Vitrone – Nel Momento (G Records)

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Il secondo disco di Vitrone è il disco del viaggio, il disco del movimento, dell’essere ossessionati e quasi obbligati a fare la valigia e partire, incontrando gente, ammirando luoghi e città lontane, respirando aria sempre diversa, in costante divenire, accesa, rimirante e contorta, nelle poesie monocromatiche di un salto nel vuoto, prendendo spunto da un suono che accoglie la musica degli anni ’80, ma contemporaneamente la destruttura, attraverso macchine e impiantistica, attraverso il suono filtrato dei La Crus e le poesie urbane che lasciano il grigiore delle città alle spalle e si inerpicano lungo confini che possiamo percepire in testi che guardano alla personalità interna come fosse un modo per scardinare cliché e consuetudini, concetti che ben si legano alle parole che prendono forma già con l’iniziale Respira, per procedere con le riuscite Una ragazza di oggi o Il Pendolare per una storia che si conclude Nel momento a sottolineare l’importanza del concetto spazio-temporale a far da presenza costante in una produzione che trova un segno maturo e del tutto personale in un disco dal sapore di modernità.

Sergio Beercock – Wollow (800A Records/Audioglobe/Believe Digital)

album Wollow - Sergio Beercock

Paesaggi minimali in spruzzate folk che creano in dissolvenza ventate d’aria calda che accarezzano l’ascoltatore e si immolano nel ricreare spazi aperti e condivisi, ma pur sempre introspettivi, immagazzinati in una Terra d’Albione ricca di riferimenti e contestualizzata proprio nelle poesie leggere di Sergio Beercock, cantautore italo-inglese che per l’occasione ci regala un primo album fatto di acquerelli a completare sogni e speranze, tra un Tim Bucley e un Nick Drake, tra movenze che si integrano e si concentrano per poi alternare i colori della psichedelia con un qualcosa di interiore, intimo, legato al ricordo, alla dissoluzione di esso. C’è tanta sostanza in questa prima prova e soprattutto c’è il desiderio condiviso di ammirare questo artista poliedrico nell’avvicendamento con una forma canzone che è la massima esemplificazione di concetti che sfiorano la poesia e attraverso essa vivono di vita propria, quasi fosse una luce lontana, un concetto, una parola per lasciarsi andare ancora rapiti dal viaggio del momento.

Starship 9 – Stelvio (Cinevox Record)

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Ep di quattro tracce altamente differenziate capaci di concentrare pensieri musicali innevati a raccontare di una una musica dispersa sotto una valanga sonora che trova proprio il punto di fondo, le proprie radici all’interno della canzone d’autore degli anni ’60 per rimescolare poi le carte in gioco in un incedere futurista di suoni elettronici che convoglia e si sofferma a rimirare il futuro con occhio attento all’evoluzione strumentale del tutto, tra canzoni in inglese, incursioni vocali alla Mina ed evoluzioni ben pensate per dare un senso maggiore ad una proposta di per sé variegata, da Home Again passando per la bellissima title track, proseguendo con Cinema Roma aperta all’improvvisazione lasciata al tempo, per finire con il remix di Home Again fatta con l’aiuto del vocoder. Un disco pieno di rimandi ad una musica che non c’è più, un album che si lega indissolubilmente al passato capace comunque di osservare attentamente le tracce davanti al nostro cammino.

Giovanni Cinque – Hobo (Autoproduzione)

album Hobo - Giovanni Cinque

Disco di un romanticismo ormai disperso che trasforma in poesia un suono decadente, minimal cantautorale che abbraccia la canzone di un tempo perduto e si sofferma nel ricreare piccoli quadri esperienziali che proteggono il futuro che verrà, ricordando per certi versi uno scavatore dell’anima, uno che viene a patti con se stesso e oltrepassa il confine della mediocrità per regalarci un prezioso primo album autoprodotto che si sofferma nel raccontare il mutare delle stagioni attraverso un viaggio introspettivo che possiamo chiamare tranquillamente amore, un viaggio fatto di profondità vocale e di importanza dei testi lucidati a dovere che presenziano e si fanno largo per caratura e pesantezza, quasi fossero diamanti in bilico tra un pop sopraffino e la musica d’autore degli anni ’70 e se proprio vogliamo dirla tutta il nostro Giovanni Cinque ha intascato una prova che stupisce per coerenza e bellezza, quasi fosse un qualcosa da preservare, oltre il tempo che verrà.