Matteo Passante e la Malorchestra – Il grande stupore (Autoproduzione)

Un disco che osa, abbandonando la sicurezza del momento per inoltrasi nell’entroterra brullo e vasto, abbandonando il facile folk di conquista per ricondurre il tutto ad una musica d’autore intensa e studiata a dovere di modo che il dipinto del tempo possa essere forma e dimensione di un qualcosa che riceverà in futuro i frutti sperati. Il nuovo disco di Matteo Passante e la Malorchestra è un album che racconta vicende di vita come un buon cantautore sa fare, fotografando senza limiti le tensioni di un mondo in involuzione e narrando, attraverso un’ironia sottile e diffusa, pratiche odierne e moderne che fanno da contraltare al bisogno di comunicare sogni e speranze, energie strutturate e sentimenti veri e genuini. Prodotto da Lele Battista Il grande stupore è un modo per entrare all’interno di una realtà diversa, in modo quasi analogico, piuttosto che digitale, inglobando sensazioni positive che sposano una multiculturalità di genere e convincono dalla prima all’ultima rappresentazione, cercando sempre nuovi appigli e nuove forme di comunicazione, oltre il già sentito e il già digerito a dovere. Il grande stupore è lo spalancare la bocca di fronte a qualcosa di veramente importante.

Ambulance – Give it a try (Bulbart)

Cantautorato acustico che si affaccia sulla Manica scrutando l’orizzonte nebbioso di un’isola da dove tutto è partito per una musica concentrata nell’emozionare l’ascoltatore e nel rendere reale un paesaggio in dissoluzione ambientale, creando un tutt’uno con il mondo circostante e riappacificando cuori e amori lontani. Il progetto di Andrea Artistico, cantautore italiano trapiantato a Bruxelles è l’espressione naturale di un amore per le armonie acustiche che intagliano le introspezioni di Glen Hansard, Damien Rice, Elliot Smith e Nick Drake dando luce alla parte più intima e nascosta di ognuno di noi. Le canzoni sono soppesate a dovere e piccoli interventi di archi rendono il vivace contorno un punto da cui partire per sperimentare melodie che sembrano rientrare nella classicità del genere per poi virare in costruzioni architettonicamente essenziali nella loro piccola complessità. Give it a try è un disco che colpisce concedendo però un’atmosfera quasi distensiva, nulla di troppo malinconico, ma piuttosto un racconto di una giornata di sole laddove il sole sembra essere un miraggio lontano.

Margo Sanda – Delay (Autoproduzione)

album Delay - Margo Sanda

Si apre il sipario e su di un palco polveroso incastonato nella sublime energia di ciò che è stato appare Margo Sanda, all’anagrafe Margherita Capuccini, a ristabilire delicate armonie elettroniche, a tratti dissonanti, nell’etere che divora e decostruisce ad arte fino a farci comprendere l’importanza gestuale dell’attimo appena vissuto. Con l’EP d’esordio Delay la nostra intasca una prova che ha il profumo degli anni ’80, vengono a mente inevitabilmente i parallelismi con Julee Cruise in Twin Peaks, una voce proveniente da un altro mondo capace di entrare nel corpo di chi ascolta senza più abbandonarlo, tanti sono i richiami con ciò che è stato e che forse non ritornerà mai. Pezzi come l’apertura More, la verbosa Vuoto o la finale MaleGola intersecano un’originalità di fondo davvero speciale che fa di Margo Sanda una cantautrice sperimentale dal forte impatto emotivo, un disco notturno, un album di rumori di sottofondo che riempiono il nostro vagare verso mete ancora incalcolabili, ma dilatate in un ambiente senza dimensioni.

