Denial – Different ways (VREC)

Suoni pregevoli d’oltremanica che incrociano l’indie brit pop lasciando margini di amore da scoprire nelle plurime sfaccettature di una musica che ben si interseca con le intenzioni vissute ed elencate nel disco dei romani Denial, un album che è un omaggio al rock degli anni duemila tra la musica degli Stereophonics, dei Trevis, dei The Verve e degli Starsailor in canzoni che parlano della rarefazione del momento e del continuo incedere sentimentale all’interno di scatole chiuse di vita in un’internazionalità ricca di passione che con naturalezza scava l’animo umano per una prova d’insieme che riemerge dal tunnel delle disfatte quotidiane e si pone tra il riscatto e la rivincita contestualizzando gli ambienti di ogni giorno e percependo, con forte spirito, una musica che si staglia tra il sofferto e lo spensierato, una prova che porta con sé un forte carico di potenzialità ben espresse dal singolo Strong love fino a comprimersi nel finale di Sinking proud in un sodalizio d’attesa emancipato che in questa musica trova lampo di luce alla fine del tunnel.

Lambstone – Hunters & Queens (VREC)

Disco d’esordio che si atteggia ad essere punto d’incontro stilistico tra un classic rock di qualche decade fa e nel contempo percepito grazie ad un alternative dove chitarre in evidenza firmate anni ’90 si destreggiano in una prova corale e ben riuscita, amalgamando suoni e modernità con gusto del tutto personale soffermandosi sul significato di uomo e donna, i cacciatori e le regine posti in bilico tra azione e sentimento, pancia e cuore in un uno scambio eterogeneo di sensazioni che si approcciano ad un suono che incasella il grunge dei Pearl Jam e degli Staind, un suono potente e distorto accolto a braccia aperte da una voce che ben scruta le sfaccettature dell’animo umano arricchendo un disco fatto di sudore e amore, amore espresso da Sun passando per Stonger, Jesus e la finale classic cover dei Kansas Dust in the wind per bellezza d’insieme minuziosamente curata ed egregiamente eseguita, forse la chiave live sarà una buona prova del nove per comprendere la veridicità di questo intero disco.

Newdress – Falso negativo (VREC)

Suoni sintetici che inglobano l’atmosfera di luci e ombre attingendo direttamente dalla wave anni ’80 una capacità di ricreare elettronicamente atmosfere che ben si sposano con il repentino cambio musicale odierno in una ricerca che in fin dei conti si fa novità nella stesura, ma anche nel suono, ad arricchire ciò che prima era già di per sé punto di partenza importante per una band che ha un forte debito nei confronti di gruppi come Joy Division, ma anche nei confronti di una serie di modernità acclamate internazionalmente come gli Editors in un dissertazione musicale fatta di bianco e nero, una contrapposizione costante che si respira lungo tutte le nove tracce che fanno parte del disco in un sali scendi di intenzioni che soprattutto nella prima parte si concede ed emoziona altamente grazie ad un’ispirazione che sembra non sfuggire, facendo presa sull’ascoltatore in modo da ricreare un ponte tra passato e futuro, un ponte di ricerca che possiamo assaporare nelle prime note della riuscita Attico Narcotico, ricordando Bluvertigo fino a quella Sorride a tutti, ineluttabile finale a sancire una buona prova ben costruita e pronta a ricordare ciò che è stato proiettandolo nel quotidiano nero vivere che ci accomuna.

The big blue house – Do It (Stabbiolo Music)

L'immagine può contenere: 1 persona

Si entra pian piano attraverso i colori della sera grazie ad una musica da night club fumoso e alcolico dove l’essenzialità di un sound d’atmosfera si ripercuote lungo le tracce di questo ottimo disco blues che ripercorre, senza stancarsi, una tradizione fatta di sudore e di note lasciate nell’aria a contaminare reazioni emozionali che ben si sposano con la levatura del progetto stesso. Un progetto creato e portato avanti dai The big blue house, band senese che attinge da un repertorio e da radici che hanno fatto la storia della musica, ripercorrendo a gran voce la lezione di  Buddy Guy e di Eric Clapton sfumature su sfumature ad intessere una fitta trama di consequenzialità decisa e ben proposta nelle otto tracce che compongono questo Do it, dalla bellissima appunto title track d’apertura fino al finale lasciato a This is how i feel per un concentrato denso e carico di ricerca che proprio nel passato si sofferma a ritrovare respiro vitale.