii Zombies approcciano un disco davvero divertente sotto molti punti di vista in un vortice di sensazioni che ben si sposano con la strampalata proposta presentata. Loro lo chiamano bubblegum punk, una specie di alternative punk solare e leggero a bassa fedeltà dove la sostanza vale più del pacchetto esterno anche se ci sono canzoni che senza chiedersi troppo instaurano sodalizi con l’ascoltatore e rimandano ad un’epoca surfistica che non c’è più pur contribuendo a riportarla in auge e a dare sfogo all’inespresso celato. I pezzi si sciolgono al sole da The dark side of the nerd moon fino a Blue is turning grey attraversando un prendersi non troppo sul serio che alla fin fine stupisce e raccoglie i frutti sperati in un’avanguardia che si getta nel precipizio della musica senza paracadute, ma soprattutto senza paura di cadere.

Jack Adamant – Lunch at 12 since ’82 (AR Recordings)

Disco solista che incasella rapporti e asseconda l’attimo in poesie acustiche ben suonate che rappresentano quasi un punto d’incontro, un punto di reale appoggio con la sostanza che imbriglia la luce per sperimentare momenti di vita in un percorso umano capace di raccontare e raccontarsi, un percorso che incrocia il cantautorato di Dylan e la voce di Brian Molko in una sperimentazione di arrangiamenti che vedono la chitarra prima su tutti creare contorni e dare un senso successivamente a sintetizzatori, alle volte troppo presenti, ma comunque capaci di creare linee melodiche di pacata raffinatezza. L’album di Jack Adamant è un piccolo spaccato di vita che raccoglie la bellezza del tempo che trascorre, sono cinque canzoni che partono dal momento, quel pranzo in famiglia puntuale dal 1982 e narrato con la semplicità di ballate acustiche intrise di velato mordente, da Easy to find fino a Without il nostro percepisce il momento e sente il bisogno di esprimerlo al meglio in un album che potrebbe essere e potrebbe farsi anticipazione di tutto ciò che verrà, tra strutture emozionali e lisergiche rappresentazioni della realtà.

– LIBRI ILLUSTRATI- Catharina Valckx/Nicolas Hubesch – Luigi. Il giorno in cui ho regalato una pianta a uno sconosciuto (Babalibri)

 

Luigi. Il giorno in cui ho regalato una pianta a uno sconosciuto, Nicolas Hubesch e Catharina Valckx

Titolo: Luigi. Il giorno in cui ho regalato una pianta a uno sconosciuto.

Autori: Catharina Valckx/Nicolas Hubesch

Casa Editrice: Babalibri

Caratteristiche: 18 x 22,5, pag. 72

Prezzo: 17,50 €

ISBN: 9788883624056

 

Il mondo di Luigi è un mondo strampalato, onirico e surreale pur mantenendo una connotazione reale, è un universo popolato da animali in parte antropomorfi che vivono una vita apparentemente tranquilla e del tutto caratterizzata da situazioni che trasformano l’avventura in un appariscente momento di confronto con le emozioni e i sentimenti, con gli stati d’animo e con quel necessario bisogno di instaurare relazioni per poter affrontare la realtà, per poter vivere pienamente.

Apparentemente la storia del gatto Luigi è semplice e fantasiosa, il tutto ha inizio con il ritrovamento da parte del nostro protagonista di una pianta lungo la strada, un’alocasia. Successivamente Luigi deciderà di regalarla ad uno sconosciuto incontrato sull’autobus il Signor Kovopatuciok, una nutria che per gratitudine compirà una magia che non anticiperò, per non rovinare la sorpresa, un gesto che però si dimostrerà in grado di innescare nuove storie e immagini da sogno capaci di imprimere le pagine di questo infinito atto del donare caratterizzato dalle sottili implicazioni della vita e dal delinearsi dei personaggi che via via prenderanno forma all’interno del libro.

Dopo il primo successo, uscito sempre per Babalibri: Luigi, alcuni giorni molto interessanti della mia vita, continuano le peripezie del famoso gatto mosso dalla penna di Catharina Valckx e disegnato dalla matita di Nicolas Hubesch, il tutto attraverso un processo costante e di rinnovamento pur assecondando il bisogno di mantenere, esempio, amici fedeli come Miki, il vecchio pony che accompagnerà il nostro, anche in questa storia come inseparabile compagno di vita, fino al meritato finale, in un clima di surreale passione per il viaggio fatto assieme. Attraverso immagini vivaci ed egregiamente illustrate le figure in scena parleranno in prima persona immedesimando il lettore in un’avventura dai toni mutevoli e per certi aspetti cangianti, di pari passo con il filo invisibile che collega i piccoli capitoli presenti nell’intero racconto.

Luigi. Il giorno in cui ho regalato una pianta a uno sconosciuto è un volume per eterni sognatori. Quando sembra spiccare il volo verso nuvole lontane si fa riprendere concentrando la realtà nel significato stesso del racconto. Quando invece narra delle molteplici occasioni ancorate alla vita allora si fa bellezza continua da ammirare. Una bellezza che nel donare racchiude pagine di assoluta incisività, pagine buffe, pagine di arcobaleni colorati, pagine leggere e tenere; una storia di tenacia e di gratitudine, di amore per la vita e di impegno verso gli altri.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.babalibri.it/catalogo/libro/luigi-il-giorno-cui-ho-regalato-una-pianta-uno-sconosciuto

Angelo Sicurella – Yuki-O (Urtovox Records)