Solaris – L’orizzonte degli eventi (Floppy Dischi)

Deformate architetture si inabissano nella nostra mente costruendo anfratti di una potenza inaudita e disturbante capaci di penetrare e convogliare fino al centro del nostro cuore, dando l’impressione di assaporare il momento in un’esplosione completamente nera di amore e odio, tenebra che avanza e incontrollabile desiderio di sparire. I Solaris ci fanno cavalcare l’angoscia, ci trasportano lungo fili elettrici tesi dal giorno che si trasforma in notte, lo fanno attraverso un rock in distorsione che abbraccia gli elementi dello stoner e del noise degli anni ’90, lo fanno disturbando e comunicando, parlando e confrontando i vetri della nostra inettitudine in un esoterismo di fondo trasportato nella quotidianità che sempre più spesso non convince, sempre più spesso non ripara. Le canzoni come del resto i titoli sono emblematici, da Luna a Specchio passando per il delirio di Erode, i Solaris confezionano un Ep singolare velato da un amarcord d’annata che non brilla di certo per originalità e questo non è un problema perché i nostri tendono ad appartenere al momento di un passato lontano, là dove tutto è cominciato in attesa della prossima esplosione.

Daniele Isola – Animali Urbani (Self)

album Animali Urbani - Daniele Isola

Visioni d’insieme che convergono creando e multisfaccettando la realtà in caleidoscopi colorati e convinti di raccontare impressioni, stati d’animo, forme nuove e decostruite di avventure urbane che raccontano il mondo circostante, si soffermano ad osservare i palazzi intorno narrando storie, confrontando stili e imbrigliando momenti che si fanno essi stessi parti integranti di questo Animali Urbani. Daniele Isola ci consegna una prova che ha il gusto del cantautorato moderno, spruzzato dall’elettronica e tangibile quanto basta per creare micro mondi che sembrano quasi artificiali, ma purtroppo sono reali. Il nostro utilizza ironia di sorte tagliente, facendo alle volte quasi autocritica e tornando sui propri passi per conquistare la tanto sospirata aria che la stessa città tende ad allontanare. L’album, prodotto da Pietro Paletti, vede anche la collaborazione di Anna Viganò, per i più conosciuta come Verano e precedentemente chitarrista nell’Officina della camomilla e negli Intercity. La cantautrice presta la voce nella bellissima In un’ora, ballata d’amore e di ritorni riuscita nella sua semplicità nell’intento di comunicare sottili emozioni. Da Piano 24 a Supereroi questo Animali Urbani convince attraverso un’attitudine spiccatamente pop, convince per composizione e capacità testuale nel rendere al meglio concetti attraversati da una ridotta porzione di vita e qui ampliata a dismisura grazie alle nove canzoni proposte.

-FUMETTO- Simona Binni – La memoria delle tartarughe marine (Tunué)

La memoria delle tartarughe marineTitolo: La memoria delle tartarughe marine

Autori: Simona Binni

Casa Editrice: Tunué

Caratteristiche: cartonato, 16,8×24, 176 pp a colori

Prezzo: 16,90 €

ISBN: 9788867902507

Il mare a farla da padrone ad unire speranze, corpi e destini abbandonati dalla noncuranza del tempo che prende, consuma, trascina in un vortice di sentimenti implacabile, ma raffinato, una raffinatezza quasi unica e percepibile, velata da una sottile malinconia di fondo che si fa poesia, rinascita e speranza. Sono poche le storie ai giorni nostri che si possono definire originali e nel contempo connotate da una forte dose di comunicabilità senza scadere nel banale, nel pietismo o magari nel rigore troppo formale e poco emotivo, sono poche le storie che riescono ancora a proporre una scelta etica dove i sentimenti non sono semplice contorno, ma punto di partenza per scoperte e ritorni nel luogo più vicino al nostro cuore e cioè la nostra casa. Sono poche le storie importanti ai giorni nostri e La memoria delle tartarughe marine si trova sicuramente fra queste.

