Derozer – Passaggio a Nordest (IndieBox Music)

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I Derozer vivono ancora attraverso questo disco uscito ben 13 anni dopo l’ultima fatica Di nuovo in marcia, un album che nasce con la necessità di dare un senso importante e un approdo convincente dopo i fortunati tour del 2012 e del 2014 per la band vicentina che ha fatto della canzone simbolo di presa sicura un punto di contatto con i giovani di almeno un paio di generazioni per un tuffo tra passato e presente che racconta, come pugno allo stomaco, un’attualità che si respira, un’attualità costante e ribadita grazie ad un muoversi egregiamente attraverso territori punk di ambientazione padana, dove l’esplosione di un modello industriale tipico veneto è simbolo della disfatta e delle continue migrazioni verso un qualcosa a cui non sappiamo dare un nome, un qualcosa di effimero che grazie alla rabbia espressa in queste dieci canzoni diventa un pretesto per rendere necessaria la nostra mobilitazione, mai fermi quindi, in continuo movimento, verso mondi che non conosciamo, ma che l’elettricità costante di un punk rock abrasivo ci rende gli unici protagonisti di un mondo in continua evoluzione.

Cattive abitudini – 20:3 (Indiebox Music)

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Ritorno spudorato e sfacciato di una delle punk rock band più influenti della storia nostrana, un disco vertiginoso che ricorda il passato, ma proiettando la necessità nel futuro che stiamo vivendo, attraverso un’attenzione costante nei confronti di una società che emargina e non riunisce, una società pronta ad implodere e che grazie a questo disco trova terreno di rivalità a difesa dei deboli in un susseguirsi di eventi radicati a ricordare quel Tutto fa parte di noi o Il meglio del peggio che hanno portato la band veneta ad essere essenziale prima e ora come non mai, contro il modernismo folk minimal, contro le garanzie precostituite senza dimenticare la vena melodica che cattura l’ascoltatore fin dalle prime note della title track per arrivare alla conclusione del disco con Il male assoluto e poi quegli aerei in copertina pronti a lanciare bombe di distruzione metaforica ad un mondo in auto estinzione sono attuali oggi più che mai a ribadire un concetto di appartenenza acclamato e reale.

The Buskers – Tronco (La M.u.o.r.i Dischi)

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Suoni sporchi e laceri punk rock provenienti dalla provincia di Brescia ad intessere trame spudorate che ricalcano per filo e per segno le inuguaglianze di una vita al limite dove le scommesse si perdono e dove le parti ossessive e ridondanti sono da subdolo monito per colpire al cuore il sistema con testi al fulmicotone, abrasivi, intensificati da un approccio diretto e senza fronzoli colmo di sostanza e critico quanto basta per dare vita ad un attacco efficace in musica a ciò che ci gira intorno, utilizzando il punk non come escamotage, ma piuttosto come emblema di indiscutibile potenza. I The Buskers sono in cinque e contaminano il loro suono con lo ska e con il reggae, non accontentandosi mai, ma piuttosto trasformando la ribellione in azione concreta e che grazie a questo suono d’insieme veloce e conciso, riesce ad ottenere spazi d’ascolto al suono di un punk rock che grazie a questo disco è in grado di rinascere dalle ceneri di una possibile, ma scampata estinzione.

Alessio Franchini e il Circolo dei Baccanali – Tutto può cambiare in un attimo (Seahorse Recordings)

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Architetture sonore che abbracciano geometrie musicali di primi ’90 con un cantautorato intrinseco e pieno di poesia che raggiunge alti livelli di introspezione e suadente bellezza proprio nei confronti di quel mondo di cui facciamo parte e che in questo disco è raccontato attraverso un’attualità che si fa storicità e soprattutto grazie ad un songwriting internazionale affidato ad una voce davvero importante che ricorda i sali scendi emozionali del compianto Jeff Buckley e dell’americano Jimmy Gnecco per una musica acustica capace di spaziare dal folk al rock in un intimismo ricercato e carico di veridicità, una bellezza che rincorre il tempo e che proprio nel titolo trova un appiglio per constatare la nostra inquieta finitezza, a dipingere mondi da leggere attraverso varie letture, attraverso una ricerca che si scosta dall’inutile all’essenziale e dove al centro la nostra vita è un continuo rincorrere desideri e ambizioni, nell’attimo del momento, nell’esplosione sofferta di un animo inquieto.

