Swanz the lonely cat – Covers on my bed, stones in my pillow (Desvelos)

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Capolavoro di introspezione sonora per il leader dei Ded cat in a bag Luca Andriolo, un disco intimo e raccolto dove l’ossatura principale si spoglia per dare vita a racconti oscuri e rivisitazioni alquanto azzeccate di pezzi sonori che sfiorano la sensibilità dell’artista e prendono di sopravvento quello stile minimale che ben si amalgama alla voce roca, profonda di uno chansonnier penetrante e alquanto convincente. Il disco in questione è un gioiello che vive di vita propria, lo senti da lontano già con il pezzo d’apertura Love me tender di Presley per proseguire con le bellezze sfuggenti, ma presenti di Buddy Holly e Joy Division rispettivamente con Peggy Sue Got Married e The Eternal fino ad arrivare ad apici notevoli nelle costruzioni intricate poesia di Thoughtless Kind di John Cale. Un album davvero notevole per caratura capace di abbandonare il senso di resistenza per lasciarsi andare a linee di demarcazione che prendono spunto da un lontano mondo perduto ricordando per certi versi l’opera ultima di Stella Burns e approcciando un intero insieme di rivisitazioni su di una voce che già da sola costituisce arrangiamento portante per originalità e credibilità.

Matthew & The crowd – Roads (Autoproduzione)

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Le strade infinite degli anni ’80, asfalto che si solleva e conquista in un infinito bisogno di convivere con i propri scheletri, con il proprio essere stato, alla ricerca di quel qualcosa che non è di questo mondo e che vibra ancora prima dell’esplosione finale. Matthew & the crowd è il progetto del compositore e polistrumentista Matteo Brioschi, un tuffo nei suoni di qualche decade fa senza disdegnare approcci più moderni alla Editors, accompagnati da una calda e avvolgente elettronica capace di imbrigliare il momento ad arte in una solitaria composizione di vita che ingloba la luce per dare spazio all’oscurità e ai ritmi serrati per un album che è la summa di un lavoro durato anni, un lavoro che trova in questa ricerca la strada da seguire, la strada da mantenere. Da Alter Sight fino alla finale Right Fib, passando per pezzi come Where, la meditativa Interlude e To each other il nostro dipinge un concentrato di mondi che si scontrano e rendono questo pezzo di vita credibile e nel contempo raffinato.

Inarmonics – A thing of beauty (New Model Label)

Disco dal colossale impatto d’altri tempi registrato completamente in presa diretta e che assapora in un solo istante la storia della musica rock e prog per come la conosciamo in una sostanziale ricerca che fa repentinamente un tuffo indietro negli anni fino a scovare quell’essenza di fondo che caratterizzava band passate  e che ancora oggi rivivono grazie allo spirito in musica di gruppi come i nostri Inarmonics. A thing of beauty non si limita a circoscrivere la propria ricerca all’interno di un solo genere musicale, ma piuttosto scava nelle profondità degli abissi per dare all’ascoltatore elementi di dark wave approcciati al progressive per un unione davvero inusuale, ma sicuramente impattante che mescola uno strumentale d’azione in evoluzione con momenti più meditativi e rilassanti. John Keats al proprio fianco i nostri intascano una prova davvero coraggiosa e mutevole dove una cosa bella è una gioia per sempre e dove la versatilità con cui vengono suonati i vari strumenti presenti è emblema di padronanza e valore d’insieme essenziale e da preservare.

Frank Sinutre – The boy who believed could fly (New Model Label)

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E’ un tuffo elettronico artigianale, è l’istantanea che raccoglie l’attimo e consente all’ascoltatore di fare un fermo immagine imminente e nel contempo stratificato dove i particolari e le sfumature sono accentuate da reprise sostanziali e sostanziosi e dove l’aria di fondo permette di sfidare la gravità verso nuovi limiti e mondi sempre più lontani. Il nuovo lavoro certosino dei Frank Sinutre è un disco elettronico, ma nel contempo è anche un disco d’atmosfera che riesce a racchiudere la potenza espressiva di Moby con l’idea di movimento circolare di band come Air per un suono d’insieme di notevole caratura capace di esprimersi lungo tutte le dodici tracce del disco e non ha paura di osare, anzi, al suo interno racchiude proprio quel bagliore sfrontato di poesia sonora che in questo insieme ben delineato di brani trova il suo punto di sfogo. Ascoltare ora i Frank Sinutre è un po’ come fare un salto da un grattacielo accompagnati solo da un ombrello, è lo sfidare i nuovi mulini a vento della nostra società è il ritrovare se stessi all’interno di un circuito elettronico che vibra attese infinite.

Stramare – Non preoccuparti (Autoproduzione)

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Canzoni soppesate al filo del ricordo e pronte ad entrare in una semplicità di fondo che è maestra di scuola e maestra di vita in grado di far intercorrere pensieri d’amore mai ostinati, ma piuttosto leggeri e profondi che si affacciano alla quotidianità in costruzione e rendono il tutto un affresco di idee dolci/amare di inquietudine, ma anche di rimpianti e momenti che non torneranno più. Il nuovo di Ep di Matteo Palazzolo è un concentrato di suoni neo folk moderni, chitarre da spiagge attorno al falò della vita e tanto interesse nel comunicare significati e disillusione con un approccio volutamente scarno ed essenziale, tra un vecchio Battisti e un più moderno Colapesce nell’eterna ricerca di volar trovare la canzone perfetta, quella capace di racchiudere un concetto, una sensazione, uno stato d’animo. Quello che ne esce è un raffinato dischetto pop, mai gridato, ma piuttosto sussurrato in cui tutto è in ordine e nel contempo fuori posto, in direzione del vento su di un mare che bacia la sera e il sole pronto a ritornare.

Bang bang vegas – Party Animals (Autoproduzione)

Animali da palcoscenico sguinzagliati a mordere a suon di note un’energia isterica e contagiosa, quella della potenza di fuoco espressa nella musica anni ’70 quella che ti faceva ballare, sudare ed espellere il momento a suon di incontrollate vibrazioni e riff satanici. I Bang bang vegas sanno il fatto loro, lo si intuisce già dall’intro della title track, riescono a catalizzare il momento per estenderlo e farlo ansimare di fugace osservazione grazie ad un suono che attinge in modo anacronistico il proprio valore direttamente dagli anni in cui tutto è partito, gli anni del rock e inconsapevolmente, forse, attraggono ancora folte schiere di estimatori con pezzi che parlano del bisogno di vivere, delle strade infinite da percorrere e della libertà sempre più in costruzione, sempre più in divenire, una libertà mai celata, mai nascosta, ma piuttosto esibita a pieni polmoni in pezzi come Single, Sweetest crime o la finale I wanna be rich, senza nascondersi mai e soprattutto inglobando la lezione del tempo riuscendo poi ad espellerla in tutto il suo mirabile splendore.