The GrOOming – Kontainer (Anaphora Records)

Si tendono geometrie esagerate e si impalca la sonorità sospesa sul filo del rasoio, di un colore cangiante, di un colore mutevole e appassionato, immagazzinato e arcano per un ep che vede un’evoluzione per la band dai mille volti The GrOOming, una band che ha saputo nel tempo darsi sempre nuovi slanci di sicurezza e malleabilità dichiarata, vigile presenza per intersezioni parallele e rapidità di viaggio innestate fino a Berlino, questa volta alla ricerca di una nuova voce e trovata in quella di Omer Lichtenstein già leader dei tedeschi Felidae Trick per un percorso sinuoso e prorompente che a tratti ha il sapore del nudo crepuscolare, di una bellezza quasi mistica e sospesa, di una bellezza color aurora che mescola i suoni elettronici ad una wave sintetizzata a dovere, senza troppo chiasso, ma piuttosto creando l’atmosfera giusta, da Alpha Dog fino a B.R.O, passando per la bellezza di Paris (Eternal Life) i nostri lanciano un disco che in fin dei conti è un EP, dove la sostanza sonora viene a patti con il nostro mondo interiore, cercando meraviglie e sgretolando il resto circostante.

MISGA – MICAMICAPISCI (Freecomusic)

Nuovo e primo disco per i Misga, band pugliese che sa egregiamente destreggiarsi tra il cantautorato atipico del nuovo millennio e il rock conosciuto, tra geometrie colorate e bisogno essenziale e vitale di gridare al mondo la propria appartenenza, con spruzzate di stile interiore, con bellezza che si sottolinea tra le dinamiche e gli spostamenti, una musica che da corpo ad un pensiero, un messaggio da veicolare, una band che fa respirare la sensazione di innovazione e nel contempo le difficoltà della vita, tra testi reali e immedesimanti, tra il grigiore da abbattere e la costante ricerca di una strada nuova da seguire, un nuovo percorso mentale che continua a cogliere gli attimi efficaci e giusti nel trovare la strada di casa davanti ai propri occhi, consapevoli che il mondo non si può cambiare, ma piuttosto ascoltare, con le sue manie e le sue assurde vicende e poi quella Fame cantata con Puccia degli Après la Classe a far da pezzone memorabile per un album in grado di appagare i sensi e di costringerci a guardare il futuro davanti a noi con altri occhi, diversi.

Grog – Your satisfaction, is our best reward (Musichette Records)

Nei Grog c’è il suono della tempesta e questo basta per scuotere gli animi dei timorosi, ma assetati di conoscenza, nei Grog c’è il gusto per l’indefinito e per la sperimentazione, in barba ad ogni benpensante e soprattutto fuori da ogni genere precostituito, nei Grog c’è la forza del tuono, ma anche l’attesa di scoprire le dilatazioni temporali che convivono in noi, calma e bisogno di esplodere, vulcani pronti ad ammantare l’aria di scintille di calore, tra costruzioni, decostruzioni ed impeto mai represso, noise rock incrociato all’elettronica direttamente da Reggio Calabria i Grog sono un duo formato da Luigi Malara al basso e Filippo Buglisi alla batteria e grazie a questo EP riescono a rendere efficace la loro proposta, un disco fatto di sostanza ed energia, mai calma piatta, ma piuttosto un moto ondoso che sospira con Intra e ripercuote nel finale con Kareem Abdul Jabbar, un duo che sa di vintage e generosità da vendere.

The last project – Pyrotechnic (Autoproduzione)

Futuri passati imbrigliati nella materia grigia degli anni ’80, insaporendo il tutto con chitarre squillanti e tamburi battenti in grado di rendere più chiaro un disegno perduto nella notte dei tempi, per una band che strizza l’occhio al passato, ma lo fa accelerando a dismisura e accaparrandosi un pezzo di storia per reinventarla e accenderla di nuove fantasie e spessore, direttamente inforcando il pop moderno con la new wave passata per una formula che brilla di un certo fascino visto i richiami consapevoli già dalle prime battute con Promise fino a W.W. a ristabilire un certo qualsivoglia ordine interiore, che ha il sapore della rinascita, ma anche delle cose migliori che se ne vanno.

Ecco allora che il quartetto pavese sfodera otto pezzi ben congegnati e rodati, dopo due anni di sale prove e live, dopo aver incanalato la rabbia e l’introspezione del momento per rigettarla avanti, verso un mondo ancora ignoto, tra Editors e The National, tra le città in sfacelo e quell’essere se stessi che diventa sempre più precario.

I Luf – Delalter/Verso un altro altrove (SELF)

Perché è il senso del viaggio che ci conduce ad essere noi stessi, nell’imprescindibile volontà di essere diversi gli uni dagli altri, nel bisogno essenziale di partire e conoscere, conoscere per approfondire, conoscere per essere migliori, un cerchio concentrico e continuo di amore verso un mondo in espansione dove il cammino è un venire a patti con la propria coscienza nell’istante multiculturale e folcloristicamente colorato che ci rende irripetibili, a testa alta con il proprio essere e bisognosi di un’attenzione che ci porta a conoscere l’altro; questo è il senso del lavoro de I Luf, band della Val Camonica in provincia di Brescia capace, attraverso racconti di vita, di dare un senso a pezzi che parlano di attualità abbandonando la retorica, alla ricerca delle proprie radici, non tanto per delimitare un territorio, ma piuttosto per inglobare in quel territorio culture diverse, culture lontane, soffermandosi nel raccontare ciò che gli ultimi possono e devono ancora dire, storie di migranti, storie ai margini, problemi quotidiani in cerca di una soluzione, il tutto impacchettato in un doppio disco stupefacente soprattutto dal punto di vista del comparto grafico, curatissimo e originale senza tralasciare poi la qualità delle canzoni in se che si muovono tra originali e rivisitazioni in acustico delle stesse; finché i lupi continueranno ad ululare, il messaggio d’amore verso il mondo continuerà a farsi sentire.