Bridgend – Rebis (Orange Park Records)

Viaggio onirico e immaginario, in tre atti, che racconta le peripezie di un uomo alle prese con il proprio interno veicolato dalla conoscenza per raggiungere l’isola di Rebis, un viaggio di passione psichedelica che si trasforma in concept repentino sotto la buona stella di gruppi che hanno fatto la storia del rock come i Pink Floyd e lasciando in disparte le mezze misure per fiondarsi in un’opera che attinge elementi del post fino ad arrivare a dialoghi introspettivi e tipici del viaggiatore alle prese con la conoscenza di sé, un giovane Siddhartha lisergico che si abbandona a composizioni di mondi lontani per la costruzione intrinseca di un proprio io che scinde la realtà e si staglia nel territorio del concept, tra cavalcate progressive e ambient vissuto per una prova difficile al primo ascolto, ma pronta a veicolarti verso territori lontani, in cerca del sole? In cerca della luce o semplicemente alla ricerca di noi stessi?.

ELLA GODA- ELLA GODA (Bulbart)

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Il gusto per l’orecchiabilità e per i testi di certo non banali si assapora nel disco omonimo degli Ella Goda, band bergamasca che compie l’impresa di uscire dagli stereotipi moderni per dare giusta freschezza e risalto ad una prova in stile power pop piacevole e sicuramente alquanto riflessiva, capace di imbrigliare costantemente una tensione che esplode attraverso schitarrate d’oltremanica a comprimere gli spazi per esaltarne le parole e ambienti d’attesa tra  momenti della nostra vita in costante avvicendamento di citazionismo mosso da uno spirito kubrickiano che si assapora già nel singolo d’apertura La cura Schopenhauer fino ad approdare a terreni di delirio in prosa psichedelica in Uomo e cosa giusto compiacimento di natura filosofica che accompagna poi pezzi come Solo il silenzio o la finale Anni luce da te. Quello degli Ella Goda è un disco che riesce a mescolare le carte in tavola attraverso un uso di stile variegato e prontamente decisivo nello scegliere da che parte stare, dieci tracce orecchiabili che non tralasciano l’importanza testuale nel comunicare qualcosa che riguarda da vicino anche noi.

Tiziano Mazzoni – Ferro e Carbone (IRD/MRM Records)

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Il sapore dell’industria e del tempo che trascorre dentro di noi, cullati da una natura matrigna, madre, ma anche sorella, tra lo scontrarsi di un cantautorato che supera le attese e concentra le attenzioni attraverso una validità d’insieme che ha il profumo del bosco e delle cose migliori, delle cose semplici e di un mondo fatto di paesaggi più che da persone, da sentimenti puri e incontestabili dove la bellezza raccolta nel divenire si appropria di uno stile tipicamente americano, di chi è capace di scrutare da lontano emigrante, le porte per un possibile paradiso. Quello di Tiziano è un mondo adornato da testi densi e dal forte valore intrinseco, dove la poesia si scontra con l’inesorabilità della vita e dove l’energia si appropria dell’abbandonato per scavare in profondità e concedere attimi acustici e introspettivi che parlano comunque anche di noi, del nostro stato, del nostro essere, del nostro modo di far parte del mondo tra le montagne del folk d’oltreoceano e le pianure più vicine ad un gusto italiota e concentrico che raccoglie l’eredità del passato per consegnarcela così com’è attraverso le immagine e i suoni di Ferro e Carbone: un album complice di questo tempo che stiamo per vivere.