Sintetizzatori minimali che lasciano tracce di polvere magica capace di comprimere gli spazi ed accendere bagliori, disegnare rapidamente brividi di calore accompagnati da una voce riempitiva che scalda e conduce attraverso un universo reale e tangibile. Yuki-O è il primo disco da solista di Angelo Sicurella, cantante e musicista di Palermo, già con Omosumo, un album notturno e meditativo in grado di rappresentare al meglio un’oscurità fatta di stelle e silenzio, di riappacificazione con il mondo dopo amori fuggiti lontano, oltre i nostri sguardi. In questa produzione ci possiamo sentire echi dei La Crus e degli ultimi lavori da solista di Cesare Malfatti, sfiorando le latitudini di Pieralberto Valli in composizioni che navigano tra i flutti della ragione e si stagliano lì nel mondo contemporaneo, in un mondo che non si ferma e che rappresenta, come specchio, le nostre fragilità più nascoste. Pezzi come l’apertura Fidati di me ci fanno comprendere l’importanza di questa abbondanza sonora che toglie l’eccesso e si concentra sulla sonorità delle parole, sul grado di pathos da mantenere lungo tutto l’arco dell’album, formando nel cielo composito un’attesa che si fa alba, un’attesa che confluisce all’interno dei nostri stati d’animo più nascosti e si trasforma poi in sostanza creativa in grado di creare connubi dinamici e moti ondosi sintetizzati d’amore.

Ivana Cecoli – Io non so se tu lo sai (San Luca Sound)

Cantautorato misto jazz per stanze che si affacciano alla finestra della vita, stanze spoglie, ma ricche di voci, di racconti e di energia ad attaccarsi a tutto ciò che ci troviamo dentro per spiegare e raccontare pezzi di cielo che ci accomunano con mordente e con incisività di certo non leggera, ma attraverso stupore che si forma di volta in volta, si trasforma e ci conduce con disincanto all’essenzialità della vita stessa. Io non so se tu lo sai è una valvola di sfogo nei confronti del vivere moderno, è un impegno sociale cantato e proposto perennemente, un dichiarare le proprie intenzioni rimanendo fedele ad una linea stabile e di demarcazione netta dove canzoni come l’apertura affidata ad Anima che o le successive Una ballata ideale, Che ninna, che nanna, Goccia d’acqua e Capitano nostalgia fanno da punti essenziali per la produzione di questa Patti Smith del tutto italiana. Da segnalare inoltre le collaborazioni nelle tracce finali con Maria Giulia Mapelli e con Syusy Blady a dare valore aggiunto e ironia alle tracce proposte. Ivana Cecoli con passione dà sfogo ad un senso di libertà e identità con la terra, una cantautrice in grado di accarezzare il cielo con gli occhi di chi vede i cambiamenti da un punto più introspettivo e sensibile degli altri, sempre dalla parte degli ultimi, sempre dalla parte di chi lotta per vivere diversamente il mondo che gli appartiene.

Cristina Renzetti – Dieci Lune (Brutture Moderne)

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Guardarsi dentro, guardare lontano, comprimere spazi di pura poesia soppesata e imbrigliare la luce, quella che infine non se ne andrà mai. Cristina Renzetti stupisce, non solo per aver fatto un disco davvero importante e ricco di soggettività indiscutibile, ma anche per aver dato coerenza e filo d’unione ad un insieme di canzoni durato quanto una gestazione. Nove mesi per creare leggerezza e semplicità invidiabili, dove le virgole poetiche sono al loro posto e dove i racconti presenti all’interno dell’album sono parte imprescindibile della stessa cantautrice. Un’anima jazz che sposa la musica d’autore e quel che ne esce è un’attenta immagine di pura realtà che fa scuola ricordando, a tratti, per arrangiamenti e musicalità, quel capolavoro chiamato Anime Salve di Fabrizio De Andrè in un’attesa che si fa speranza e compie cerchi concentrici in pezzi come Nuvole e sole, la delicata Mana Clara, Anime Semplici o il finale lasciato a La montagna. Spaccati di vita, spaccati di noi raccontati dal filo invisibile dello stupore e mossi dalla bellezza delle cose che appartengono a quella forma di costrutto in divenire che da acustiche visioni  si trasforma in parallelismi con la vita vera per immagini da poter custodire e utilizzare nei nostri giorni migliori.

Paolo Tocco – Ho bisogno d’aria (IRMA Records)

Canzoni soppesate al filo della quotidianità che entrano in punta di piedi all’interno di stanze possibilmente vuote da dove poter creare e ottenere bagliori di luce nella mediocrità che avanza e in tutto quello che la felicità nasconde lontana. Il cantautore Paolo Tocco, al terzo disco, incornicia una prova acustica sussurrata, in grado di attraversare le tempeste di ogni giorno in modo introspettivo e atmosferico, contando i minuti che lo separano dalla bellezza attraverso canzoni fatte per scrutare l’orizzonte lontano, parlando di abbandono, di rabbia e della difficoltà di interagire con un mondo che corre e non riesce a fermarsi, mai. La title track ci fa entrare nell’universo di Paolo e tutto il disco è un insieme omogeneo di stati d’animo davvero bellissimi e vissuti, per certi versi il nostro ricorda la malinconia stagionale di Danio Manfredini, in un insieme di poesie che portano la voce di chi voce più non ha. Ho bisogno d’aria sarà anche un romanzo che uscirà in concomitanza con il disco, sarà un libro di quotidianità vissuta che se si dimostrerà all’altezza del’album certamente continuerà quel percorso di apertura mentale volutamente mosso e analizzato tra le canzoni ascoltate. Ho bisogno d’aria è uno spaccato di vite inglobate dall’ineluttabilità della vita, canzoni però piene di tenacia e capacità d’analisi che fanno di questo grande cantautore un contemporaneo da scoprire.