Il fumetto di Simona Binni, edito da Tunué, narra la vicenda di due fratelli Giacomo e Davide, cresciuti sin da bambini sull’isola di Lampedusa. Giacomo non ama Lampedusa, finirà per farsi una vita a Milano, nel centro economico italiano tra rimpianti, tensioni e luci da disco lounge in grado di nascondere il tutto sotto il cumulo di macerie della propria memoria, Davide invece rimane per studiare le tartarughe marine, instaurando con il proprio paese d’origine un rapporto che lo legherà indissolubilmente, per sempre, alla terra natia. Come una tartaruga Giacomo, dopo decenni, tornerà a far visita a Lampedusa, tornerà per ritrovare quel pezzo di sé abbandonato al suolo, tornerà come mare in tempesta per poi affievolirsi piatto in un orizzonte senza fine. Nel mezzo le sottili vicende, i parallelismi, le metafore che legano l’uomo all’animale marino intersecate ad accenni evidenti alle traversate dei migranti nel trovare una nuova casa dove poter vivere; in balia delle correnti, delle tempeste, ma attirati in un lembo di terra a riscoprire la dignità perduta.

L’azzurro e il rosa sono i colori predominanti che danno alla scena fluidità ricondotta alle immagini proposte e lasciano al lettore la possibilità di immedesimarsi all’interno di un racconto che da vicino lo riguarda. Linee ben definite, campi lunghi alternati a campi stretti si possono ammirare in un’esplorazione marina capace di indagare le nostre parti più nascoste, paesaggi che si fanno reali, convincono, parlano e sussurrano il segreto del mare, il segreto del ritorno e del posto che riserviamo al nostro essere per sradicare la quotidianità e appartenere a qualcosa di più grande chiamato amore.

La memoria delle tartarughe marine convoglia all’interno del mare dei nostri ricordi, lo fa attraverso i legami di sangue, scrutando nel fondo del nostro essere persone, senza dare un senso oggettivo alla nostra ricerca, ma piuttosto affidando la stessa all’istinto, l’istinto di quelle tartarughe nel ritrovare la strada verso casa, una corsa dall’acqua alla terra e dalla terra all’acqua per dare valore indiscutibile al tempo che passa e trasforma.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.tunue.com/prospero-s-books/434-la-memoria-delle-tartarughe-marine.html

– FUMETTI – Luca Russo – Nottetempo (Tunué)

Rovine di Peter Kuper

Titolo: Nottetempo

Autori: Luca Russo

Casa Editrice: Tunué

Caratteristiche: cartonato, 19,5×27, 120 pp a colori

Prezzo: 16,90 €

ISBN: 9788867902200 

Solitudine dell’animo umano sovrapposta e contorta tra le nebbie della morte e dell’amore, alla ricerca di uno spiraglio di luce, di lucidità che trasforma l’onirico in sogno e poi in incubo ad occhi aperti, tra la speranza e il malcelato desiderio che tutto ciò che ci contraddistingue e ci rende vivi e importanti possa in qualche modo ritornare, possa recuperare spazi di luce proprio là dove la luce tende ad affievolirsi o scomparire totalmente. Nottetempo è un viaggio nel nostro gridare bisogni, un viaggio chiamato amore nell’oscurità che ridondante si accavalla, incorpora, subisce e inesorabile attende dietro l’angolo dei nostri pensieri, pronta ad assalire le nostre fragilità, il nostro misero, ma pieno, venire al mondo.

Luca Russo, dopo (in)certe stanze e Guardami più forte, editi entrambi da Tunué, scava all’interno del dolore e lo fa così bene da poter mettere in scena un vagare errante e straziante che si caratterizza per senso di vuoto costante e opprimente e che riesce in qualche modo a fare i conti con ciò che abbiamo o meglio con ciò che non abbiamo più. Nottempo è la storia poetica di un pianista, Alberto e di sua moglie Giulia che la morte ha portato via con sé prematuramente e che senza sosta il musicista continuerà a cercare all’interno di musei vuoti, lungo spiagge desolate, tra una Venezia che melliflua e nel contempo arcana abbaglia, tra le foreste di fitti alberi sovrapposti e forse all’interno anche di quelle composizioni che proprio il nostro non riesce più a creare, non riesce più ricondurre ad un qualcosa di concreto, reale, tangibile; un’ispirazione di sogni presenti affacciati al passato che non c’è più.

