Slotface – Try not to freak out (Propeller Recordings)

Sløtface: <i>Try Not To Freak Out</i> Review

Debutto con i fiocchi per la band norvegese che fa del punk rock un punto di partenza per esprimere al meglio concentrati di canzoni orecchiabili al massimo e ricche di rimandi con i ’90 e con tutto ciò che rievocano quegli anni. Ci sono i Garbage, i No doubt e quel pizzico di aggressività alla Nofx che permette un ascolto fluente ed espressivo capace di incasellare al meglio delle piccole perle odierne e attuali. Canzoni manifesto come le tracce d’apertura Magazine o Galaxies fanno da spartiacque essenziali per comprendere al meglio la cifra stilistica del gruppo che si sposta da territori marcati fino ad incontrare la sperimentalità corale che in pezzi come la finale Blackyard raggiunge il culmine di una insperata tregua. Try not to freak out suona a bomba nello stereo, è un disco immediato di puro e semplice godimento neuronale, un album che non si fa troppe domande e di certo non le concede, ma piuttosto si posiziona, come freschezza, tra le più riuscite produzioni attuali.

Nerina Pallot – Stay Lucky (Idaho Records)

Entrare in punta di piedi nel mondo di Nerina Pallot non è impresa semplice, anzi la cantautrice britannica racchiude la migliore essenza di una musica d’ascolto che proprio attraverso questo disco, il quinto della sua carriera, esprime al meglio le doti vocali e intime di un persona che ha scelto la strada dell’introspezione musicale per comunicare al meglio forme e intenzioni attraverso un concentrato di musica suadente e avvolgente, elegante quanto basta per appartenere a quell’ondata di nuove cantautrici a livello mondiale che si impongono quali capaci di creare architetture che fanno da ponte con il presente e con ciò che è stato in un’interessante rivisitazione del ruolo d’autore che nella realtà del momento crea un senso di appartenenza ed un legame profondo con ciò che ci troveremo ad affrontare. Le dieci canzoni che compongono l’album si riassumono nella stessa title track nonché singolo di lancio per una metamorfosi floreale che proprio nel concetto stesso di bellezza trova il punto più alto e concentrico dell’intera produzione. Un disco davvero complesso, stratificato e bello nella forma più naturale e imprevedibile del termine stesso.

Zara McFarlane – Arise (Brownswood Recordings)

Terzo album caraibico per Zara McFarlane, intenso disco colorato che racchiude roboanti caleidoscopi in grado di trattenere la bellezza di un cielo azzurro e il blu del mare in una simultanea esigenza riuscita di dare marcatamente un gusto soul leggero e quasi disincantato all’insieme sfumato di canzoni che racchiudono questo Arise per un’eterogeneità mai nascosta di jazz, soul per l’appunto, reggae e world music. Sono dodici tracce che appartengono ad un mondo parallelo, ad un mondo da scoprire, penetrare e osservare, dodici stati emotivi che aprono le danze con Ode to Kumina fino a Ode to Cyril passando per la potenza di Pride, Freedom chain, Fisherman a sottolineare l’importanza culturale, il retaggio, l’eredità che il tempo ha lasciato, laddove i Caraibi sembrano vivere e continuare a sperare, tra i suoni del sole e del vento, tra le trappole marine e i pesci da pescare Zara confeziona un disco davvero speciale in grado di rappresentare al meglio una cultura e convogliarla al centro del mondo.

The Barr Brothers – Queens of the breakers (Secret City Records)

Disco folk sopraffino per la band in parte americana e in parte canadese, un album elegantemente indie che unisce il passato con il presente intensificando ricostruzioni e rapporti di vita come un’istantanea pellicola capace di penetrare nei sentimenti malinconici di un autunno arrivato. Queens of the brakers non è solo un disco per cuori infranti, ma anche e soprattutto il raggiungimento di una maturità artistica per una band che ha trovato fin da subito una dimensione terrena che si fa ascoltare in luoghi non troppo rumorosi, prendendo ispirazione e affondando le proprie radici nell’entroterra desertico degli ambienti illuminati dal primo Bon Iver, passando per Iron & Wine, Bonnie Billy senza dimenticare le atmosfere soffuse di band come i Rue Royale in strutture leggere e ipnotizzanti. Ci sono i cori, c’è della leggera psichedelia e l’inconfondibile bisogno di esternare esperienze di vita, momenti che non torneranno più, ecco perché con questo disco i The Barr Brothers incanalano una maturità artistica ed estraggono dal cilindro una manciata sostanziosa di canzoni essenziali non solo per la loro discografia, ma anche e soprattutto per tutti noi. Undici pezzi in equilibrio tra delicatezza e bellezza da ammirare.