Paolo Cattaneo – Una piccola tregua (Lavorare stanca)

Ricreare atmosfere sonore e innevate non è sempre facile, anzi si rischia di rincorrere la moda del momento senza guardare in faccia la sostanza, qui però, nel nuovo album di Paolo Cattaneo di sostanza ce n’è da vendere, perché con questo quarto disco, il cantautore bresciano ci trasporta dentro a paesaggi meritevoli di ascolto, tra un’introspezione che si apre a sonorità elettroniche bollate ’80 mescolate al gusto del sopravvivere oltre ogni aspettativa, inseguendo un’esigenza di abbandono e comunione con il proprio stare dentro, con il proprio stare meglio, per un disco che è ricerca musicale si, ma perlopiù ricerca di se stessi; il nostro si interroga avidamente e sposa il gioco multiforme e multisfaccettato del cantautorato che compie una parabola ascendente da Battiato, fino al più recente Colapesce, passando per le solitudini di un Cristiano Godano dei tempi migliori, per farci respirare la completezza di un bosco autunnale che si prepara a ricevere la neve: salvifico bisogno di nuova aria a coprire i prati e le nostre anime errabonde.

Notevole la proposta di Paolo che duetta nella riuscita, Se io fossi un uomo, con Lele Battista, notevoli i giochi chiaro scurali che ci trasportano fino ad arrivare ad un completamento meraviglioso del disco nel trittico finale Bandiera, La strada è tutta libera e Fragili Miti, per un album capace di riscaldare i nostri freddi cuori invernali, un album che, a mio modesto avviso, entrerà di diritto tra i più belli e significativi del 2016.

HAZAN – KAISERPANORAMA (Habanero Factory)

Suoni diretti che arrivano fino alla fonte della musica, per un tutto che suona come una vibrante attesa pronta ad esplodere e incorniciare al meglio l’alternative rock dei lombardi Hazan in un EP dai toni odierni che parla di modernità e lo fa con piglio sfrontato e ribelle, intascando la prova del tempo e sfruttando l’insegnamento di mostri sacri quali Clash incrociati al suono e agli umori post duemila di band come Ministri e Majakovich, il tutto arrangiato in chiave rock per cinque pezzi che raccontano e si fanno raccontare, brani che parlano del tempo che ci sfugge tra le mani e di generazioni che non hanno più una boa di salvataggio per poter guardare ancora una volta in faccia il sole.

Pezzi come Sulla pelle sono pugni in faccia alla consuetudine, si passa poi a Qui dove sto dove è presente Davide Lasala già co-produttore del disco, per poi volare diretti verso la title track e Visionario apripista conclusiva alle manie quotidiane di Un altro vizio, per un disco, questo, che riesce a raccogliere l’istante in modo consapevole e prezioso, un album di genere ben suonato e impattante quanto basta per tenerci compagnia ancora per un po’ di tempo.