Alessio Pianelli – Sulla Quarta (Almendra Music)

Incursioni e rivisitazioni, incisioni e pressante attesa che si fa bagliore di luce comprensibile attraverso una potenza espressiva che riduce e amplifica visioni, una musica per violoncello che incorpora un bisogno di adombrare il passato per dargli nuova luce utilizzando sofisticazioni che parlano di interiorità e passione per quel qualcosa che si chiama musica e richiama ad un mondo lontano, quasi in dissolvenza. Il giovane violoncellista siciliano intasca una prova del tutto personale dove la solitaria attesa sfocia in un qualcosa di sentito e soprattutto di ampio respiro dove ad aprire le danze troviamo quattro composizioni scritte da Giovanni Sollima, primo maestro del nostro, per poi addentrarci puntuali nel fulcro centrale dell’opera e cioè nella Suite No.4 di Bach in una specificazione d’intenti che va oltre la mera rappresentazione, ma piuttosto si fa incursione personale accennando a mondi visivi che si fanno ascoltare. A complementare lo sfogo d’artista un brano personale che si fa summa e interpretazione del periodo passato e delle conquiste da raggiungere, quella title track che ci consente di attraversare luoghi di pura percezione astratta attraverso le emozioni di un violoncello in divenire.

Giovanni Di Giandomenico – Ambienti (Almendra Music)

Accenni di piano a ricreare ambienti consolidanti che sfiorano l’oscurità e accendono un barlume di passione proprio quando meno te lo aspetti, attraverso leggere manipolazioni elettroniche che ricordano per interesse le intricate rappresentazioni di Luigi Turra e il suo Alea uscito per Line. Conquiste quindi che si identificano attraverso un consolidarsi di freddo leggero che attraverso un rigore del tutto personale implementa le considerazioni e avvicenda istanti e attimi di pura incontrollabile intimità che lascia aperto il campo del cuore introspettivo a fondersi e a rimarcare un concetto di appartenenza ad una musica di ampio respiro, non più quindi una classica, ma un qualcosa di sperimentale che abbandona la ripetitività del minimal piano e si focalizza piuttosto nel delineare uno stato d’animo rappresentato fino in fondo da ambienti che appaiono come luoghi lontani, profondi, riconosciuti soltanto dall’autore, ma che inevitabilmente possono fare da specchio al nostro peregrinare nel mondo di tutti i giorni che ci appartiene.

Forsqueak – FSK (Almendra Music)

Sperimentali e asimmetrici parlano di geometrie crepuscolari che intessono trame e composizioni strumentali capaci di sfiorare la pelle e scendere giù fino alla milza, passando per il cuore, in un connubio ben ponderato tra melodia, ricercatezza e straordinaria capacità malleabile di creare dal nulla una potenza sonora che si fa sostanza attraverso l’ombra di questi nove brani. Il nuovo disco dei Forsquek accende la miccia dell’improvvisazione e lo fa attraverso le strade del jazz, del prog e del rock distorto in un preponderanza d’intenti che viene annoverata e rincara la dose da Batway fino a Hamster passando per capolavori in bilico come Kim ki duk o Kitalpha con la leggera, ma essenziale consapevolezza di essere davanti ad una band che fa del sogno una sostanza materica da incidere su disco e che grazie a tocchi di math e avant-jazz riesce nell’intento di trasformare una jam session in un qualcosa di più approfondito, elegante e di sicura grandezza e interezza finale.

Bug – O’Brien Shape (Autoproduzione)

Suoni che escono da una scatola oscura e si infilano attraverso un cordone che lega il passato al presente, sperimentando sonorità che ammaliano per completezza, ma anche per stratificazione ricordando per certi versi i suoni degli anni ’70 capaci di intrecciarsi a quelli più moderni degli anni ’90 tra il prog, il nu metal, il funk e il grunge in sodalizi ammirevoli capaci di dare vita ad una sorta di concept album sullo sgretolarsi dell’uomo moderno. I Bug sono una band di Varese, una gruppo che suona assieme da poco tempo, ma che in questo caso dimostra, attraverso il primo EP, una sorta di unione mistica capace di ripercorrere esigenze che si stagliano oltre i pre-concetti in nome di un qualcosa di strutturato e che colpisce per passione d’intenti.  Sei sono le tracce e sei, molto probabilmente, sarebbero le volte necessarie per riascoltare l’intera produzione per carpirne il progetto nella sua interezza. Le canzoni non entrano subito in testa e questo badate, è un bene, questi pezzi sono sprazzi di ingegno che ottengono lo sperato proprio quando pensavamo di aver perso tutte le speranze in un cerchio continuo atto ad implementare un bisogno di suonare che va oltre l’album in sé, ma si fa primo capitolo essenziale, spero, di una lunga storia.