 

L’opera è di una potenza espressiva unica, non si può non rimanere stupiti dall’uso del colore che Luca fa, una pittura ad olio digitale che amplifica gli orizzonti e dona profondità di campo ad ogni scena rappresentata in concomitanza con l’oscurità che avanza e che rende il protagonista parte centrale di un vagare senza meta attraverso un viaggio metafisico che si fa tragedia, ma volontariamente anche parte fondamentale di un cammino che non troverà redenzione, non troverà lieto fine almeno per ora. Lo stesso pianoforte, la stessa musica si svuoterà in assenza della vera e unica fonte d’ispirazione, si perché Nottetempo è anche una sorta di viaggio musicale con gli artisti che hanno accompagnato l’autore attraverso la stesura di questo libro: gli inarrivabili Radiohead, il minimalismo di Philip Glass, il violoncello di Julia Kent spogliata dei vestiti dei Johnsons, la cupezza di Nick Cave sono solo alcuni a rappresentare il dramma notturno senza fine del nostro Alberto.

Nottetempo è un’opera principalmente visiva dal forte valore intrinseco, personale, un’opera dove il colore si fonde nei quadri di vita rappresentati, colori che scavano e danno forma alle emozioni, tra l’intensità struggente e piena e l’abbandono inesorabile, quella stessa vita che solo attraverso la morte di una parte di noi possiamo comprendere, forse; in ogni caso il volume che ho davanti è prima di tutto un importante progetto sperimentale che si fonde e si contorce con i legami che ci rendono reali e fa in modo di rappresentare in modo egregio, lungo il corso della storia, le catastrofi dell’animo umano più vicine al nostro cuore per una separazione che si fa contatto, un desiderio essenziale senza fine.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.tunue.com/extra/427-nottetempo-luca-russo.html

Francesco Pelosi – Il rito della città (Autoproduzione)

Partire dalla città per addentrarsi lungo vicoli di provincia che hanno il sapore della nebbia e del bosco, del tempo scandito dalla sua lentezza e dai modi di occupare la vita tra osterie e persone da guardare e osservare negli occhi profondamente. Francesco Pelosi nella sua prova d’esordio dà spazio ad una musica d’autore introspettiva, profonda e notturna in quanto riesce non solo a dare un senso di oscurità all’insieme di canzoni proposte, ma riesce a trasportarti all’interno di un mondo dove la notte è madre, sovrasta e crea microsolchi ambientali capaci di appartenere ad una dimensione quasi ultraterrena tra il solenne e il ricercato, tra De André e Cohen in un viaggio all’interno della nostra anima che scava e circonda, assapora e rende leggero il nostro vagare intorno. Nelle composizioni di Francesco respiriamo la magia di un bosco autunnale e della montagna, delle porte tarlate abbandonate al tempo e dei fiori che via via si stanno per appassire lasciando posto al ricordo, alla malinconia e allo spogliarsi di ogni orpello per ridiventare sempre e solo noi stessi. Da Sonno, il singolo O morte passando per Nordest, Le belle canzoni e il lungo e a sorpresa finale di No pasaran il nostro ci regala una prova d’autore intensa e meditata di quelle che hanno il sapore della polvere e della realtà che ci costringe ad aprire gli occhi e a guardare il resto attraverso nuove prospettive.

– LIBRI ILLUSTRATI – Alice Barberini – Hamelin. La città del silenzio (Orecchio Acerbo)

Titolo: Hamelin. La città del silenzio

Autori: Alice Barberini

Casa Editrice: Orecchio Acerbo

Caratteristiche: pagine 80, cm.21×29,5

Prezzo: 16,90 €

ISBN: 9788899064631

 

Entrare nel mondo di Alice Barberini è sfondare una porta aperta nella bellezza che stupisce e ammalia, una bambina ad accoglierci in copertina e una grigia città abbandonata allo scorrere dei giorni sullo sfondo, occhi intensi e comunicativi, empatia a fior di pelle che sprigiona la delicata presenza di una matita sulfurea in bianchi e neri tangibili, ricorrenti, poetici e incantati. Rompere il silenzio dove vive il silenzio, comprendere la concezione del tempo attraverso un riscoprire ciò che eravamo, la nostra condizione, il nostro venire al mondo, la nostra crescita e le occasioni perse, dimenticate, in un riscatto a regola d’arte che solo grazie ad un credo profondo si fa mondo da scoprire e da conquistare.