-FUMETTI- Nicolas de Crécy – Diario di un fantasma (Eris Edizioni)

Titolo: Diario di un fantasma

Autore: Nicolas de Crécy

Casa Editrice: Eris Edizioni

Caratteristiche: brossura, 17 x 24, 224 pag. bicromia

Prezzo: 18 €

ISBN: 9788898644407

 

Dopo dieci anni dall’uscita francese esce in Italia la meraviglia introspettiva e in parte autobiografica di Nicolas de Crécy: Diario di un fantasma. L’evoluzione grafica appesa al filo della memoria si scontra con le difficoltà della vita, i dubbi e le certezze sempre meno concrete e via via sempre più vane per un approccio concentrico con il mondo circostante, con i punti di vista che oggi più di allora sembrano essere molteplici e infiniti e dove la vera essenza del nostro vivere reale ha bisogno di porsi essa stessa come ricerca all’interno di una notte buia, melliflua, onirica e poco definita.

Dopo due grandi titoli come Le Bibendum Céleste e La République du catch entrambi, come del resto questa produzione, editi in Italia da Eris Edizioni, Nicolas de Crécy da sfogo ad un’immaginazione compiuta, ricca di salti temporali e metamorfosi, senza tralasciare lo stile che da sempre lo contraddistingue e raccontando la storia surreale di un bozzetto, di un disegno che, trasportato dal Giappone al Brasile rigorosamente in aereo, cerca un modo di definirsi, un modo per definire il proprio intorno e il proprio interno per dare un senso a quell’intero che vive e nel contempo si lascia trasportare tra gli dei dell’accattivante pubblicità nipponica e un ritorno all’essenziale caratterizzato dal racconto che si muove nel profondo territorio sociale dello stato sudamericano.

Diario di un fantasma è la storia implicita di un disegnatore e del suo emergere al mondo, tra manager pubblicitari superficiali e la costante ricerca di una propria strada per riuscire ad apparire autentici nella semplicità che conquista, nell’evanescenza dell’attimo che oggi più che mai scorre alla velocità della luce sottolineando la leggerezza del tempo e dimostrando che tutto ciò che è stato fatto ieri sarà obsoleto nel domani che deve ancora arrivare. L’autore rende al meglio questi concetti utilizzando stili grafici e narrativi diversi, si passa da un tratto volutamente poco definito al colore monocromatico acquerellato lasciando al sogno una mutevole forma di espressione fatta di oscurità che attende una completezza che forse, in concreto, mai arriverà.

In Giappone, forse involontariamente, ma non credo, si cita Miyazaki. Dalle inquadrature tratte da La città incantata passando per personaggi che ricordano Porco Rosso, Totoro e cosa alquanto strana, un’immagine precisa sembra ricondurre a Ponyo sulla scogliera, lungometraggio uscito però un anno più tardi dalla pubblicazione del volume. Coincidenze forse, ma quello che stupisce di questo autore è che in qualche modo riesce ad analizzare costantemente il proprio essere e la realtà che lo circonda ridefinendo un genere senza essere per forza criptico e totalmente astratto, cosa, per parallelismo che al maestro d’animazione giapponese non manca di certo.

Nicolas De Crécy si conferma essere una delle menti più lucide e nel contempo visionarie del panorama fumettistico mondiale grazie ad un’opera che accosta il vecchio e il nuovo legati inevitabilmente dal filo temporale della memoria. Diario di un fantasma è il tentativo inequivocabile di uscire da un mondo in dissolvenza accostando universi lontani, ma complementari, in nome di un’arte che si fa ricerca fuori da canoni prestabiliti, abbandonando il superfluo e le luci abbaglianti della modernità per ritrovare in ciò che sembra nulla la chiave di lettura di questa complessità.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.erisedizioni.org/diario_di_un_fantasma.html

Pistoia Blues – Compilation Next Generation 3 (VREC)

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Tripletta per la VREC di David Bonato e la compilation del Pistoia Blues, tre anni consecutivi nel raccogliere i migliori talenti usciti dal concorso Obiettivo Bluesin e qui raccolti in un composto davvero notevole, dove generi di diversa caratura e peso sono amalgamati nella costruzione di diciannove canzoni intense e a tratti sbalorditive. E’ bello pensare che ci sia ancora la possibilità, come negli anni ’90, di avere un quadro generale di un determinato momento, di un determinato contesto qui raccolto in un cd in edizione limitata a trecento copie, un disco capace di rendere ancora più preziosa l’intera produzione. C’è Borrkia e la sua big band, Maurizio Pirovano, Frank DD & Friends, ma anche nomi meno noti, ma impattanti come Diraq o i Ramrod che con la loro October chiudono il disco e aprono speranze per il futuro. Un insieme di musica davvero esemplare e dall’alto livello intrinseco capace di perfezionare e dare la possibilità a numerose band di garantirsi una vetrina unica per i sogni a venire.

Pietro Foresti’s Compilation – Apocalypse Rock Party (VREC)

Compilation preziosa che raccoglie il frutto delle espressioni artistiche più intense dell’ultimo periodo del musicista e produttore Pietro Foresti, un insieme eterogeneo di gruppi passati sotto il suo karma produttivo e qui raccolti in una compilation edita da VREC che acquisisce valore e simultaneità con composizioni importanti di nomi già recensiti su Indiepercui, dai Down to ground, passando per Rhumornero, Labstone, Uncledog e via via fino a Endless Harmony e Odd-Rey. Un lavoro che nel complesso risulta essere ben eseguito e sovrapposto al concetto stesso di musica in sodalizi di genere che spaziano profondamente e rendono l’intero album godibile e soprattutto capace di dare un panorama convincente del tutto, quasi fosse un piccolo testamento, una fotografia di questo tempo passato.

Clustersun – Surfacing to breathe (Seahorserecordings)

Suoni siderali che si accasciano al suolo con chitarre deflagranti e conturbante attesa per questa seconda prova dei Clustersun. A tre anni di distanza dall’esordio Out of you ego i catanesi impastano a dismisura voci provenienti dagli anni ’80 impalcate a dovere su strutture di uno shoegaze moderno concentrando attimi di potenza espressa attraverso muri sonori portanti che fanno da contraltare al bisogno di esprimere un dolore interiore, un sentimento che vuole uscire, vuole estrapolare la realtà dalle macerie del tempo e consegnare una prova intrisa di significati che si muove egregiamente tra introspezione e potenza incontrollata. Il rock spaziale e il post incentrato sulla ricerca fa capolino e sottrae l’inutilità per apparire in pezzi cosmici come l’iniziale Raw Nerve, passando per Lonely moon, Surfacing to breathe e il finale lasciato al futuro di Event Horizon. Il nuovo disco dei Clustersun è un concentrato di prodezze ricercate, un passo verso il buio interiore che ammanta, un risultato che sorprende senza mezze misure.

ELL3 – Camouflage (Tainted Music)

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Trip hop emozionale capace di creare atmosfere eleganti e cangianti per l’ep d’esordio della giovane musicista ELL3, un lavoro di cesello davvero sopraffino capace di incrociare la malinconia di Lana Del Rey ai sogni in divenire di band italiane come gli Amycanbe in una profonda concezione del mondo apparente che proprio attraverso le maschere che portiamo ogni giorno si svela in tutta la sua orrenda, ma magnetica presenza, tra le paure del momento e quel senso di inquietudine che aleggia nell’aria e non lascia andare. Le stratificazioni sonore sono create dai torinesi Alain Diamond e Davide Cuccu, capaci di impreziosire una voce penetrante e coinvolgente, sintetizzatori quindi che si sposano all’elettronica d’insieme per dare forma a costrutti ambiziosi che si fanno un tutt’uno con le melodie pop presenti nell’etere. Camouflage è un disco da riascoltare più volte, non è prettamente un disco pop, ma piuttosto un esperimento ben riuscito nell’accostare la canzone orecchiabile alla sperimentazione elettronica e sonora, un punto d’incontro per tutta questa bellezza in divenire.

Leonardo Angelucci – Contemporaneamente (ALKA Record Label)

Cinque canzoni soltanto per entrare a piedi sospinti nel mondo verista di Leonardo Angelucci, giovanissimo cantautore romano che fa della penna un sensazionale mezzo di comunicazione che proprio in questo disco regala una capacità di stesura testi davvero matura ed essenziale, a tratti onirica ed ironica, a tratti dirompente e mai banale facendosi accompagnare da una musica fuori controllo che si innesta alla miglior tradizione del cantautorato italiano moderno. L’eterogeneità delle canzoni è un punto forte da cui partire per comprendere la stratificazione e i giochi di parole presenti nell’intera produzione, cinque tracce che non si prendono troppo sul serio, ma che fanno dell’ironia un’arma vincente da sfoderare quando meno te lo aspetti. La title track nonché singolo riflette alla perfezione l’intero album e ci permette di addentrarci attraverso una disco davvero ben riuscito, una prova di genere che a mio avviso non passa inosservata e sa raccogliere gli applausi del momento in un unico vortice di pura poesia moderna.