Hamelin La città del silenzio è partire proprio da quelle strade vuote che la leggenda narra, quelle strade ritrovate all’improvviso senza bambini. Strade tristi, dove i rumori di fondo sono oblio per le orecchie, un perdersi costante e quotidiano e dove accelerare il cammino per appartenere a ciò che possiamo definire casa è diventato l’unico attimo per incrociare sguardi e per tentare di ricercare quella musica dei giorni dispersa chissà dove. Il libro racconta la storia di una città che non esce, una città barricata nella propria introspettiva dimora, i bambini non possono affacciarsi sulla strada, sono chiusi nelle loro stanze ingabbiati dalla noia e dalla tristezza. Tempo prima però non era così, le vie erano piene di ragazzi che gridavano divertendosi, ma i grandi disturbati da ciò decisero di rinchiuderli per sempre nelle loro case. Una notte però un pifferaio fece visita alla città, tutti lo seguirono incantati, sparirono e mai più tornarono. La musica da quel giorno fu bandita, nella città del silenzio ora solo un nonno un tempo bambino, assieme alla nipote, troverà il modo di far ritornar la bellezza dall’oscurità.

Le tavole presentate sono di un’importanza unica, sembra di entrare all’interno della Stanza delle meraviglie di Selznick pur mantenendo una connotazione artistica del tutto personale che fa di Alice Barberini, dopo Il cane e la luna, un’illustratrice italiana davvero unica, con uno stile personale e riconducibile ad un mondo fatto di grigi e di matite dove piccoli interventi di colore scaldano, rinfrancano e stupiscono. Attraverso inquadrature di stampo cinematografico la nostra conduce il lettore a scoprire i sottili legami che i personaggi instaurano con il succedersi degli eventi, il racconto, narrato quasi sempre attraverso le illustrazioni, lascia, a chi sta leggendo, la possibilità di creare un ponte con le emozioni, con tutto ciò che sta succedendo, enfatizzando una profondità di campo che conquista.

Hamelin, la città del silenzio, edito da Orecchio Acerbo, è un percorso che si fa ritrovamento, è una mossa circolare di ampio respiro che vede la musica farsi parte centrale per riunire, per valorizzare talenti, conquistare e poi lasciar liberi di andare, per le strade del mondo, i bambini che sono dentro di noi. Un libro da avere per raffinata bellezza intrinseca ed estrinseca, un volume che racconta di un mondo fragile e austero immobilizzato dal tempo e dalle consuetudini, un mondo che riesce finalmente a vedere la luce proprio quando meno te lo aspetti, una luce in divenire laggiù dove vita prima non c’era.

Per info e per acquistare il libro:

https://www.orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_oa&vista=catalogo&id=529

 

Simone Piva e I viola velluto – Il bastardo (Music Force/Toks Records)

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Sentimenti westernati per anfratti polverosi in caverne della nostra realtà che centrifugano con vicissitudine desiderosa lo scoprire il nostro venire al mondo tra teatro canzone, parlato, sussurrato, gridato con forza e mai mascherato, in un’arte che si fa musica ed è essa stessa musica per l’arte e dove il folk riunisce e convince decretando spazi d’azione che nell’attimo si fanno portatori solari e canicolari di desideri psichdelici. Simone Piva e I viola velluto confezionano un album dal forte carattere deciso dove le metafore all’interno dei pezzi sono spaccati di vita che rispecchiano una società da cambiare con forza oltre le regole precostituite. Una formazione di batteria, percussioni, contrabbasso, trombe, piano e chitarre fanno da base ad un disco composto di sette pezzi dove il sentimento predominate verso luoghi lontani fa da contraltare ad un bisogno innato di scrivere la realtà con parole da cinema ormai dimenticato. Dalla title track di presentazione Il bastardo fino alla finale Noi che vede la presenza del cantautore Giò, i nostri riescono a registrare un amore incanalato all’interno di un saloon del vecchio west, un amore polveroso per tutto quello che non c’è più, ma che trova dei rimandi evidenti ed essenziali con tutto ciò che invece ci circonda.